L’Evangelo a Roma
(La Vedetta cristiana, 1–15 Ottobre 1870)
[Nel mentre il mondo protestante esultava per la Breccia di Porta Pia – 20 Settembre 1870 –, immaginando grandi conquiste per il protestantesimo e la caduta del Papa, si levava una voce di precauzione, che invitava tutti a fare attenzione]
Roma è libera: essa è aperta a tutti gli uomini e a tutte le cose, ai credenti ed agli atei, al bene e al male, alla verità e all’errore, alla luce ed alle tenebre, alla vita ed alla morte. È aperta la gran Babilonia onde gli uomini facciano colà prova del loro senno o della loro stoltizia; edifichino cose buone ovvero travolgano in rovina ogni cosa cara e diletta alla patria e all’avvenire eterno dell’anima. È aperta la Roma dell’apostolo Paolo, acciocché i servitori del Signore facciano di nuovo echeggiare nel cuore di Roma i soavi concenti dell’Evangelo della Grazia di Dio.
Fratelli, con quale spirito andrete voi a Roma per annunziare l’evangelo? – Non siate precipitosi nel decidervi, non correte all’impazzata, non siate animati dal vano proposito di essere i primi a portare l’evangelo ai Romani: – ma raccoglietevi piuttosto in voi stessi, mettetevi alla presenza del Signore, e investigate il carattere, i sentimenti e le affezioni dello spirito che è in voi. Voi lo sapete: da qualche tempo si è buttata via l’aurea semplicità cristiana per parere alcunché davanti agli uomini; ma questi scandalizzati dalla boria e dalla vanità, che par persona si sono ritratti da Cristo!
Voi lo sapete, da qualche tempo i vincoli di pace e di carità fraterna sono stati rigettati, per unire invece i Cristiani con catene umane di forme e di parole, con catene di carta e di carne! Voi lo sapete, da qualche tempo non è più lo Spirito di Dio, Spirito di pace e di grazia che anima alcuni evangelizzatori! Voi lo sapete: da qualche tempo non è Gesù Cristo ed esso crocifisso che si predica, ma la controversia clamorosa e beffarda i principi, le divisioni! Voi lo sapete: da qualche tempo, non è più la fede, potenza di Dio, che si annunzia ma la Fede e l’uomo, la fede e i principi, la Fede e la nostra Chiesa, e questa confusione sgomenta e fuga le anime da Cristo! Umiliamoci dunque sotto la potente mano di Dio, deponiamo ogni fascio ed ogni risentimento, le gelosie, le risse e le maldicenze; torniamo tutti alla primiera semplicità, torniamo al primiero amore, ricacciamo nell’ombra e principi e forme umane e ripieni di Spirito Santo e di fede, ognun di noi, che si sente chiamato a quell’opera, innalzi il grido di Paolo: «Io son presto ad evangelizzare eziandio a voi che siete a Roma. Perciocché io non mi vergogno dell’Evangelo di Cristo conciossiaché esso sia la Potenza di Dio in salute ad ogni credente: al Giudeo imprima poi anche al Greco.
Perciocché la giustizia di Dio è rivelata in esso di fede in fede secondo che egli è scritto: E il giusto vivrà per fede» (Rom. I, 15-17).
Ma se alcuno andrà a Roma per predicare la sua chiesa, i suoi principi, le sue forme, e cambierà la cattedra della Verità in una cattedra di maldicenze contro il Papa, i preti, i frati ec. la provincia romana diventerà campo di contenzione clamorosa come avvenne nell’Italia centrale e nella meridionale: – dopo un breve rumore gli uditori spariranno come pula sospinta dal vento, e gli evangelizzatori che sciupano e disertano il ricco campo della Grazia dovranno uno stretto conto del loro operato carnale davanti al tribunale di Cristo.
Scegliete!
E sappiate che con voi andranno a Roma coloro che predicano Cristo e le opere, Ia giustificazione per fede e per le opere e storcendo il senso del Vangelo rinverziranno la vecchia dottrina romana che è poggiata sulla fede carnale e le opere della carne. Operai del Signore, rammentatevi che sta scritto: «Voi, siete salvati pet la grazia mediante la fede; e ciò non è da voi, è il dono ci Dio. Non per opere, acciocché niuno si glori» (Ef, II 8, 9).
Vi andranno di quelli che annunziano Cristo e la salvazione universale. Prendete guardia di non cadere in quest’arminianismo che rende nulla la predicazione della fede, nulla l’opera di Cristo. A chi vi parla di salute universale rispondete con le parole di Gesù: «Chi ode la mia voce e crede a colui che mi ha mandato, ha vita eterna, e non viene in giudicio» «Chi non crede al Figliuolo, non vedrà la vita, ma l’ira di Dio dimora sopra lui» (Giov. III. 36).
Vi andranno di quelli che non credono che Gesù è Dio manifestato in carne, e copriranno il
desolante ateismo del loro cuore con parole vaporose, acciocché i peccatori non abbiano vita, – Ia Vita eterna – la Vita di Gesù ch’è Dio; e così restandone privi, restano altresì ne’ loro peccati, continuando a camminar nelle tenebre, e a vivere la vita diabolica del Serpente! Combattete quest’eresia rammentandovi che nel principio il, Verbo era, e il Verbo era appo Dio, e il Verbo era Dio … E il Verbo è stato fatto carne (Gio. I, 1–14).
Vi andranno coloro che non credono alla punizione eterna, e conseguentemente, annullano l’opera dell’espiazione, espongono al ludibrio di Satana il giudicio di Dio, disprezzano il sangue del patto eterno! Rammentatevi che la Parola parla del fuoco eterno (Matt XVIII, 8) delle pene eterne (ibid. XXV, 46), del fuoco inestinguibile (Mar IX, 43) dell’eterno giudicio (Ibid. III, 29), della pena e perdizione eterna (2 Tess. I, 9), di legami eterni (Iuda 6), e combattete l’eresia con la parola della Vita.
Che il Signore vi renda dunque savi e prudenti, vi fortifichi nella grazia acciocché sappiate soffrire, come buoni guerrieri di Gesù Cristo. Rammentatevi che: niuno che va alla guerra s’impaccia nelle faccende della vita, acciocché piaccia a colui che l’ha, soldato. Rammentatevi di tagliar dirittamente la parola della verità; di schifare le profane vanità di voci (2 Tim. II); e specialmente rammentatevi che tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati (ibid. III, 12).
(Teodorico Pietrocola Rossetti ?)
Aveamo di già composto il, precedente articolo quando ci giunse la lettera seguente che di
gran cuore pubblichiamo. Essa segna una bella data nella Storia della Chiesa Cristiana in ltalia:
addi 30 settembre l870, per la prima volta, alcuni convertiti italiani si riunirono a ROMA per adorare il Signore in Ispirito e Verità.
DOPO TANTI SECOLI
(Mantova 5 ottobre 1870)
L’anfiteatro di Flavio che fu infiammato col sudore e col sangue di tanti poveri schiavi e martiri cristiani, che ha servito di teatro a tante scene del più orribile e barbaro strazio de’ medesimi, fatto dalle belve, davanti agli ammolliti ma feroci idolatri romani, «dopo tanti secoli» è stato testimonio d’un fatto che merita d’esser registrato nella storia delle conquiste della verità sull’errore, «dell’adorazione di Dio in ispirito» (Gioa, w, 2O a 24).
Un fratello che fu qui a Mantova per qualche tempo, mi scrive da Roma. in data delli 30 settembre: «A riguardo dell’Evangelo le dirò che, Dommica p.p. ci siamo raunati in sei o sette di noi nel grande Anfiteatro di Flavio (Colosseo), e là abbiamo passato circa due ore nella lettura della Parola di Dio, in preghiere, orazioni e ringraziamenti al Signore pe’ grandi benefici che Egli si compiace impartirci, e così dopo tanti secoli, anche qui, in questa grande Babilonia abbiamo potuto per la prima volta, Domenica scorsa, innalzare le nostre preci all’Iddio vivente, in ispirito e verità…., ne sia dunque lodato e ringraziato Iddio, di questo grande ed impareggiabile benefizio!
Questo fatto, nella sua semplicità, per la circostanza in cui succede, io lo credo fecondo di profonde meditazioni, di molti ammaestramenti e di molto conforto.
È un conforto pe’ cristiani il vedere che, quantunque gli uomini si servano delle armi carnali, pur tuttavolta trionfarono su Roma i soli principi dell’Evangelo. Poiché, possiamo dire che quelle parole: «Rendete a Cesare ciò che è di Cesare» ricevettero dai Romani, a loro insaputa; il più splendido adempimento che mai siasi veduto. Ebbene, poco prima, quei sei o sette fratelli nel Colosseo avevano di già eseguito il compimento della frase del Signore Gesù, «rendendo a Dio ciò che è di Dio» (Matteo XXII, 21). Se dunque sono i principi dell’Evangelo che trionfarono su Roma, speriamo che saranno ancora gli stessi principi che trionferanno di Roma, in Roma.
(Carlo Zanini)
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