Non ottimista
Prosegue la pubblicazione – settimanale – di otto paragrafi (qui il secondo) del libro del teologo di orgine croata Miroslav Volf, che sarà in libreria a Maggio, dal titolo Contro la marea. L’amore in un tempo di sogni meschini e di continue inimicizie. Il libro è una raccolta di brevi scritti, alcuni dei quali hanno poi visto un loro ampliamento in libri tematici.
Fatevi un regalo, e mettete la Teologia della speranza di Jürgen Moltmann sotto il vostro albero di Natale (Cfr. tr. it. J. Moltmann. Teologia della speranza. Ricerca sui fondamenti e sulle implicazioni di una escatologia cristiana, Queriniana, Brescia, 1970). Moltmann ha pubblicato il libro in tedesco più di cinquant’anni fa. È stato tradotto in inglese tre anni dopo (1967), è diventato immediatamente una celebrità teologica negli Stati Uniti. Il libro è anche andato sulla prima pagina del New York Times1. Uno dei principali temi della Teologia della speranza è l’Avvento, e sarebbe bene che ci ricordassimo di questo libro straordinariamente importante.
L’immensa, originale popolarità del libro deve molto al fatto che quando fu pubblicato, la “speranza” era nell’aria. Era l’“era Kennedy” negli Stati Uniti e il periodo del movimento dei diritti civili portato avanti da Martin Luther King jr. Il mondo occidentale stava per esperire il potere dei movimenti studenteschi radicali. La “Primavera di Praga” sarebbe arrivata presto in Cecoslovacchia, frutto di una crescente democratizzazione delle società socialiste dell’allora defunto Secondo Mondo. E nel Terzo Mondo dei tardi anni ‘60, la decolonizzazione era in pieno movimento e gli intellettuali giocavano con le idee di Marx. La Teologia della speranza cavalcava un’ondata globale di speranza sociale. Come Moltmann ha detto, il libro aveva il suo proprio kairos, o il momento opportuno.
Ma kairos è una benedizione ambivalente per un libro. Dal lato positivo, spinge il libro davanti all’attenzione pubblica. Dal lato negativo, schiaccia la sua interpretazione in un modello determinato. Chiunque parla del libro, ma praticamente nessuno lo apprezza e lo comprende in maniera appropriata.
Con qualche importante eccezione (per esempio quella del movimento dei diritti civili) ciò che era nell’aria, quando apparve Teologia della speranza, non era speranza, ma ottimismo. Le due cose sono facilmente confondibili. Sia l’ottimismo sia la speranza includono aspettative positive riguardo al futuro. Ma, come Moltmann ha sostenuto in maniera persuasiva, sono prese di posizione radicalmente diverse verso la realtà.
L’ottimismo è basato sulla causa «estrapolativa e il pensiero effettivo». Traiamo conclusioni sul futuro sulla base dell’esperienza del passato e del presente, guidati dalla convinzione che gli eventi possano essere spiegati come effetti di cause precedenti. Dal momento che “questo” è accaduto, concludiamo che “quello” dovrebbe accadere. Se un’estrapolazione è corretta, l’ottimismo è ben fondato. Sin da quando mio figlio Nathanael poteva prendere Il piccolo orso e leggerlo quando era all’asilo, potevo legittimamente essere ottimista che sarebbe andato ragionevolmente bene in prima elementare. Se l’estrapolazione non è corretta, l’ottimismo non ha buone basi, è illusorio. Aaron, che ha due anni, è molto bravo nel lanciare una palla. Ma sarebbe sciocco da parte mia scommettere che otterrà un contratto multimilionario con una squadra di calcio e avrà cura di me dopo il pensionamento.
Le nostre aspettative sul futuro sono basate per la maggior parte su tale pensiero estrapolativo. Vediamo lo splendore arancio all’orizzonte e ci aspettiamo che la mattina sarà immersa nel sole. Un tale ottimismo informato e ben fondato è importante per la nostra vita privata e professionale, per il funzionamento delle famiglie, per l’economia e per la politica. Ma l’ottimismo non è speranza.
Uno dei più durevoli contributi della Teologia della speranza di Moltmann è stato quello di insistere che la speranza, al contrario dell’ottimismo, è indipendente dalle circostanze in cui le persone vivono. La speranza non è basata sulle possibilità della situazione e sulla corretta estrapolazione per il futuro. La speranza è basata sulla fedeltà di Dio e perciò sull’efficacia della promessa di Dio. E questo mi riporta al tema dell’Avvento.
Moltmann distingueva tra due maniere in cui il futuro si rapporta a noi. La parola latina futurum ne esprime una. «Il futuro nel senso di futurum si sviluppa a partire dal passato e dal presente, in quanto passato e presente hanno dentro essi stessi la potenzialità di divenire e sono “pregni di futuro”». La parola latina adventus esprime l’altra maniera in cui il futuro è relazionato con noi. Il futuro nel senso di adventus è il futuro che viene non dal campo di ciò che è o di ciò che era, ma dal campo di ciò che non è ancora, «dal di fuori», da Dio.
L’ottimismo è basato sulle possibilità delle cose come dovranno essere; la speranza è basata sulle possibilità di Dio senza tener conto di come sono le cose. La speranza può sorgere anche nella valle dell’ombra della morte; infatti è proprio lì che si manifesta realmente. La figura della speranza nel Nuovo Testamento è Abramo, che ha sperato contro ogni speranza perché credeva nel Dio «che fa rivivere i morti, e chiama all’esistenza le cose che non sono» (Rom 4:17–18). La speranza prospera anche in situazioni in cui, per il pensiero estrapolativo di causa–effetto, si dovrebbe concludere soltanto con una totale disperazione. Perché? Perché la speranza è basata sul Dio che viene nelle tenebre per scacciarle con la luce divina.
Ogni anno nella stagione dell’Avvento leggiamo il profeta Isaia: «Il popolo che camminava nelle tenebre, vede una gran luce; su quelli che abitavano il paese dell’ombra della morte, la luce risplende» (Is 9:1). In ciò è racchiuso tutto il significato del Natale, qualcosa di radicalmente nuovo che non può essere generato dalle condizioni di questo mondo. Viene. Non lo possiamo estrapolare. Dio lo ha promesso.
Se le tenebre sono discese sopra di noi e sopra il nostro mondo non ci occorre tentare di sostenere che le cose non sono così male come sembrano o cercare di essere disperatamente ottimisti. Ricordiamoci invece di un semplice fatto: la luce di Chi era all’inizio con Dio brilla nelle tenebre e le tenebre non prevarranno. Se ci occorre una lunga e plausibile spiegazione per supportare questo invito, scartate quel libro di Moltmann che è sotto l’albero di Natale, prendete qualcosa di caldo da bere e entrate nel mondo dell’Avvento, della promessa, della speranza.