Entropia genetica (Lunedì Letterario)

Lunedì 23 Aprile 2018

 

J.C. Sanford, Entropia Genetica, AISO, 2017, tit. or. Genetic Entropy, FMS, USA, 2014, 4th edition

Provando a digitare su un motore di ricerca J C Sanford, uno dei risultati è la pagina di un forum: Why is someone so smart like John C Sanford who invented the Gene Gun a creationist? A quanto pare essere svegli, furbi e anche creazionisti non si può.

Sanford è uno scienziato creazionista scomodo. Intanto è uno scienziato con credenziali decisamente alte e un lungo e ricco profilo scientifico: professore alla Cornell University per oltre 25 anni, tra i maggiori esperti mondiali di ingegneria genetica, inventore della tecnica e del dispositivo della biolistica, noto come Gene Gun, grazie al quale è diventato possibile inserire Dna estraneo dentro una cellula, e co-inventore della tecnica della resistenza derivata da patogeni e del processo di immunizzazione genetica. In pratica tutta l’ingegneria genetica deve a lui buona parte delle proprie enormi conquiste tecnologiche degli ultimi 30 anni.

John Sanford è uno scienziato scomodo anche perché nella prima parte della sua carriera è stato ateo ed evoluzionista.

Ma poi, egli afferma, approfondendo gli studi sui processi genetici, si è trovato di fronte alla sfida di mettere in discussione gli assiomi fondamentali del darwinismo per cui, lungo un percorso di svariati anni, si è trovato a passare da ateo a teista evoluzionista e poi a cristiano convinto dalle proprie ricerche che le basi delle teorie derivate da Darwin siano fondate sul nulla dal punto di vista sperimentale.

Perché, egli dice, abbiamo davanti due cose, quando parliamo di scienza, la scienza sperimentale e la scienza storica. Facciamo scienza sperimentale quando eseguiamo un esperimento che poi sia ripetibile in altri laboratori e il risultato sia confutabile, verificabile, falsificabile.

Quando invece, a partire da un fatto, da una realtà presente e sotto i nostri occhi, procediamo per inferenze e ipotesi, ricostruendo il passato, descrivendo eventi e processi che non possiamo riprodurre né più osservare, allora facciamo scienza storica. E facendo quella, se siamo troppo concentrati sulle nostre ipotesi e credenze, a forza di procedere per deduzioni, il rischio che dalla historical science finiamo nella science fiction è alto.

Ad esempio, per tornare a quella pagina del forum che ha deciso che non si possa essere creazionisti e anche intelligenti, tra le diverse critiche dei vari utenti esperti, si trova quella di chi inveisce contro la cecità dei creazionisti, perché l’evoluzione è sotto i nostri occhi: li vedi un chihuahua e un alano? quella è evoluzione.

Come se mai ci sia stato da qualche parte un creazionista che abbia negato il fatto evidente che tutte le diverse razze di canidi siano il risultato di processi di adattamento a condizioni e ambienti diversi di quello che è stato un antenato canide comune. Ma poi, procedere ancora indietro, dal canide al roditore, al rettile, all’animale acquatico, al vegetale, al protozoo, all’organismo unicellulare è tutt’altro percorso e ben diversamente evidente.

Genetic Entropy, pubblicato per la prima volta nel 2005, è il risultato di lunghi anni di ricerche nel campo della genetica e della bioinformatica. La tesi fondamentale, che Sanford espone per tutta l’opera attraverso grafici, statistiche, argomentazioni teoriche, esempi pratici è che il corredo genetico di un organismo, con il passare del tempo e delle generazioni, è soggetto ad un processo di graduale e inesorabile degenerazione dovuta all’accumularsi continuo di mutazioni le quali sono tutte negative, al massimo neutrali o quasi-neutrali. La percentuale di mutazioni che abbiano effetti positivi è talmente bassa da essere trascurabile.

La legge dell’entropia, dell’inesorabile tendenza al caos e al disfacimento, agisce sul genoma, questo dimostra ogni tipo di ricerche ed esperimenti. E dunque, a livello sperimentale, su base genetica, non si trova traccia alcuna dell’assioma primario dell’evoluzionismo, che, cioè, mutazioni casuali e selezione naturale producano aumento di informazioni genetiche e dunque aumento della complessità della vita.

Ogni tipo di esperimenti, al contrario, mostra ampiamente una costante e inarrestabile perdita di informazioni genetiche. Non c’è alcuna evidenza di qualcosa che possa lontanamente dirsi creativo nel processo di selezione naturale. Quello che al più si osserva è il meccanismo di conservazione di cui la vita appare dotato, che permette la neutralizzazione delle mutazioni più dannose e dunque tutto quello che si può dire è che la vita, a livello genetico, risulta strutturata per conservarsi e rallentare il più possibile il processo degenerativo.

Attraverso i diversi capitoli l’A. affronta e demolisce gli assunti fondamentali del dogma evoluzionista e neodarwiniano. Nelle 6 appendici poste dopo i capitoli si confronta direttamente con molte delle possibili obiezioni alle sue ricerche e in fondo esprime chiaramente il fondamento cristiano del suo lavoro.

Nell’ultima appendice affronta la questione della risposta del mondo accademico a questo suo lavoro. Nonostante la richiesta di revisione critica da parte di altri scienziati, l’A. lamenta un sostanziale silenzio.

Ed è certo una cosa notevole, considerando il calibro dell’autore, con più di 70 pubblicazioni scientifiche e diversi brevetti, di certo avrebbe meritato perlomeno una puntuale ed argomentata confutazione, magari anche una stroncatura.

Genetic Entropy è edito da FMS, una organizzazione fondata dallo stesso Sanford e soltanto adesso, nel 2017, ad opera di AISO, Associazione Italiana Studi sulle Origini, abbiamo un’edizione italiana con immutata veste grafica rispetto all’edizione originale.

Praticamente impossibile trovare commenti critici equilibrati: da un lato gli evoluzionisti attaccano duramente il suo lavoro mettendo in dubbio la sua stessa etica e la buona fede, delegittimando e deridendone le tesi (anzi, per la verità, praticamente tutto ciò che si trova di critico è di questo tenore, sono pochissime le puntuali e argomentate confutazioni); dall’altro versante coloro che hanno convinzioni creazioniste, salutano Genetic Entropy come una tra le più potenti e lampanti demolizioni del dogma neodarwinista, l’opera più illuminante.

Così ci troviamo in questo nostro tempo, le argomentazioni di coloro che si dichiarano sostenitori di un punto di vista scientifico, razionale, sono della stessa natura di quelle di seguaci, estremisti, fedeli, cariche, cioè, di personalismi, di emotività, di espressioni ricorrenti e stereotipate, degne di una qualsiasi corrente religiosa.

Per di più gli ambiti di indagine di tanta scienza sperimentale sono diventati talmente distanti dalla possibile percezione del sentire comune (ad esempio la genetica e il suo mondo di dimensioni infinitesimali) da essere di fatto accessibili ad una cerchia ristrettissima di persone, come sacerdoti o profeti in contatto con il trascendente, le quali affermazioni, contrariamente a quello che dovrebbe essere la scienza, possono soltanto essere accolte o rigettate con un gesto, che non può essere chiamato altrimenti che fede.

Daniele Mangiola | 23.04.2018

Dirs Gbu