Un “Padre nostro” a misura d’uomo? (2)

Ha fatto scalpore, in questo mese di Novembre 2019, la notizia della volontà di Papa Francesco di modificare la sesta richiesta del Padre Nostro: da “non indurci in tentazione” a “non lasciarci cadere in tentazione” (tra i tanti, si veda queto articolo di Famiglia Cristiana). Abbiamo riportato la lettura di Pablo e José Martinez, nel libro Abba Padre. Teologia e psicologia della preghiera,

Ecco di seguito la lettura che ne dà John Stott

Il messaggio del Sermone sul monte. Una controcultura cristiana
Edizioni GBU, 2017
ISBN: 978-88-96441-90-9
pp. 296, € 16,00

(pp. 183–186)

 

 

 

 

 

Le ultime due richieste vanno probabilmente intese come l’aspetto negativo e quello positivo della stessa richiesta: Non ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal maligno. Il peccatore il cui errore passato è stato perdonato desidera essere liberato dalla sua tirannia nel futuro. Il senso generale della preghiera è chiaro, ma ci troviamo di fronte a due problemi. Primo, la Bibbia dice che Dio non ci tenta (e non può tentarci) con il male (Giacomo 1:13). Dunque qual è il senso del pregare che non faccia una cosa che ha promesso di non fare mai? Taluni rispondono a questa domanda interpretando la “tentazione” come “prova”(Cfr. la New English Bible, la quale riporta «Non metterci alla prova»), spiegando che Dio, sebbene non ci induce a peccare, mette alla prova la nostra fede e il nostro carattere. Questo è possibile. Una spiegazione migliore mi pare sia che «non ci esporre» vada compreso alla luce della controparte «ma liberaci», e che “maligno” vada reso come una persona (come in 13:19). In altre parole, ci si riferisce al diavolo che tenta il popolo di Dio a peccare e dal quale dobbiamo essere “liberati” (rusai).
Il secondo problema concerne il fatto che la Bibbia dice che la tentazione e la prova ci fanno del bene: «Fratelli miei, considerate una grande gioia quando venite a trovarvi in prove svariate» o «tentazioni svariate» (Giacomo 1:2). Se dunque sono a nostro beneficio, perché dovremmo pregare di non esservi esposti? La probabile risposta è che la preghiera è piuttosto riferita all’essere in grado di superare la tentazione, che non a evitarla. Forse possiamo riformulare l’intera richiesta così: «Non permetterci di essere talmente esposti alla tentazione da esserne sopraffatti, ma liberaci dal maligno». Dietro queste parole che

(P. 183)

Gesù ci ha dato per pregare ci sono allora le implicazioni secondo le quali il diavolo è troppo potente per noi, che noi siamo troppo deboli per respingerlo, ma che il nostro Padre celeste ci libererà se lo invochiamo.
Le tre richieste che Gesù mette sulle nostre labbra sono meravigliosamente esaurienti. Coprono, in linea di massima, tutti i nostri bisogni umani: materiali (pane quotidiano), spirituali (perdono dei peccati) e morali (liberazione dal maligno). Perciò, quando eleviamo questa preghiera, stiamo esprimendo la nostra dipendenza da Dio in ogni area della nostra vita umana. Inoltre il cristiano trinitario vedrà in queste tre petizioni una velata allusione alla trinità, poiché è tramite il creato del Padre e la sua provvidenza che riceviamo il nostro pane quotidiano, è per la morte espiatoria del Figlio che possiamo essere perdonati ed è per la potenza dello Spirito che dimora in noi che siamo liberati dal maligno. Non c’è da stupirsi se alcuni antichi manoscritti (sebbene non i migliori) concludano questa dossologia attribuendo «il regno e la potenza e la gloria» a questo Dio trino al quale appartengono, e soltanto a lui.
Gesù dunque pare aver offerto il Padre Nostro come modello per la preghiera vera, la preghiera cristiana, a differenza delle preghiere dei farisei e dei pagani. Certamente si potrebbe recitare la preghiera del Padre Nostro in modo ipocrita o meccanico o entrambe le cose. Ma se crediamo a quello che diciamo allora questa preghiera è l’alternativa divina a entrambe le forme di falsa preghiera. E non credo sia eccentrico vedere una tale alternativa in entrambe le parti della preghiera.
L’errore dell’ipocrita è l’egoismo. Persino nelle sue preghiere egli è ossessionato dalla propria immagine e dal come appare agli occhi dell’osservatore. Ma nella preghiera del Padre Nostro i cristiani sono ossessionati da Dio, dal suo nome, dal suo regno e dalla sua volontà, non dalla propria. La preghiera del vero cristiano ruota sempre intorno a Dio e alla sua gloria. È dunque l’esatto contrario dell’esibizionismo degli ipocriti che usano la preghiera come veicolo per la propria gloria.

(p. 184)

L’errore del pagano è l’incuranza. Continua a blaterare dando voce alla sua liturgia senza senso. Non pensa a ciò che dice, perché la sua preoccupazione è il volume, non il contenuto. Ma Dio non è colpito dalla prolissità. Di fronte a questa follia Gesù ci invita a rendere noti i nostri bisogni al nostro Padre celeste con umile raccoglimento, esprimendo così la nostra quotidiana dipendenza da lui.
La preghiera cristiana, dunque, è vista in contrasto alle sue alternative non cristiane. È Dio–centrica (interessata alla gloria di Dio) al contrario di quella egocentrica dei farisei (preoccupati della propria gloria). Ed è intelligente (cioè esprime una dipendenza ponderata) al contrario degli scongiuri meccanici dei pagani. Quando andiamo a Dio in preghiera non lo facciamo in modo ipocrita come attori che cercano l’applauso degli uomini né in modo meccanico come pagani chiacchieroni la cui mente non è nei loro borbottii, ma in modo ponderato, umile e fiducioso come dei bambini che vanno al padre.
Si vedrà che la differenza fondamentale tra i vari tipi di preghiera è nelle immagini di Dio fondamentalmente diverse che si celano dietro a esse. Il tragico errore dei farisei e dei pagani, degli ipocriti e degli idolatri, giace nella loro falsa immagine di Dio. Infatti nessuno appartenente alle due categorie pensa affatto a Dio, poiché l’ipocrita pensa soltanto a se stesso mentre il pagano pensa ad altre cose. Che tipo di Dio potrebbe essere interessato a tali preghiere egoistiche e distratte? Dio è forse un prodotto che possiamo usare per promuovere il nostro status o un computer in cui possiamo introdurre dati in modo meccanico?
Ci allontaniamo da queste nozioni indegne e ci rivolgiamo con sollievo all’insegnamento di Gesù che Dio è il Padre nostro nei cieli. Dobbiamo ricordare che egli ama i suoi figli con l’affetto più tenero, che vede i suoi figli anche nel segreto, che conosce i suoi figli e tutti i loro bisogni prima che glieli chiedano e che agisce in favore dei suoi figli con la sua potenza celeste e regale. Se dunque permettiamo alla Scrittura di modellare la nostra immagine di Dio, se rammentiamo il suo carattere ed esercitiamo la sua presenza, non pregheremo mai

(P. 185)

con ipocrisia ma sempre con integrità, mai meccanicamente ma sempre in modo riflettuto, da figli di Dio quali siamo.

(P. 186)

Chi è John Stott?