17° CONVEGNO DI STUDI GBU

Emil Shehadeh, medico in pensione, è nato in Israele ma si è formato in Inghilterra. ha collaborato con Child Evangelism Fellowship e OM. Agli inizi del 1990 ha fondato una chiesa di arabi a Cardiff, in Galles. Dopo la pensione si è dedicato allo studio dell’Islam e dell’evangelizzazione dei mussulmani impegnadosi nella testimonianza in Nord Africa e in Nigeria.
Ha conseguito un PhD in Islamic Studies. Altre info qui

 

 

 

LE RELAZIONI DI EMIL

  • Profeti veri e falsi. Una generale introduzione all’Islam
  • Gesù è il Messia. Come condividere il vangelo con i musulmani
  • Come vivere insieme ai musulmani
  • Difendersi dalle accuse dei musulmani
  • Sono previsti seminari di altre figure impegnate a vario titolo nella testimonianza ma anche nello studio del mondo islamico.

 

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QUOTE CON PRENOTAZIONE ENTRO IL 15/09/2024:
STUDENTI (superiori/università) – € 145,00
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Una cultura apologetica

di Stefan Gustavsson

Che aspetto ha una cultura apologetica nell’ambito di una comunità? Ha almeno cinque caratteristiche.
La prima è l’apertura. Una cultura apologetica non significa costruire un’atmosfera autoritaria in cui qualcuno ti dice come stanno le cose. Al contrario, si tratta di creare apertura e dare alle persone la libertà di pensare e di riflettere al cospetto di Dio e tirare le proprie conclusioni. Come scrive Paolo:

«abbiamo rifiutato gli intrighi vergognosi
e non ci comportiamo con astuzia
né falsifichiamo la parola di Dio,
ma rendendo pubblica la verità,
raccomandiamo noi stessi
alla coscienza di ogni uomo davanti a Dio» (2 Cor 4:2).

La seconda caratteristica è l’umiltà. Avevo un buon amico che ironicamente mi diceva: «Pensa che strano, proprio noi abbiamo ragione in tutte le questioni teologiche!» Il punto è che tutti abbiamo motivo di testare le nostre posizioni ed essere pronti a riconsiderare cose che si rivelano infondate o errate. Qui bisogna dare alle persone lo spazio per cercare la verità e ottenerla dando loro tempo di arrivare a delle convinzioni. La comunità deve essere un luogo che accoglie sia il credente sia il dubbioso. Come scrive Giuda nella sua lettera: «Abbiate pietà di quelli che sono nel dubbio» (Gd v. 22). Fondamentalmente non c’è una contraddizione tra una chiesa e le sue guide che hanno un profilo chiaro, con un chiaro insegnamento biblico e che allo stesso tempo creano un clima aperto in cui le domande oneste ricevono risposte oneste e le persone vengono prese sul serio nella loro ricerca.

La terza caratteristica è la veridicità. Non si tratta di difendere tradizioni o stabilire un sistema di opinioni: si tratta della verità. Riguarda ciò che è sempre vero, su come stanno veramente le cose, indipendentemente da noi, e prima ancora che esistessimo e dopo che saremo morti. Dobbiamo concentrarci sulla verità, tutta la verità e nient’altro che la verità, il che significa che dobbiamo essere pronti a ravvederci per tutto ciò è falso ed erroneo.

La quarta caratteristica è la sete di conoscenza. Per poter raggiungere ciò che è vero, dobbiamo imparare a pensare meglio e dotarci di strumenti per cercare la conoscenza. La comunità cristiana deve diventare un luogo in cui crescere anche in conoscenza e competenza. Un luogo in cui diventiamo tutti più abili a comprendere il mondo creato da Dio e il nostro posto in esso, e sempre più reattivi verso la Parola rivelata di Dio e ciò a cui essa ci chiama. La fiducia nella Parola di Dio e il suo studio sono assolutamente cruciali, perché insieme a Gesù nella sua posizione di sommo sacerdote, confessiamo: «la tua parola è verità» (Gv 7;17).
Vale la pena notare l’atteggiamento di Martin Lutero quando riformò l’istruzione universitaria a Wittenberg, all’inizio del XVI secolo. Scelse deliberatamente di mantenere il libro di testo della logica di Aristotele, perché era importante che il cristiano imparasse a pensare con chiarezza4. La fiducia nella Parola di Dio e l’enfasi su un pensiero chiaro stanno nelle fondamenta, non l’uno contro l’altro! (Ernest George Schwiebert, Luther and His Times, Concordia Publishing House, St. Louis, 1950, p. 299.)

La quinta caratteristica è la prospettiva. Il numero di domande è grande, ma non tutte le questioni sono ugualmente importanti e ugualmente fondamentali. Dobbiamo quindi aiutarci a vicenda a vedere cosa è centrale e cosa è periferico, cosa è fondamentale per la fede cristiana e cosa è meno decisivo. Il punto in cui come cristiani possiamo convivere senza problemi con diverse interpretazioni delle singole parti della Bibbia e dove invece si trovano i pilastri. Allo stesso modo, dobbiamo acquisire una prospettiva relativa alla cultura che ci circonda e vedere dove siamo sotto attacco e dove, a un certo punto, registriamo una tregua.

Oggi sono i fondamenti della fede a essere sotto attacco, non il modo in cui formuliamo la nostra visione del battesimo o cosa pensiamo del millennio. Dio esiste davvero o è tutta immaginazione e suggestione, una forma di autoinganno religioso? Se Dio esiste, come possiamo sapere chi egli è? Come possiamo metterci in contatto con lui? Possono avvenire miracoli in un mondo in cui possiamo descrivere tutto  utilizzando le leggi della natura? I testi biblici sono attendibili? Sono parole venute da Dio? Gesù è esistito e, se è esisto, chi era? Cosa è successo dopo la sua morte e sepoltura? È vivo oggi – e dove si trova? Perché una persona non si può relazionare direttamente con Dio senza la “mediazione” di Gesù? Come possono le nostre mancanze, i nostri errori e i passi falsi – il nostro “peccato” – essere qualcosa di così grave da separarci da Dio? E come può la morte di Gesù sulla croce cambiare la situazione? È ragionevole considerare le altre religioni come vicoli ciechi? L’uomo è influenzato dall’ereditarietà e dall’ambiente, dalla biologia e dalla sociologia, è davvero libero e responsabile? E non è umiliante sottomettersi a Dio rinunciando al proprio diritto all’autodeterminazione? In poche parole, si tratta dello scontro frontale tra la fede cristiana e la visione laica della vita, indipendentemente dal fatto che essa arrivi a noi sotto forma di culto della ragione dell’umanesimo illuminista o del relativismo postmoderno.

L’apologetica deve tornare a essere una parte centrale del compito di una comunità locale. Perché? Perché l’apologetica è biblica e perché l’apologetica è necessaria! Per alcuni l’apologetica ha un ruolo importante nel processo di avvicinamento alla fede, per altri l’apologetica gioca un ruolo importante nel processo di crescita nella fede. L’apologetica può arrivare prima o dopo la conversione, può portare le persone alla fede e può approfondire la fede. Ma senza apologetica rimaniamo – senza motivo – indifesi e senza armi.

Glover, storico dell’Università di Cambridge, descrive il successo del cristianesimo nell’Impero Romano in modo affascinante, evidenziando tre peculiari aspetti che si trovavano alla base. I cristiani vivevano una vita nuova (amore), avevano un pensiero migliore (verità) e avevano trovato una via di fuga dalla morte (speranza). Nelle parole di Glover: «Il cristianesimo fu vittorioso perché i primi cristiani superarono il mondo che li circondava nel suo modo di vivere, nel pensiero, e superarono la sua fine»5. Oggi abbiamo la stessa chiamata, incluso l’impegno “a “superare nel pensiero” il nostro tempo (T.R. Glover, The Jesus of History, Association Press, New York, 1917, p. 213.).

Stefan Gustavsson,
Vivere e confrontatsi con l’ateismo,
7-10 Dicembre Montesilvano,
16° Convegno Studi GBU

In che modo pensiamo e viviamo la nostra fede

Appunti dal XV Convegno di Studi

Gloria a Dio! Dopo due anni di pandemia in cui l’incontro annuale in presenza del Convegno Nazionale GBU a Montesilvano è stato rinviato, nei giorni del 13-15 maggio 2022 è stato possibile rivivere questo importante appuntamento dal vivo. Stesso luogo, stesso mare, volti noti alcuni, meno altri; ma stesse sensazioni di sempre, nonostante l’inusuale periodo dell’incontro svoltosi in passato in clima autunnale; stavolta il sole batteva caldo, il mare era calmo e invitante. Il periodo ha fatto sì che in quei giorni non fossimo i soli residenti dell’hotel: lottatori di varie categorie di combattimento e motociclisti di Harley Davidson tenevano in contemporanea i loro raduni. Il diavolo e l’acqua santa sembrerebbe… Ma i Gruppi Biblici Universitari ci hanno sempre abituato a ben altro: mai a categorizzare ma a sfidare proprio i nostri preconcetti, a discutere di noi stessi e della nostra identità in Cristo, a guardare in che modo pensiamo e viviamo la nostra fede, in rapporto alla società che ci circonda. In pratica, niente diavoli e niente acquasanta, tutti sulla stessa tipologia di barca, con la sola differenza del timoniere a cui si affida la propria imbarcazione. Anche quest’anno il GBU ha organizzato le tematiche e gli incontri raccogliendo le sfide della contemporaneità, permettendo un’analisi del nostro vivere la fede, non solo nella nostra intima relazione con il Signore, ma anche all’interno della società in cui viviamo. L’oratore di quest’anno era lo psichiatra dr. Pablo Martinez, volto già noto agli amici del GBU per essere stato già oratore nel (). Purtroppo le sue condizioni di salute gli hanno impedito di essere in presenza, ma se qualcosa di buono è scaturito da questi due anni di pandemia e smart working è stato  proprio il miglioramento e l’accessibilità delle piattaforme streaming: grazie ad internet abbiamo potuto avere Pablo Martinez, in diretta esclusiva per il convegno, che parlava dal suo studio a Barcellona. Oltre al nostro fratello dalla Catalogna abbiamo avuto molti seminari in loco, tenuti dai volti più accademici, amici e componenti, del GBU; tali seminari hanno esaminato temi rilevanti e particolarmente ostici, quali il rapporto tra fede e: conflitti storici, politically correct e relazioni amorose. Per niente scontato è sottolineare come tutto sia stato trattato secondo una prospettiva puramente biblica e scritturale ma nella santa ricerca di modalità di espressione di tale fede che potessero trasmettere l’amore di Gesù.

L’ultimo seminario, la domenica mattina, è stata la testimonianza di due medici che hanno combattuto in prima linea la pandemia e di un neuroscienziato, Nicola Berretta, che ha dato una prospettiva scientifica della natura dei virus e dei vaccini, prospettiva in netto contrasto con tante teorie stravaganti che, purtroppo, hanno fin troppo preso piede tra alcuni credenti negli ultimi anni. L’incontro è online su YouTube, e l’invito è quello di ricercarlo, ascoltarlo e condividerlo. Spesso la nostra fede viene messa a dura prova, spesso la mettiamo noi in situazioni contraddittorie: la certezza è che la nostra speranza è l’onnipotenza di Dio, che è in controllo, e la nostra guida comportamentale deve essere l’amore di Gesù.

Claudio Pasquale Monopoli

 

Il tema del convegno era “curare la fede”, ovvero afferrare, proteggere e proclamare la verità. Ci sono stati diversi aspetti che mi hanno colpito, che mi hanno fatto riflettere su come io vivo la mia fede nel contesto storico e sociale in cui mi trovo, al di fuori della chiesa ma anche al suo interno. Pablo Martinez, infatti, ha portato inizialmente l’attenzione sull’epoca in cui ci troviamo, caratterizzata da un soggettivismo di fondo in cui ognuno si è artefice della propria etica, dove è difficile presentare la nostra fede come LA verità e non UNA verità tra le tante. Il risvolto morale è profondamente implicato, proprio perché ciò che viviamo nella pratica, ciò che rappresenta l’esperienza di vita che necessariamente deve rinnovarsi costantemente, è il frutto della verità che facciamo nostra. È così allora, che anche all’interno della chiesa, la Bibbia diventa solo uno strumento che orienta e indirizza e che viene relativizzata dal mondo e dai cristiani stessi. Per opporci alla distruzione della fede, quindi, è importante sapere in cosa crediamo e cosa proteggiamo: una verità RIVELATA da cui possiamo attingere meditando la Parola; una verità INCARNATA nella persona di Gesù Cristo, immagine dell’amore e della Grazia che deve formarsi progressivamente in noi e una verità ILLUMINATA tramite l’azione dello spirito santo che ci guida e ci sostiene. Come ultimo oggetto di riflessione, il dr. Martinez ha portato la storia degli amici di Daniele nella fornace come esempio pratico di una fede che sa dire no. La loro, infatti, è stata la dimostrazione di cosa significhi avere una fede integra e quindi matura, che sa discernere, che sa mettere dei limiti alla tolleranza; una fede equilibrata, radicale ma non estremista, una fede ben fondata sulla fiducia di Dio, sull’ubbidienza e sul coraggio.

Questo convegno mi ha fatto pensare molto alla componente decisionale intrinseca alla mia fede. Troppo spesso si finisce per scadere in ciò che Pablo ha definito come “mimetismo”, ovvero l’adattare la propria fede in base al contesto in cui ci si trova per sembrare “normale”. Se il dogmatismo è l’esempio di una cattiva testimonianza, allora il mimetismo ne rappresenta la morte.

Afferriamo la verità, salvaguardiamo la fede, occupiamoci di lei nella prova, sapendo che Dio soffre con noi e ci protegge.

 

Eleonora Basirico

16° Convegno di Studi GBU

Stefan Gustavsson, Stoccolma, è membro del Comitato Direttivo dello European Leadership Forum. E’ anche il direttore di Apologia – Centre for Christian Apologetics. E’ stato per sedici anni Segretario Generale dell’Alleanza Evangelica Svedese ed è impegnato in un ampio ministero di insegnamento e formazione apologetico che lo vede spesso coinvolto in dibattiti pubblici e in special modo in contesto universitario.

Al Convegno sarà presentato la traduzione italiana del suo libro: Sostenere le ragioni della fede

Ascolta QUI alcune conferenze di Stephan (in inglese)

Il Convegno di quest’anno si pone l’obiettivo di riflettere sul confronto a tutto campo che i cristiani possono avere con l’ateismo e soprattutto con coloro che professano tale posizione. Nei confronti degli atei è sicuramente importante individuare, presentare e difendere le ragioni della fede cristiana; ma è ancor più importante studiare un modus di convivenza in cui essi possano cogliere, nella vita dei cristiani, il significato e la rilevanza della fede nel Dio della Bibbia, il Padre del Signore Gesù Cristo.

Le iscrizioni al Convegno sono aperte.
Nel modulo di prenotazione trovate tutte le info relative ai costi

PRENOTATI QUI

 

MODALITA’ DI PARTECIPAZIONE:
1. Partecipazione intero periodo con pernottamento: 3 GIORNI PENSIONE COMPLETA 
2. Partecipazione giornaliera senza pasto
3. Partecipazione giornaliera con pasto

PROGRAMMA 2023

Il Convegno inzierà con la cena del 7 dicembre

Prima Sessione plenariaLa bellezza del Dio vivente, (Salmo 139)
Venerdì 8 dicembre (mattino)

Seconda Sessione plenaria: Allontanarsi da Dio: Comprendere la nostra mutevole cultura
Venerdì 8 dicembre (pomeriggio)

Intervista
Venerdì 8 dicembre ore 21:00

Terza Sessione plenaria: Dio e la scienza: amici o nemici?
Sabato 9 dicembre (mattina)

Quarta Sessione plenaria: Segnali di trascendenza: sull’esistenza di Dio
Sabato 9 dicembre (pomeriggio)

Yeshua, Il Regno
Stefano Rigamonti e Lidia Genta
(Sabato 9 dicembre ore 21:00)

Quinta Sessione plenaria: Gesù e il significato della vita (Giovanni 1)
Domenica 10 dicembre (mattina)

Il convegno si concluderà con il pranzo di domenica 10 dicembre

Attività seminariali
G. Rinaldi, Quando gli atei erano i cristiani
V. Bernardi, Dio su Netflix
G.C. Di Gaetano e V. Bernardi, I discepoli furono chiamati “cristiani
F. Schiano, G. Donato Confrontarsi con gli atei online
Esplorare il Cristianesimo (nuove risorse e nuove iniziative)

 

Preparazione

 

INFORMAZIONI
E–mail: info@edizionigbu.it 
Tel.: 347/7445468, 345/5217945

Condividere con le altre specie la vita e l’adorazione

di Andrew Shepherd
(tr. di Claudio Monopoli | Foto di Gabriele Magnano)

Oggi è impossibile evitare le notizie che ogni giorno descrivono in dettaglio gli impatti negativi che l’attività umana ha sul pianeta. Dalle montagne più alte alle profondità dell’oceano, nessun luogo della terra appare incontaminato[1]. Nel corso della nostra breve storia come specie abbiamo modificato e trasformato l’ambiente che ci circonda – dalla caccia, che ha portato all’estinzione varie specie animali, all’emergere dell’agricoltura circa 12–15.000 anni fa, fino ad arrivare negli ultimi cinquant’anni allo sviluppo di megalopoli. Ma ora, che sia invisibile all’occhio nudo – come i livelli in rapido aumento delle emissioni di gas serra nell’atmosfera – o chiaramente visibile – come l’onnipresente plastica nei nostri corsi d’acqua, oceani e lungo le coste – è evidente che la nostra relazione con il resto del creato sia terribilmente distorta. La nostra azione di distruzione degli habitat e di inquinamento del suolo, dei corsi d’acqua, degli oceani e dell’atmosfera sta contribuendo direttamente a un drammatico tramonto di altre specie[2]. L’Homo sapiens sta distruggendo il tessuto stesso della vita: siamo la causa primaria della sesta grande estinzione di massa attualmente in corso[3].

Cosa pensa il Dio che professiamo di adorare riguardo a questo cataclisma ecologico? Quale dovrebbe essere la nostra risposta come seguaci di Gesù a questa enorme perdita di biodiversità?

Di fronte a questa minaccia esistenziale, gran parte della teologia è spesso completamente antropocentrica. Abbiamo sviluppato teologie “ultraterrene” in cui le altre specie e l’ordine creato sono visti semplicemente come sfondo per quello che è concepito come l’evento chiave: la relazione di Dio con l’Homo sapiens. Ma la nostra specie è davvero ancora il centro della storia della relazione di Dio con tutta la creazione? Scavando più a fondo nella Scrittura e nella tradizione cristiana e impegnandoci con le scoperte della scienza contemporanea ci rendiamo conto che potremmo aver arrogantemente sopravvalutato noi stessi e sottovalutato il significato delle altre creature.

Creature come noi

Che Dio abbia un profondo amore per tutto il creato è evidente dal racconto iniziale della creazione che contiene l’affermazione, ripetuta sette volte dal Creatore, della “bontà” della creazione stessa (Gen 1:2–23a). Poco oltre, nel racconto del diluvio universale (Gen 6––9), Noè ubbidisce al Signore e costruisce un’arca per garantire la conservazione della biodiversità di fronte al conseguente “assorbimento della vita” (7:23). Mentre l’amore del Creatore per tutto ciò che è stato creato è chiaro, fino a che punto le creature di Dio rispondono a questo amore? Qual è la natura della relazione che la miriade di creature ha con il suo Creatore?

Attraverso i recenti progressi della scienza ora sappiamo che condividiamo tra il 96 e il 99% dello stesso DNA dei nostri parenti più stretti, scimpanzé, bonobo e gorilla. Oltre a questa somiglianza genetica, la ricerca dei comportamentisti animali sta abbattendo il muro concettuale che abbiamo eretto tra noi stessi e le altre creature. Di quest’ultime, lungi dall’essere macchine che agiscono solamente per istinto, automata, incapaci di provare dolore, come tristemente affermato da René Descartes, stiamo progressivamente scoprendo la profondità della vita interiore. Le prove che queste provino una serie di emozioni – dolore, gioia, sofferenza, appagamento, rabbia, depressione e solitudine – continuano a crescere. Molte delle azioni che attribuiamo in modo univoco agli umani ­– pianificazione e cooperazione, inganno, altruismo, lutto, perdono, rancore, pace, umorismo – sono evidenti anche in altre specie[4].

Le creature portate alla vita dal soffio vitale di Dio

Anche la Scrittura dipinge le altre creature non come automi né come figure piatte simili a cartoni, ma piuttosto come esseri dotati di dinamicità, con un’identità, un organismo e con capacità di relazione con il loro Creatore. L’immagine così evocativa, usata in Genesi 2:7, del Signore Dio che respira la vita nelle narici di ̓ādām, la creatura terrestre, viene ripetuta più volte in tutto l’Antico Testamento[5]. Il salmista, osservando tutte le creature plasmate tramite la saggezza di Dio, attinge alle immagini del respiro/Spirito[6] di Dio che si libra sulle acque del creato (Gen 1:2), e scrive:

Tu nascondi la tua faccia, e sono smarriti;
tu ritiri il loro fiato e muoiono,
ritornano nella loro polvere.
Tu mandi il tuo Spirito e sono creati,
e tu rinnovi la faccia della terra
(Salmo 104:29–30)

Le Scritture testimoniano che la vita di tutte le creature dipende da questo respiro vitale (ruach) di Dio. Qoelet, l’autore di Ecclesiaste, comprese che la vita e il destino dell’uomo sono indissolubilmente legati alla vita di altre creature. Di fronte alla fragilità e alla natura transitoria della vita umana, ha sottolineato che non dovremmo considerarci di tanto superiori, ma dovremmo ricordarci che anche noi siamo animali.

Io ho detto in cuor mio: «Così è a causa dei figli degli uomini, perché Dio li metta alla prova, ed essi stessi riconoscano che non sono che bestie». 19 Infatti, la sorte dei figli degli uomini è la sorte delle bestie; agli uni e alle altre tocca la stessa sorte; come muore l’uno, così muore l’altra; hanno tutti un medesimo soffio, e l’uomo non ha superiorità di sorta sulla bestia; poiché tutto è vanità. 20 Tutti vanno in un medesimo luogo; tutti vengono dalla polvere, e tutti ritornano alla polvere. 21 Chi sa se il soffio dell’uomo sale in alto, e se il soffio della bestia scende in basso nella terra?  (Eccl 3:18–21).

 

Le creature come agenti di Dio

Non solo condividiamo con le creature lo stesso respiro/Spirito che anima la vita, ma la Scrittura mostra come anche gli animali siano agenti della grazia di Dio e messaggeri del giudizio di Dio. In 1 Re 17:1–7 il profeta Elia annuncia al re idolatra Achab l’inizio di una siccità. Fedele nel pronunciare il giudizio di Dio, lo stesso Elia deve comunque affrontare personalmente le conseguenze di questa siccità. Sorprendentemente, sono i corvi, animali impuri per la legge, che diventano agenti della grazia di Dio, fornendo a Elia un pasto mattutino e serale. Allo stesso identico modo, un altro dei profeti di Dio diventa il destinatario delle azioni salvifiche di una creatura animale. Israele, un popolo di terra nutriva una profonda antipatia per i mari. Ciononostante, Giona, piuttosto che dirigersi a Ninive, la capitale dell’impero assiro, per annunciare la parola di Dio, che percepisce come una certa condanna a morte, sceglie il terrore del mare. Gettato in mare, è una creatura delle temute acque profonde che inghiotte Giona, salvandolo così dall’annegamento. Contrariamente a Giona, il grande pesce è poi obbediente a Dio, e restituisce Giona alla sua vita terrestre per ricevere di nuovo le istruzioni del Signore.

In un altro episodio comico è un fedele asino che salva il suo proprietario – l’indovino Balaam – dall’angelo dell’Eterno che brandisce una spada. Convocato da Balak per maledire gli Israeliti, Balaam batte il suo asino, ignaro che l’improvviso cambio di direzione dell’animale lo stia salvando dal pericolo invisibile del giudizio dell’Eterno. Donatagli la parola, l’asino supplica la sua innocenza. La sua testimonianza è confermata dall’angelo dell’Eterno che annuncia che se non fosse stato per l’intervento del suo asino, Balaam sarebbe stato abbattuto. Smontato dall’asino e dalla sua posizione elevata, Balaam è costretto a stare accanto alla sua creatura e, fermo e silenzioso, è tenuto ad ascoltare di nuovo le istruzioni che finora non ha completamente rispettato (Nm 22:1–35). Vale la pena riflettere a quanto spesso noi, come Giona e Balaam, trascuriamo o ignoriamo le modalità in cui le creature che ci circondano diventano messaggeri di grazia e agenti di liberazione. Superare una visione del mondo antropocentrica richiede che, come Balaam, non sediamo, metaforicamente, dall’alto del nostro cavallo (asino).

 

Le creature richiedono la nostra attenzione

Nella tradizione cristiana è diventato comune parlare dei due libri della rivelazione di Dio, ovvero quello della creazione e quello della Scrittura. Tuttavia, ascoltare ciò che il libro della creazione ci sta dicendo, in particolare attraverso le espressioni dei nostri simili, richiede una nuova postura, quieta, caratterizzata da umiltà e attenzione per imparare e correggere ciò che è sbagliato. Giobbe, avendo sperimentato tremende avversità, si ritrova circondato da amici, che seppur con buone intenzioni, spiegano che la causa del suo dolore è la colpa inconfessata. Giobbe difende la sua innocenza, invitando le altre creature a difendere la sua giustizia, e invita i suoi amici consiglieri ad imparare anche da queste (Gb 12:7–10). Più tardi, Giobbe stesso è costretto a seguire il suo consiglio. Sopraggiunge una voce proveniente da un turbine: l’Eterno, interroga Giobbe, offrendo una descrizione dettagliata della complessità e del mistero della creazione (Gb 38––41). Di fronte alla travolgente meraviglia di un ecosistema pieno di vita dinamica di cui egli stesso è parte, e dal quale non può prescindere, Giobbe confessa umilmente: “Il mio orecchio aveva sentito parlare di te ma ora l’occhio mio ti ha visto.” (Gb 42:5). Non è un caso che in seguito, un altro individuo ubbidiente e giusto, Gesù, impartirà le stesse istruzioni ai suoi discepoli, chiamandoli a “considerare” (osservare, prestare attenzione a) il comportamento virtuoso dei corvi[7].

Tuttavia, oltre a incontrare Dio anche attraverso la contemplazione della creazione, cosa potrebbe significare porre attenzione ulteriormente al mondo delle altre creature e comunicare direttamente con loro? Spesso capita quotidianamente di parlare con altre creature – si pensi alle interazioni con gli animali domestici – ma fino a che punto ascoltiamo sinceramente le loro voci? La nostra incapacità di farlo sembra legata (1) all’assunto cartesiano secondo cui solo gli umani possiedono il linguaggio e, (2) a un malinteso su quale sia lo scopo principale del linguaggio. Ormai sembra che le prove stiano confutando il concetto che solo gli umani comunichino attraverso la lingua, tuttavia tendiamo comunque ancora a concepire il linguaggio in modo autoreferenziale: la lingua, crediamo che ci dia la capacità di rappresentare e interpretare il mondo che ci circonda. Se da una parte questo è vero, non è tuttavia lo scopo principale del linguaggio. Finora ho tracciato i seguenti temi: a) il respiro/Spirito che anima noi e la matrice della vita sulla Terra, e b) il linguaggio che piuttosto che distinguerci da altre creature è un’attività reciproca che collega noi agli umani, ad altre specie e  a Dio. Queste tematiche sono intrecciate in un passaggio poetico del filosofo ambientalista David Abram:

Il linguaggio orale si diffonde dentro di noi – le nostre frasi risuonano per la stessa aria che nutre i cedri e gonfia i cumuli. Distesi e immobilizzati sulla superficie piana, le nostre parole tendono a dimenticare che sono sostenute da questa terra spazzata dal vento; iniziano a immaginare che il loro compito principale sia quello di fornire una rappresentazione del mondo (come se fossero al di fuori di questo mondo e non facessero davvero parte di esso). Tuttavia, il potere del linguaggio rimane, in primo luogo, un modo di cantare se stessi a contatto con gli altri e con il cosmo – un modo per colmare il silenzio tra se stessi e un’altra persona, o un orso nero sorpreso, o la luna crescente che si alza come una vela fluttuante sopra il tetto. Che sia suonato sulla lingua, stampato sulla pagina o luccicante sullo schermo, il dono principale della lingua non è di riproporre il mondo che ci circonda, ma di chiamarci alla presenza vitale di quel mondo – e alla presenza profonda e attenta l’un con l’altro[8].

Condividiamo, con le altre creature, diverse quantità dello stesso codice genetico, lo stesso respiro che anima la vita e, con molti, la capacità di linguaggio. E se da un lato la lingua ci convoca in una “presenza profonda e attenta l’un con l’altro“, essa ha una funzione ancora maggiore. Teologicamente, lo scopo principale del dono del linguaggio è quello di assistere le creature nella lode del loro Creatore. E, se da una parte possiamo pensare che solo l’umanità si impegna nell’adorazione, la Scrittura sostiene che non è così. Il Salmo 148 ritrae tutta la creazione – esseri angelici, sole, luna, stelle, creature marine e oceani, sistemi meteorologici, paesaggi e alberi di habitat terrestri e tutte le specie selvatiche e domestiche che risiedono in essi – insieme all’umanità, come un’enorme coro che offre la sua lode al Signore. In effetti, il libro dei Salmi si conclude con l’esortazione che tutte le creature offrano il respiro che è stato loro donato per la lode al loro Creatore: “Ogni creatura che respira, lodi il SIGNORE” (Sal 150:6).

 

Le creature come compagni di adorazione

Perciò, il fattore più importante di tutti, la Scrittura, ci ri–direziona e ri–orienta nel concetto che oltre ad essere messaggeri di grazia e giudizio e insegnanti di virtù, le altre creature possono essere compagni di adorazione. Questa immagine di tutte le creature di Dio che adorano il loro Creatore e Redentore raggiunge il suo apice nella visione apocalittica di Giovanni. Quattro creature viventi – simboli di creature selvagge (un leone), animali domestici (un bue), esseri umani e vita aviaria (un’aquila) – si radunano davanti al trono di Dio dichiarando che la vita di tutte le creature deriva dall’iniziativa di Dio (Ap 4:11). La loro ragione di esistere è di dare gloria a Dio. E, mentre l’Agnello di Dio, in piedi accanto al trono, apre la pergamena che dichiara il giusto giudizio, rivendicando il regno dell’amore di Dio, queste quattro creature sono raggiunte da “tutte le creature che sono nel cielo, sulla terra, sotto la terra e nel mare”, da ogni creatura estinta o esistente, nell’offrire lode eterna:

«A colui che siede sul trono, e all’Agnello, siano la lode, l’onore, la gloria e la potenza, nei secoli dei secoli» (Ap 5:13)

Di fronte alla diminuzione della biodiversità ci viene imposto per via di questo amore a proteggere la vita dei nostri compagni coristi affinché le loro voci possano continuare a lodare il loro Creatore.

Domande per la discussione

  1. Leggi il libro di Giona. Quale ruolo gli animali hanno nel piano di Dio in questo libro?
  2. Leggi il Salmo 148 o Apocalisse 4-5, quale ruolo hanno gli animali in questi passi?
  3. Quali esperienze hai avuto nelle quali altre creature sono state messaggeri della grazia di dio o agenti di liberazione/libertà.
  1. Che differenza farebbe concepire le altre creature come agenti di Dio e come compagni di adorazione per la tua vita? Che differenza farebbe per la tua università? Il tuo movimento studentesco? La tua scuola?

 

Letture ulteriori

  • Bauckham, Richard. Bible and Ecology: Rediscovering the Community of Creation. Waco, TX: Baylor University Press, 2010, tr. it.
  • Clough, David L. On Animals: Theological Ethics. 2. London: Bloomsbury, 2019.
  • Clough, David L. On Animals: Systematic Theology. Vol. 1. London: T. & T. Clark, 2012.
  • Deane-Drummond, Celia, and David L. Clough. Creaturely Theology: On God, Humans and Other Animals. London: SCM Press, 2009.
  • Harris, Peter. Kingfisher’s Fire: A Story of Hope for God’s Earth. Oxford: Monarch, 2008.
  • Kolbert, Elizabeth. The Sixth Extinction: An Unnatural History. New York: Henry Holt and Co., 2014.

 

[1] A.J. Jamieson et al. “Microplastics and synthetic particles ingested by deep-sea amphipods in six of the deepest marine ecosystems on Earth” R. Soc. open sci. 6:180667, https://royalsocietypublishing.org/doi/pdf/10.1098/rsos.180667; Heather Saul, “Human waste left by climbers on Mount Everest is causing pollution and could spread diseasesIndependent, 3 March 2015, https://www.independent.co.uk/environment/human-waste- left-by-climbers-on-mount-everest-is-causing-pollution-and-could-spread-diseases-10081562.html.

[2] WWF. 2018. Living Planet Report – 2018: Aiming Higher. Grooten, M. and Almond, R.E.A. (Eds). WWF, Gland,Switzerland, https://c402277.ssl.cf1.rackcdn.com/publications/1187/files/original/LPR2018_F ull_Report_Spreads.pdf?1540487589.

[3] Mentre la popolazione umana di 7,6 miliardi rappresenta solo lo 0,01% di tutte le forme di vita, dal sopraggiungimento dell’Homo sapiens la nostra azione ha portato all’estinzione dell’83% di tutti i mammiferi non addomesticati; l’80% dei mammiferi marini; il 50% delle piante; e il 15% dei pesci. Guarda: Yinon M. Bar-On, Rob Phillips, and Ron Milo (2018), “The Biomass Distribution on Earth” Proceedings of the National Academic of
Sciences 115 (25): 6506-11. Se da un lato l’estinzione è un normale processo evolutivo gli scienziati stimano che il tasso di estinzione delle specie è più alto di 100-10.000 volte rispetto al tasso di estinzione di fondo.

[4][4] Guardare allo studio del primatologo ed etologo tedesco, Frans de Waal, particularly: Our Inner Ape (New York: Riverhead Books, 2005) and Mama’s Last Hug: Animal Emotions and What They Tell Us About Ourselves (New York: W.W. Norton, 2019).

[5] Genesi 6:17; Genesi 7:21-22; Giobbe 12:10, 27:3 32:8,33:4, 34:14-15; Salmi 104:29-30, Isaia 42:5, 57:16

[6] La parola ebraica ruach può essere tradotta come vento, soffio/fiato, o Spirito.

[7] Luca 12:24; guarda Andrew Shepherd, “Being ‘Rich towards God’ in the Capitalocene: An Ecological/Economic Reading of Luke 12.13-34” The Bible Translator (forth.).

[8] Becoming Animal: An Earthly Cosmology (New York: Pantheon Books, 2010), 11, corsivo dell’autore

Andrew Shepherd ha fatto parte del movimento IFES in Nuova Zelanda, Christian Telliary Students (TSCF), dal 1995 al 1999. Negli ultimi due decenni ha lavorato nei settori dell’educazione teologica, ambientale e internazionale e della pratica della conservazione. A Rocha Aotearoa in Nuova Zelanda, fino a poco tempo fa come co–direttore. Ha ricoperto il ruolo di insegnante e ricercatore presso numerosi istituti di istruzione accademica ed è attualmente docente di teologia ed etica all’Università di Otago, in Nuova Zelanda.

Il razzismo velenoso di un’America sgradevole

di Darrell L. Bock

Quello che è accaduto a Floyd è qualcosa che negli Stati Uniti ha una lunga, triste storia, una storia che degenera ogni pochi anni. Questa volta la differenza sta nel fatto che ci sono le registrazioni a mostrare ciò che è accaduto così che diventa difficile costruire una difesa con un controracconto che nega i fatti. In realtà, nelle ultime settimane si sono verificati tre incidenti del genere, tutti registrati. Questo ha colpito una corda che ha fatto venire a galla una profonda frustrazione nelle minoranze.

La violenza razziale è un attacco alla persona fatta all’immagine di Dio.

Non c’è posto per una cosa del genere in una fede che raccoglie molte tribù, lingue e nazioni.

E’ uno sfregio per la croce che mostra l’amore che Dio ha per gli uomini del mondo.

Viola l’appello di Gesù ad amare perfino i nostri nemici.

E’ un’offesa per le vie di Dio.

La saga di George Floyd non è nuova. Si tratta di un incidente che questa volta è stato documentato. Uno di tre solo nelle ultime settimane, come ho detto sopra. Se avete amici afro–americani allora sicuramente avrete saputo da loro che incidenti del genere non sono né rari né isolati ma piuttosto comuni.

Questo significa che qualcosa è veramente sbagliato e va avanti così da tanto tempo.

L’unica cosa è che nell’ambiente ostile in cui viviamo oggi la cosa si sta accelerando. Negare tutto ciò significa sopprimere l’ovvio e farlo ina maniera violenta. Possiamo e dobbiamo fare meglio e ciò significa agire, non semplicemente proferire parole e mostrare simpatia, poiché senza l’azione vedremo cose del genere che si ripeteranno di nuovo e ancora di nuovo. Non è una Teoria critica che stravolge ciò che ognuno dovrebbe essere in grado di vedere, al punto da non agire.

Si tratta di razzismo velenoso che percorre parti della nostra società e rende l’America sgradevole. Definire le cose con il loro nome significa rispettare le persone, la gente. Dobbiamo assolutamente fare meglio. Dire una cosa del genere è facile, fare qualcosa per questa situazione significherà per molti di noi essere chiari nelle nostre puntuali risposte affermando che tutto ciò è sbagliato e intollerabile.

 

Darrell L. Bock è Executive Director for Cultural Engagement, Howard G. Hendricks Center for Christian Leadership and Cultural Engagement e Senior Research Professor di New Testament Studies, presso il Dallas Theological Semminary.

 

Darrell L. Bock
è stato ospite nel 2017 del XII Convegno di Studi del GBU.
Qui trovi anche i link alle sue conferenze
Le Edizioni GBU hanno pubblicato il suo
Alla riscoperta del vero vangelo

 

 

Grazie Ed (Shaw): una voce profetica

Sono arrivato al XIV convegno GBU aspettandomi delle dissertazioni sulla sessualità secondo la prospettiva biblica. Sono tornato a casa con una moltitudine di stimoli, di prospettive e di sfide inattesi. Sul combattimento spirituale; su cosa sia l’intimità autentica e su cosa renda autentica la chiesa; su cosa renda plausibile non solo la sessualità secondo la Bibbia, ma la vita cristiana nella sua globalità, vissuta al seguito del Signore morto e risorto. E l’elenco potrebbe continuare.

Le righe che seguono vogliono essere una grata condivisione di questo inatteso sovrappiù. Sono grato al Signore, che non si stanca di mostrarmi come la sua grazia esorbiti sempre le mie ristrettezze mentali e la mia presunzione di sapere.

Ed Shaw al XIV Convegno si Studi GBU

Sono grato a Ed Shaw, per il suo radioso esempio di quanto possa essere contagioso -quand’è autenticamente vissuto- il desiderio di essere “più simile a Gesù”. Sono infine grato a coloro che hanno avuto l’audacia e la lungimiranza di realizzare un convegno simile.

Che il convegno avrebbe assunto risvolti imprevisti fu chiaro dalla prima sera, quando l’oratore (a me del tutto ignoto) si dichiarò attratto dal suo stesso sesso.

Poiché mi attendevo tre giorni di conferenze che fossero più o meno il corollario della semplicistica formula “Sesso etero in ambito matrimoniale” (non ne vado fiero, ma tant’è), fui piuttosto sconcertato dalla dichiarazione.

Certo, le mie categorizzazioni contemplavano l’opzione dell’omosessualità: nel catalogo delle perversioni. Punto. Sapevo anche di coloro che ritengono conciliabile la professione del cristianesimo con lo stile di vita omosessuale, purché nell’ambito di una relazione stabile e fedele. Ed Shaw rappresenta una minoranza di cui sapevo l’esistenza, senza però averne mai ascoltato la voce. Coloro che, fronteggiando la tentazione omosessuale, ritengono il celibato l’unica condizione compatibile con la fede in Gesù.

E la sua è stata una voce profetica, nientemeno.

Come un profeta, mi ha ripulito da alcune cianfrusaglie mentali di cui ero solo vagamente consapevole. Una fra tutte: la convinzione secondo la quale la tentazione omosessuale, a differenza d’ogni altra, viene invariabilmente cancellata dalla conversione. E perché, poi? Il mio orientamento etero mi esenta forse dalla lotta per la purezza? E’ stato salutare rivedere biblicamente la mia percezione del peccato in quest’ambito.

Ed Shaw è un uomo che trasmette l’esperienza autentica di come la lotta per vivere il celibato in questa tensione lo apra maggiormente alla grazia di Dio e lo disponga a dipendere davvero da Lui. Per diventare più simile a Gesù, in un cammino di ubbidienza e purezza. La plausibilità di questa vita controcorrente è possibile solo in una comunità illuminata e sorretta dalla grazia di Dio. Un luogo amorevole dove l’intimità sia una realtà sperimentabile anche dai celibi, etero o omosessuali che siano, attraverso relazioni sante e profonde, di amicizia e di fraternità.

E, come un profeta, Ed mi ha spezzato il cuore. Perché, confrontato con le sue parole, mi pento di aver talvolta introdotto nella chiesa i modelli svianti del perbenismo e del perfezionismo. Ma ho udito l’appello, e raccolgo la sfida.

Voglio re-imparare l’antica lezione della vulnerabilità onesta che accoglie la grazia. Voglio contribuire a rendere la chiesa una famiglia plausibile e desiderabile. Dove si abbraccia la croce e si respinge la seduzione del male in ogni ambito. Dove ci si incoraggia a vicenda ad essere più simili a Gesù.

(Marco Arturo, Responsabile di una Chiesa evangelica di Trezzano Rosa)

La plausibilità nella sfera delle scelte sessuali (a proposito di un libro di Ed Shaw)

Edizioni GBU,
170 p. | 14.00 €

 

Ed Shaw, secondo Vaughan Roberts

Questo è un libro importante, uno dei più importanti che ho letto negli ultimi anni. … non è proprio un libro moderato, indirizzato solo ai credenti che vivono un’attrazione verso lo stesso sesso, per spingerli a seguire su quel tema la linea biblica. Si tratta, soprattutto, di un libro radicale, che richiede a tutti i credenti una completa trasformazione del pensiero e del comportamento.

Lasciate che vi dica perché mi piace così tanto.

Innanzitutto, è un libro sensibile. È sensibile dal punto di vista pastorale, come ci si potrebbe aspettare da uno scrittore che è trasparente in merito alla propria esperienza dell’attrazione verso lo stesso sesso. La sua onestà su come ci si sente è nuova. Egli “capisce”. Questo è importante per quelli che si trovano nella stessa situazione. Ma, cosa altrettanto importante, Ed Shaw è sensibile da un punto di vista culturale. Riconosce che gli dei della nostra epoca, siano essi riconosciuti consapevolmente o meno, hanno una maggiore influenza sulla posizioni etiche rispetto all’interpretazione biblica, anche per molti cristiani sostenitori della tesi secondo la quale la Bibbia  sia l’unica autorità. Non si tratta tanto del fatto che le menti siano state conquistate da nuove interpretazioni ma che i cuori siano stati catturati dai presupposti dell’individualismo.

In un mondo e, troppo spesso, in una chiesa, in cui l’autoespressione e l’autorealizzazione sono valori ampiamenti incontrastati, la posizione cristiana ortodossa relativa all’omosessualità può apparire a un tempo sia insostenibile sia, persino, immorale. In questa ottica pochi saranno convinti della correttezza di quell’insegnamento, per quanto biblicamente ben esposto, a meno che non siano persuasi della sua plausibilità.

Ed Shaw si rende conto che questo clima esige una riflessione che non focalizzi semplicemente la mente sull’interpretazione di alcuni testi chiave, ma che si rivolga al cuore e alle sue spesso ignote e nascoste convinzioni.

La seconda caratteristica che colpisce di questo libro è che è molto positivo. Come sostiene Ed, un approccio all’omosessualità che si limiti a dire «soltanto no!» non è più efficace, ammesso che lo sia mai stato. Quello che egli ci offre invece è una visione positiva della possibilità di una vita vibrante e appagante in comunione con Cristo per i cristiani attratti verso lo stesso sesso, anche se questo vuol dire privarsi del sesso e del matrimonio.

Sicuramente, a volte ci sarà sofferenza ma, come ci si potrebbe aspettare qualcosa di diverso se si segue colui che è entrato nella gloria mediante la crocifissione e che ha invitato i suoi discepoli a percorrere la stessa strada, rinunciando a se stessi e prendendo la croce? Ciò a cui ci viene chiesto di rinunciare non è nulla in confronto a ciò che possiamo ricevere, sia al presente sia in futuro. La vita con Cristo implica sacrificio, come in tutte le relazioni, ma dopotutto è determinata non da ciò che viene negato ma da cosa o, meglio, da chi, viene abbracciato. Il dire “no” è preceduto e avvolto dal “si” detto a Cristo, in risposta al suo amorevole “SI” per noi. Egli è venuto per portarci la vita, non una forma di morte vivente, ed è morto per renderla possibile.

Potremmo sperimentare l’equivalente di ciò che Ed chiama i suoi «momenti in cui si è a terra», quando tutto sembra cupo, ma in Cristo e tutto ciò che Dio ci dà in lui abbiamo un buon motivo per rialzarci, perseverare e gioire! Egli ci chiama non a un ostinato stoicismo ma a una fede piena di gioia nel dolore e di speranza nell’afflizione.

L’ultima ragione per cui questo libro mi piace così tanto è che è incisivo. Il tono non è mai aggressivo o prepotente, ma si può percepire la passione dell’autore e la sua legittima frustrazione. I suoi punti di vista non sono rivolti verso un obiettivo prevedibile, cioè fare concessioni ai liberali, ma è rappresentato da coloro che appartengono alla sua stessa fede evangelica.

Piuttosto che accusare gli altri di non essere biblici, dobbiamo esaminare la nostra tradizione alla luce di ciò che dice la Parola di Dio. Mentre pretendiamo di resistere agli idoli dell’edonismo e del relativismo, dobbiamo chiederci: non siamo troppo spesso entrati in un empio accordo con l’egoismo, l’idolo moderno che viene adorato più di tutti? Il risultato, troppo spesso, è un travisamento del cristianesimo autentico, in cui non c’è spazio per gravosi sacrifici e che lascia l’individuo sul trono, al posto del Dio vivente.

Intenti a contrapporci alla rivoluzione sessuale, non abbiamo forse esaltato allo stesso modo il matrimonio e il nucleo famigliare, emarginando o ignorando la visione biblica della chiesa come famiglia di Dio e del celibato, scelto o meno, come vocazione? L’attuale controversia sull’omosessualità nella chiesa ci dà l’opportunità di riconoscere e tornare indietro su questi e altri «passi falsi» che hanno aumentato enormemente il senso di implausibilità della vita a cui sono chiamati alcuni di noi.

Dal punto di vista del mondo, la chiamata di Cristo a un discepolato interpretato con sincerità e sacrificio sembra implausibile e poco attraente per chiunque, indipendentemente dalla propria sessualità o da circostanze particolari. Se vogliamo perseverare nel discepolato e persuadere chiunque altro a unirsi a noi, dobbiamo in qualche modo comunicare che ciò che viene offerto non è un insieme di regole, ma una relazione dinamica con il Dio vivente.

Non potremmo mai vivere una vita del genere nell’isolamento; come cristiani, infatti, non siamo stati lasciati soli. Conosciamo Dio come nostro Padre, che è amorevolmente sovrano su tutte le cose ed è all’opera anche nei momenti e negli aspetti più difficili della nostra vita, per il nostro bene e per la sua gloria. Conosciamo Cristo come nostro Signore e Salvatore, colui che ci chiede di prendere la sua croce e di seguirlo, avendo già dato la sua vita per noi e offerto infinitamente più di quanto egli ci richieda. E conosciamo lo Spirito come Consolatore, che è con noi in ogni passo e ci chiama a vivere una vita di profonda e soddisfacente intimità insieme a Cristo e in comunione con la chiesa.

Quando la vita cristiana viene vissuta con questo Dio al centro, essa è non solo plausibile, ma meravigliosa.

(Vaughan Roberts – St Ebbe’s Church, Oxford)

Convegno Nazionale 2018

Foto di Luca Montemarano

 

XIV Convegno Nazionale GBU

La plausibilità della visione biblica della sessualità umana

Ed Shaw
(Gran Bretagna)

(31 ottobre – 3 novembre 2019)
Montesilvano (PE)
Grand Hotel Montesilvano

 

Questi sono i titoli delle sessioni plenarie che Ed Shaw presenterà

1) La nostra cultura e la sessualità
2) La bibbia e la sessualità
3) La bibbia e l’omosessualità
4) La chiesa e la sessualità
5) Evangelizzazione e la sessualità

NOTE di Ed SHAW

Vedi la galleria fotografica

Leggi Grazie Ed (Shaw): una voce profetica (di Marco Arturo)

Programma CN 2019

 

Durante il Convegno si sono tenuti alcuni seminari:

  • La natura in Romani 1 tra concezione giudeo-cristiana e filosofia ellenistica, Giancarlo Rinaldi (Università di Napoli)
  • Come essere felici da single, Paul Chattfield (Pastore della INternational Church di Torino, gia Staff GBU nella medesima città)
    Un seminario interattivo e pratico per capire come vivere al meglio l’essere single.  Trarremo ispirazione dalla Bibbia, da vari studi accademici, dalla psicologia e dalle vostre esperienze, il tutto al fine di aiutare chi è single a vivere meglio quetsa condizione.
  • L’influenza della ipersessualizzazione sulla vita di una coppia, Daniel e Angela Wiens (“Liberati in Cristo”, Modena)
    Dato che oggi la pornografia è accessibile, anonima ed abbordabile, il seminario si incentrerà sul racconto di come un tale fenomeno ha condizionato la vita di una coppia e sugli efetti che ha prodotto sul loro matrimonio.
  • Il concetto di “plausibilità” nell’ambito dell’apologetica, Giacomo Carlo Di Gaetano (DiRS GBU)
    Il testo di Ed Shaw introduce nella riflessione relativa alla difesa della fede cristiana nonché delle sue conseguenze etiche, una categoria del pensiero della sociologia della conoscenza, vale a dire la “plausibilità”; il seminario esplora questa categoria e ne valuta punti di forza e dobolezze in apologetica.
  • La voce di Hollywood sui sentimenti d’amore, Valerio Bernardi (DiRS GBU)
  • Seminario per responsabili di chiese sul tema dell’attrazione verso lo stesso sesso a cura di Ed Shaw
    Per partecipare a questo seminario da parte di esterni al Convegno è necessario prenotarsi per tempo (gdiga@tiscali.it)

 

Quota di partecipazione (sconto fino al 30 settembre)
Studenti da 12 anni in su (scontata) € 110,00
Intera (scontatata) € 130,00
Coppia (scontata) € 240,00
Bambini 4-11 anni (scontata) € 80,00
Bambini 0-3 anni € 0,00
Camera singola € 45,00 al giorno

ISCRIVITI QUI

Quota di partecipazione (senza sconto)
Intera € 150,00 (sistemazione in camera doppia/tripla)
Studenti (università e scuola media/superiore) € 130,00 (stessa sistemazione)
Formula Famiglie: Coppia € 255 + € 85 per ogni bambino dai 4 agli 11 anni compiuti
Bambini 0/3 anni: GRATIS

Sarà possibile registrarsi a partire dalle ore 14.00 di giovedì 31 ottobre
Il Convegno inizia ufficialmente con la cena (ore 19.30)
Il Convegno si conclude con il pranzo di domanica 3 novembre

 

Comitato organizzatore:
Giacomo C. Di Gaetano (DiRS – Edizioni GBU);
Johan Soderquist (Segretario Generale GBU);
Davide Maglie (Presidente Ass. GBU – Ass. Amici della Sala di Lettura GBU);
Francesco Schiano (Staff GBU);
Giampiero Picciani (Edizioni GBU)

Per informazioni e contatti: convegnonazionale@gbu.it 

 

ENDORSEMENT

È difficile costruire un convegno capace di suscitare allo stesso tempo interesse negli adulti, nei giovani, negli adolescenti, ma anche nei genitori. Sto parlando del prossimo convegno Gbu dal titolo. “La plausibilità della visione biblica della sessualità”.A dispetto di un titolo che vuole essere rassicurante, sarete coinvolti nei vari livelli di comprensione di un tema che va ben oltre i nostri imbarazzi. La cultura, la Bibbia, la chiesa e perfino l’evangelizzazione saranno gli ambiti di riflessione sulla sessualità. Chi è l’oratore temerario, capace di questo? Ed Show. What else. Ma non solo questo ho dato un occhiata ai seminari, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Devo solo rimproverare gli organizzatori di non aver proposto prima questo convegno.
Saverio Bisceglia (medico e anziano di una Chiesa evangelica “dei fratelli” di Roma – Via Prenestina)

“Convegno Nazionale dei GBU, che dire? Per me è uno tra i migliori incontri evangelici in Italia. Frequentato da tantissimi giovani e da tanti “diversamente” giovani, mi ha sempre stimolato ed edificato spiritualmente e teologicamente. L’ho sempre vissuto come un momento di confronto spirituale e di grande stimolo intellettuale. Quest’anno non mancherò di certo.”
Giancarlo Farina (Direttore di Casa della Bibbia)

Crescere, informarsi, approfondire tutto questo è il convegno dei GBU. Partecipo ogni anno e mi offre una grande opportunità di crescita e confronto su temi biblici molte volte ignorati.
Anche quest’anno ci sarò.
Angelo Bleve (Pastore della chiesa ADI di San Benedetto del Tronto)

I Gruppi Biblici Universitari hanno dato un senso (biblico) alla mia vita da studente all’Università, un senso riassunto dal loro motto: “Condividere Gesù da studente a studente”. Il convegno annuale è una grande opportunità per scoprire il mondo del GBU: incontrerete studenti, coordinatori, staff, e potrete trovare tantissime ottime pubblicazioni delle edizioni GBU a un prezzo scontato.
Gianluca Nuti (studente magistrale presso l’Università di Padova)

Il convegno Gbu ha caratteristiche abbastanza peculiari. Innanzi tutto, pur essendo pensato espressamente per gli studenti universitari, è utile e interessante anche per chi studente non è ma è responsabilmente interessato alla crescita nella vita cristiana sia sul versante del pensiero che su quello talvolta più complesso dell’etica.
Poi nel suo format.
Un tema specifico, un oratore specializzato sull’argomento, un libro quasi sempre dello stesso oratore che permette di fissare nel tempo il contenuto delle relazione e, last but not least una serie di seminari interattivi che permettono di interagire sull’argomento del convegno e conoscere meglio l’attività GBU.
Ben fatto: parteciparvi è uno stimolo oltreché un piacere.
Gioele Corradini (Già responsabile di una chiesa evangelica di Bologna)

 

Se vuoi ricevere le info relative al mondo GBU, in particolare:
– sui Libri delle Edizioni GBU,
– sugli articoli del DiRS-GBU e
– sul Convegno Nazionale,

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