Anche io, evangelico, ho celebrato la Liberazione, ma…

Redazione: Il prof. Giancarlo Rinaldi, amico e contributore della nostra avventura sprituale e intellettuale, ha voluto offrire il suo prezioso contributo al dibattito, quasi scontato, relativo alle celebrazioni del 25 Aprile. Accogliamo con piacere la sua nota di precauzione che ha ancor più valore qualora l’adesione ai simboli della festa andasse al di là della sua naturale connotazione istituzionale e di memoria fondativa della condizione democratica contemporanea. Concordiamo in toto con il suo appello affinché il ricordo della liberazione dall’occupazione nazista dell’Italia e la fine della guerra civile non si trasformi in strumento di contrapposizione politica che non ci appartiene.
Il vangelo è la buona novella per la salvezza di chiunque crede e non possiamo farci scrupoli in ordine a chi rivolgerci per annunciarlo e condividerlo.

di Giancarlo Rinaldi

Continuo a credere (e sarà difficile smentirmi) che il Dipartimento Ricerca e Studi dei Gruppi Biblici Universitari costituisca una delle migliori palestre di pensiero del malridotto evangelismo italiano. Anche per questo mi “armo di penna” e, per quel che possa valere, mi permetto di dire la mia.

Sono stimolato dall’intervento del fraterno amico e collega Valerio Bernardi il quale ha con dovizia di documentazione e riflessione esposto perché un evangelico debba celebrare il 25 aprile, festa della Liberazione dell’Italia dall’occupazione nazista e dalla dittatura fascista. Bernardi è un docente e quando ci si trova oggi di fronte a un insegnante che conserva l’entusiasmo per la sua professione e coltiva l’aggiornamento necessario non dico che ci si inchina (sarebbe troppo!) ma ci si leva sicuramente il cappello.

Proprio perché il Bernardi “ci crede” mi sento stimolato a far si che il suo non sia un monologo e, pertanto, esterno la mia con spirito di cooperazione a un dibattito che, mi sembra di capire, lo stesso DIRST auspica e sollecita.

Non ripeto i molteplici motivi esposti da Valerio per perorare la causa secondo la quale un italiano cristiano evangelico debba celebrare la ricorrenza, anzi: non possa non celebrarla. Non li ripeto perché in pieno li condivido, ma… credo anche che se si chiama in causa lo specifico del cristiano evangelico sia il caso di dirla tutta su questo specifico. Due piccole chiose, intanto:

  1. Si dice che il 25 aprile recò a noi evangelici immediata libertà. Falso e per sapere la verità basterebbe interrogare, se fosse possibile, i predicatori della Chiesa di Cristo (a cui Valerio appartiene) vessati anche nel post ’45. Lo stesso per i pentecostali, come ho esposto nel libro sulla loro storia (edito dai GBU) che Valerio ha avuto l’amabilità di rammentare ai lettori. E la verità è che sovente la condizione degli evangelici addirittura peggiorò per almeno due semplici motivi: 1. quando si ritirarono le truppe americane i protestanti rimasero nelle ‘fauci’ di partiti politici che, chi per un motivo chi per un altro, si girarono dall’altra parte per non vedere (tranne rarissime eccezioni di membri di partiti ‘laici’); 2. Il motivo essenziale delle persecuzioni antiprotestanti non erano determinate in primis dal regime fascista (il quale in materia nutriva un’ignoranza crassa e sedimentata e si svegliò per mordere in coincidenza della guerra) bensì dalla nunziatura apostolica della Santa Sede presso il governo italiano che fu attivissima in tal senso sin dagli anni Venti. Fino a quando rimasero in sella Francesco Buffarini Guidi (cardinale) e Mario Scelba (ministro degli interni), cioè fino al 1954/1955 i protestanti zelanti nella loro missione potevano rassegnarsi a essere avanzi di galera o qualcosa di simile.
  2. Si dice che a sèguito della Liberazione il cattolicesimo romano non fu più religione di Stato. Falso. Imperversando dopo il ’45 il pestifero dittico Togliatti / Dossetti, Vaticano e Italia fecero tutt’uno… nella disperata ricerca del voto dei cattolici da parte di ciascuno dei citati. Il voto nel 1946 per inserire i Patti Lateranensi in Costituzione docet. Abbiamo dovuto aspettare il 1984 (leggasi: c. 40 anni!) per vedere l’Italia senza una “religione di Stato”.
  3. V’è un continuum tra Liberazione (25 aprile) e liberazione biblica. Errore, e anche dannoso. La prima ebbe a svolgersi su un livello esclusivamente politico e coinvolse le masse, la seconda è esperienza che si realizza nel foro interiore del singolo individuo. Guai a confondere i due àmbiti, avremmo due mali insieme: una politica religiosamente fondamentalista e un cristianesimo politicizzato. E Dio ci liberi dalle due piaghe!

Noi siamo felici che nel ‘45 le cose siano andate così e, al netto di errori e orrori commessi a guerra finita da partigiani (credo spesso sedicenti) contro gli sconfitti, celebriamo gioiosamente l’evento. E chi, sano di mente e onesto nei suoi intenti, non si unirebbe ala festa per il tramonto di una dittatura? Dunque celebri il cristiano evangelico italiano la festa della Liberazione ma, se proprio intende agire nel suo specifico di evangelico, tenga presente che non potrà limitarsi a considerare risolta la faccenda una volta ottenuta la prevalenza di una parte sull’altra. La cittadinanza del cristiano (lo insegnò Paolo in Fil. 3,20) non è né quella della Repubblica di Salò ma neanche quella della Repubblica partigiana della Val d’Ossola: è sempre e solo quella celeste.

Il movimento dell’apocalittica al quale il cristianesimo appartenne toto corde era ben consapevole che i potentati terreni hanno tutti la medesima natura beluina, che apparve nelle visioni di Daniele e in quelle di Giovanni, così come noi oggi siamo ben consapevoli che una cosa è la prevalenza di una parte della popolazione, altra è l’avvento del Regno di Dio. Scendiamo nei particolari: tra coloro che si attivarono per la santa causa della sconfitta del nazifascismo ve n’erano, e non pochi, di coloro che al posto di questa “bestia danielica” sognavano l’avvento di un’altra non meno crudele; era quella rossa del sangue dei martiri cristiani mandati non già a Ponza o a Ventotene bensì nei ghiacci della Siberia o, peggio, nei campi di rieducazione, stroncati dalla falce della dittatura a partito unico e schiacciati dal martello del materialismo ateistico.

In quanto italiani si canti Bella ciao, in quanto evangelici si canti Innalzate il vessil della croce, libertà deh bandite agli schiavi poiché quest’ultima è specifica sulle labbra dei credenti: il canto della liberazione del peccatore dalla sua triste vita e della santificazione del cristiano contro la sua carnalità. E se vogliamo cantar l’una e l’altra: bene, ma si tenga presente il significato specifico di ciascun termine.

Il cristiano evangelico è cittadino del mondo, non è sovranista, non crede in confini e dogane, accoglie e abbraccia gente dall’universo pianeta… non è vero? Dunque questa festa la si celebri non come fine di una guerra civile o come una faccenda interna alla nostra nazional vicenda. La si elevi a festa della Liberazione da ogni tirannide, da ogni egemonia sia nera, sia rossa o di qualsiasi altro colore. A tanti anni di distanza da quel 25 aprile si conservi eternamente la memoria dell’evento (e anche della sua specificità) ma la si consacri su un altare eretto a celebrare la libertà da ogni tirannide, dal flagello della svastica così come dalla lebbra della falce e martello, dall’idolo del liberismo economico così come dal culto dell’economia, dall’islam intollerante così come dall’intolleranza che è pur sempre in noi stessi.

Attenti fratelli evangelici: sbagliammo quando pensammo di tenere la politica fuori dalle nostre vite, ma possiamo ancor più sbagliare se pensiamo di introdurla nelle nostre chiese. Abbiamo in Italia fin troppi esempi di identità diluite, cappelle desertificate, messaggi secolarizzati. Non è il caso.

Se vogliamo far politica facciamo bene a farla, ma se chiamiamo in causa il vangelo allora si voli alto ben più alto di sezioni e cellule, di campanili e steccati, fino a quando non saremo capaci di scorgere l’umanità tutta bisognosa dell’unico rimedio per l’unico male che tutti ci accomuna: ai peccatori la buna notizia della salvezza, ai credenti quella dell’intera santificazione.

L’articolo è stato pubblicato sul blog personale di Giancarlo Rinaldi e qui viene ripreso con autorizzazione del suo autore.

6 commenti
  1. Valerio Bernardi
    Valerio Bernardi dice:

    Ringrazio Giancarlo Rinaldi per l’attenzione che ha dato al mio articolo di ieri e vedo anche che, almeno per una buona percentuale di quello che ho detto, concordiamo. Sicuramente fa piacere avere attenzione da parte di studiosi che ben conoscono la materia, piuttosto che confrontarsi con improvvisatori che confondono gli avvenimenti e citano impropriamente fonti discutibili.

    Volevo però rispondere alle sue chiose e fare una premessa di tipo generale.
    La premessa è questa: il 25 aprile per l’Italia è la celebrazione della fine del regime nazi-fascista in Italia che è stato il “nostro” totalitarismo e a quello dobbiamo porre attenzione. Poi anche io sono convinto che siamo prima di tutto “cittadini del mondo” che però aspirano a qualcosa di più di questo mondo, ma anche cittadini dello Stato in cui viviamo.

    Riguarda alle chiose:
    a. Mi pare che io stesso affermi che la persecuzione dei pentecostali sia terminata ufficialmente nel 1955 (e che questa ha riguardato anche altre chiese è vero). Ciò però non vuol dire che la Costituzione della Repubblica italiana, concepita tra il 1946 ed il 1948 non prevedesse negli articoli 2 e 8 la libertà di espressione religiosa per tutti i suoi cittadini. E’ da lì che è potuta partire poi la difesa e l’abolizione della circolare concepita in età fascista e di cui per 10 anni dopo la fine del fascismo hanno approfittato soprattutto i cattolici in Italia. Non dobbiamo dimenticare che proprio la Corte Costituzionale (prevista sempre dalla stessa Costituzione negli articoli 134 e 135) è l’istituzione che ha abolito tale circolare. Non era mia intenzione entrare nel dettaglio degli immediatamente successivi al dopoguerra, ma porre attenzione alla celebrazione.

    b. Nonostante l’articolo 7, la Religione Cattolica non era già più Religione di Stato per la Costituzione. Ma concorso che si è dovuto aspettare definitivamente il 1984 ed un governo a guida socialista (io ho cercato nel mio articolo di non connotare nulla da un punto di vista partitico) per rivedere i Patti Lateranensi che, in realtà, non recepivano l’articolato della Costituzione in quanto precedenti e concepiti da uno stato totalitario per cui era scontato attribuire un primato religioso ad una particolare confessione.

    c. Last, but not least, la mia similutidine “teologica” (che non vuole assolutamente avvallare una ipotesi di totale coincidenza) è convalidata da una possibile tendenza teologica che non è solo da me condivisa, ma che ha a che fare con tutti coloro che interpretano il testo biblico come un “già, ma non ancora”. Per me è ovviamente di assoluta priorità la liberazione come illustrata nell’Antico Testamento e illustrata nel Nuovo.

    Concludo questa breve replica, ricordando che anche io sono convinto che la politica, nel senso buono della parola, come è attestata dai nostri due contributi, non deve essere estranea alla vita ecclesiastica, perché l’attenzione alla polis ed alla collettività è anche parte della nostra vita.

  2. Giancarlo Rinaldi
    Giancarlo Rinaldi dice:

    Caro Valerio, scommetto che rimarresti male se io, a mia volta, non replicassi. Stiamo discutendo anche per servire chi ci legge. Se avessi voluto esprimermi in privato avrei già usato il tuo numero di telefono che conservo tra quelli degli amici migliori. E dunque: a) il fatto che dalla stesura della Costituzione alla reale attuazione delle libertà di culto siano dovuti passare circa dieci anni la dice lunga. Pensa che di fronte alla chiarezza delle norme si discuteva se queste fossero precettive oppure orientative; e pensa che la Corte Costituzionale c’ha messo dieci anni a capire che la Buffarini era un provvedimento fascista e questo grazie al giurista valdese G. Peyrot. b) Costituzione e Patti Lateranensi: ti confesso che forse non ho capito bene quel che dicevi, ma sta di fatto che questa, che è “la più fascista di tutte le leggi” avrebbe potuto rimaner fuori Costituzione; e se ne discusse a lungo. Il suo nefasto inserimento dipese dall’accordo tra quelli che a mio giudizio erano due lacrimevoli figuri, pagati dallo Stato italiano ma in realtà al servizio di potenze estere. Uno era Giuseppe Dossetti che ogni giorno prima d’andare in parlamento andava in Vaticano a prendere ordini e poi a fine giornata vi ritornava a relazionare; l’altro era Palmiro Togliatti, ex italiano poi sovietico indubbiamente agli ordini del compagno Stalin. Ricordiamolo: fu costui che nelle ultime 24 ore cambiò parere e fece votare a favore dei Patti il suo partito, fece eccezione Concetto Marchesi, uomo di cultura che continuò a pensare con la testa sua. Togliatti era alla disperata ricerca del favore cattolico; ma la farina del diavolo andò in crusca: dopo pochi mesi fu allontanato dal governo; dopo meno di due anni fu scomunicato, lui e i suoi, dal papa. Voglio dire che questa repubblica nata dalla Resistenza fa acqua da tutte le parti. Noi la amiamo e la aiuteremo, per come potremo, In primis predicando il Vangelo della riconciliazione, prima dell’uomo con Dio poi, anche, degli italiani di diverso colore anche perché, credimi, questi colori nella politica italiana sono molto molto sbiaditi e se avessimo cemento e mattoni non varrebbe la pena di rifar le barricate bensì di costruire ponti.

  3. Emanuele
    Emanuele dice:

    Grazie. È raro leggere un dibattito sensato sia nei modi che nei contenuti…indipendentemente dalle posizioni di ognuno.

  4. Dario Costa
    Dario Costa dice:

    Grazie ad entrambi per la competenza, l’eloquenza e la pacatezza veramente costruttive degli interventi.

  5. Marcello Favareto
    Marcello Favareto dice:

    Anch’io voglio esprimere il mio grazie agli amici e fratelli Valerio e Giancarlo per la competenza e lo stile. Vorrei porre l’attenzione su un tema che viene quasi solo adombrato alla fine dell’ultimo intervento di Giancarlo: la riconciliazione. Il Sudafrica, con tutte le differenze storiche politiche e culturali, è riuscito, mi sembra, a passare il guado dall’apartheid alla democrazia senza gravi traumi grazie alla commissione ler la riconciliazione. In Italia mi sembra che, a causa della mancanza dell’idea del perdono in almeno una delle ideologie in contrapposizione, il processo di riconciliazione non è mai iniziato. Per anni c’è stata la santificazione indiscriminata della resistenza e la copertura di certi episodi delittuosi, pochi, ma bisognava riconoscerli. La caduta del muro e l’indebolimento ideologico della sinistra hanno permesso in tempi recenti ai nostalgici di riprendere voce e visibilità e anche la contrapposizione è riemersa. I protagonisti di quella parte di storia sono ormai quasi tutti morti, ma la contrapposizione sopravvive! Forse i cristiani e gli evangelici in particolare potrebbero contribuire fattivamente alla lettura di quella parte della nostra storia con gli occhi della misericordia per l’umana miseria su ambedue i fronti.

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