Una memoria che fa giustizia: i 500 anni di storia dell’Anabattismo

Tratto dal libro:
Cinquecento anni dal movimento anabattista (1525-2025)
Una storia da ricordare, un’eredità da vivere e condividere

Mi chiamo Conrad Grebel e quel che sto per raccontarvi ha cambiato radicalmente la mia vita e la vita di tutti i miei fratelli e le mie sorelle. Era la sera del 21 gennaio del 1525 ed eravamo a casa di Anna Felix a Neustadtgasse, a pochi passi dalla cattedrale di Grossmuenster. Troppo vicina per non sentire sulle nostre spalle il peso enorme di una decisione che, quella sera, stavamo da lì a poco per prendere: celebrare dei battesimi di credenti. Mi alzai in piedi, poggiai la Bibbia sulla sedia accanto, mi schiarii più volte la voce. Erano state giornate movimentate. Avevamo parlato tanto, in alcuni casi avevamo persino gridato per difendere le nostre idee con colui che fino a poco prima era stato il nostro maestro, Zwingli. Ma lui aveva il Consiglio comunale dalla sua parte, entrambi interessati più all’ordine pubblico che alla verità.
Gli altri presenti in quella stanza si voltarono verso di me. Io mi schiarii la voce ancora una volta. «Anna, prima di tutto grazie per la tua ospitalità e il brodo era veramente squisito». Tossii. Anna Mantz, sorridendo, mi disse: «Sono ben felice di ospitarvi a casa mia e la mia porta è sempre aperta». Al centro della stanza c’era una stufa a legna da poco accesa
Io restai in piedi, nonostante la pesantezza che sentivo alle gambe e iniziai a pregare: «Signore, mostraci qual è la migliore cosa da fare. Tu conosci i nostri timori e le nostre incertezze. Ma tu, Signore, ci hai dato in mano il tuo libro, la Bibbia, e noi l’abbiamo letta e ci siamo accorti delle nostre mancanze. Aiutaci a esserti fedeli, anche se questa fedeltà ci costerà il prezzo della croce. È nel nome di tuo Figlio, Gesù Cristo, che ti prego. Amen». Seguì un lungo silenzio e io tornai a sedermi. L’eco delle ultime parole di Zwingli, dopo la disputa sul battesimo che si era tenuta qualche giorno prima, ancora risuonava nelle mie orecchie: «Che intenzioni avete? Volete dividere la Chiesa?». George Blaurock  si alzò. Si aggiustò alla meno peggio nel suo enorme cappotto blu e, con voce sonante – non a caso era chiamato “Giorgio il forte” –, scandendo ad una ad una le sue parole, disse: «Ma quali dubbi? Cosa c’è di più chiaro? Trovatemi un solo passo nella Bibbia in cui il battesimo viene amministrato a un bambino appena nato. Che cosa ci insegnano le parole di Cristo: Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato (Mc 16:16)? Io stasera non torno a casa se prima non sarò stato battezzato».Si sentirono più voci accavallarsi: sì, è vero, ha ragione il fratello George; sì, è proprio così che Cristo dice; ben detto fratello… «Silenzio», dissi, «silenzio», ripetei «dobbiamo esprimerci tutti e soltanto quando tutti avranno preso la parola, decideremo cosa fare». Anna, la più anziana del gruppo, parlò per prima: «Noi non possiamo ignorare il comandamento di Gesù Cristo. Io sono pronta. E sono certa che anche tutti gli altri, come me, lo sono. Vero?». Non aveva ancora pronunciato per intero la parola ‘vero’ che si era girata prima alla sua sinistra e da lì velocemente aveva guardato tutti noi negli occhi fino a fermarsi alla sua destra, lì dove era seduto Johann Broetli.Broetli si sentì interpellato da quello sguardo di Anna e disse la sua. Gli altri lo seguirono. Parlarono tutti e tutti furono concordi. Mi alzai in piedi nuovamente, sentii una misteriosa forza nei muscoli delle mie gambe, chiesi a Felix Mantz di portarmi una brocca d’acqua e un catino. Ci inginocchiammo e pregammo tutti, chiedendo a Dio di aiutarci a compiere il suo volere e ad avere misericordia su di noi. Eravamo tutti consapevoli che avremmo sofferto a causa di quel gesto. Dopo la preghiera, Blaurock si alzò e mi chiese di essere battezzato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Quella sera fummo in quindici a battezzarci e da quella sera nulla fu più come prima.

 

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