Il nuovo “Omero”
Il nuovo “Omero”.
I fumetti, nati negli USA agli inizi del XX secolo come strisce di intrattenimento dei giornali quotidiani, sono diventati, soprattutto dal 1930 in poi, un genere a parte che ha avuto una sua storia autonoma e che ha sviluppato diversi personaggi e storie interessanti. E’ in questo mondo che si inseriscono i supereroi, nati in USA negli anni Trenta del secolo scorso e che servivano a infondere speranza e fiducia in una società in crisi. Superman, Batman (non il Cavaliere Oscuro di oggi ma il primo Batman) sono eroi senza macchia e senza paura, esempi quasi perfetti di umanità.
In questo universo ha iniziato a lavorare Stan Lee (nome d’arte di Stanley Martin Lieber, ebreo agnostico di origine rumena). Lee, morto questa settimana, è stato senz’altro il più importante personaggio di questo mondo ed è, soprattutto negli ultimi anni, diventato un’ “icona pop” grazie ai suoi camei nei film basati sui numerosi personaggi da lui inventati, in collaborazione con Jack Kirby e Steve Dikto.
Lee è stato uno dei più fecondi inventori di personaggi a partire dagli anni Sessanta e la novità è stata quella che i suoi super-eroi non erano al di sopra dell’umanità, ma “super-eroi con super problemi” che lasciavano vedere il loro lato umano e le loro debolezze. Benché difendessero l’umanità rimanevano con i loro conflitti, con i loro problemi individuali e sociali.
Per questo nascono figure come quelle dei Fantastici Quattro (che ricevono i loro super-poteri da un incidente spaziale), come Hulk (la cui storia ricalca quella di Dottor Jekyll e Mister Hyde), dell’Uomo Ragno (che ha i problemi tipici dello studente universitario). La rassegna degli eroi, quindi, diventa una rassegna umana, in cui, tra l’altro vengono anche affrontati i problemi dell’uomo contemporaneo nella loro complessità.
I fumetti, a fine anni Settanta, entrano in una crisi che sembrava irreversibile e, per questo motivo, Lee, cerca di farli diventare prima cartoni animati e poi film, con alterne fortune: gli effetti speciali e gli sceneggiatori del tempo non riescono ad ottenere grandi successi. La svolta avviene agli inizi del XXI secolo, quando, la XXth Century Fox decide di girare il primo film sugli X-Men e Sam Raimi dirige il primo Spider-Man. Da allora Stan Lee ed il suo mondo di super-eroi vivono una seconda giovinezza, che hanno fatto sì che il Mondo della Marvel diventasse quello, insieme alla Disney, dei maggiori blockbusters cinematografici e che è riuscito ad adattarsi meglio ai tempi, entrando anche nel mondo delle piattaforme streaming con alcuni telefilm tratti dai personaggi inventati dalla Marvel. Ecco perché possiamo considerare Stan Lee un nuovo Omero, perché ha dipinto degli eroi che, pur risolvendo i problemi dell’umanità si trascinano i loro problemi problemi e si pongono una serie di domande esistenziali che non sono risolvibili neanche da loro.
Cosa si può apprendere, dal punto di vista del pensiero evangelico, dai personaggi di Stan Lee, che, come abbiamo già detto era un agnostico? Accanto all’intrattenimento dovuto al largo uso di effetti speciali e, all’epoca, ad una maniera innovativa nel disegno e nello scrivere il fumetto, che avrà anche influenza sulle graphic novels successive, i messaggi dei personaggi di Stan Lee sono tanti e possono essere ottimi per interessanti spunti di riflessione. Per comprendere tutto ciò, menzioniamo tre esempi che meritano attenzione.
Partiamo da un gruppo di interessanti personaggi inventati dall’autore americano: gli X-Men. Il gruppo di super-eroi che prende il nome dal loro mentore che sarebbe il dottor Xavier (magistralmente interpretato da Patrick Stewart nelle trasposizioni cinematografiche): è uno dei fumetti dove più si parla della diversità e dell’adattamento alla convivenza tra esseri umani; i mutanti, proprio per la loro potenza e “stranezza”, non vengono accettati dal resto dell’umanità e fanno fatica a convivere in un mondo che li rifiuta. Xavier cerca di far convivere pacificamente essere umani diversi, mettendo al servizio degli uomini “normali” i suoi allievi dotati di superporteri. Questa idea attraversa tutta la saga e ha delle punte anche alte da un punto vista letterario come quella di Wolverine che, in Logan, proprio come l’invulnerabile Achille dell’Iliade, muore, e lo fa per salvare dei giovani mutanti in fuga, mostrando anche la fugacità della vita sulla terra anche di un super-eroe apparentemente vulnerabile.
Un personaggio poco conosciuto (e apparso in un solo film) è quello di Silver Surfer, un cavaliere galattico che è stato immaginato come viaggiante su una sorta di surf spaziale. Silver Surfer, inventato durante la Guerra del Vietnam, è stato il primo eroe pacifista che, ribellatosi al suo padrone, Galactus il distruttore di pianeti, cerca di salvare la terra e l’universo, usando la sua potenza al meglio. Un super-eroe che, all’epoca, fece indignare parte dell’America, che non piacque immediatamente, ma i cui testi sono dei veri e propri pezzi letterari.
In ultimo uno degli eroi più complessi (forse l’unico in cui esiste un diretto rapporto con il Trascendente ed il Divino): Daredevil. Inventato con Steve Dikto, il super-eroe cieco, di origine irlandese, viene allevato in un orfanotrofio cattolico a New York. Il suo rapporto con Dio è al centro del suo disagio interiore. Daredevil cerca di seguire un’etica irreprensibile, combatte contro il Male e cerca giustizia, ma non riesce ad avere un sereno dialogo con il Divino, come, forse, molti uomini oggi nella società contemporanea. Anche lui sembra voler essere guarito dal suo disagio e dal contrasto tra il Bene ed il Male.
Come si può vedere la cultura pop di Stan Lee può davvero essere oggetto di diverse riflessione. Si tratta sempre di storie dove, se il grande assente è l’intervento divino provvidenziale, gli spunti per discutere dell’umanità, del Male, dei problemi del mondo non mancano.
(Valerio Bernardi – DIRS GBU)
Vedi anche Il ritorno dell’epica