Articoli

Condividere con le altre specie la vita e l’adorazione

di Andrew Shepherd
(tr. di Claudio Monopoli | Foto di Gabriele Magnano)

Oggi è impossibile evitare le notizie che ogni giorno descrivono in dettaglio gli impatti negativi che l’attività umana ha sul pianeta. Dalle montagne più alte alle profondità dell’oceano, nessun luogo della terra appare incontaminato[1]. Nel corso della nostra breve storia come specie abbiamo modificato e trasformato l’ambiente che ci circonda – dalla caccia, che ha portato all’estinzione varie specie animali, all’emergere dell’agricoltura circa 12–15.000 anni fa, fino ad arrivare negli ultimi cinquant’anni allo sviluppo di megalopoli. Ma ora, che sia invisibile all’occhio nudo – come i livelli in rapido aumento delle emissioni di gas serra nell’atmosfera – o chiaramente visibile – come l’onnipresente plastica nei nostri corsi d’acqua, oceani e lungo le coste – è evidente che la nostra relazione con il resto del creato sia terribilmente distorta. La nostra azione di distruzione degli habitat e di inquinamento del suolo, dei corsi d’acqua, degli oceani e dell’atmosfera sta contribuendo direttamente a un drammatico tramonto di altre specie[2]. L’Homo sapiens sta distruggendo il tessuto stesso della vita: siamo la causa primaria della sesta grande estinzione di massa attualmente in corso[3].

Cosa pensa il Dio che professiamo di adorare riguardo a questo cataclisma ecologico? Quale dovrebbe essere la nostra risposta come seguaci di Gesù a questa enorme perdita di biodiversità?

Di fronte a questa minaccia esistenziale, gran parte della teologia è spesso completamente antropocentrica. Abbiamo sviluppato teologie “ultraterrene” in cui le altre specie e l’ordine creato sono visti semplicemente come sfondo per quello che è concepito come l’evento chiave: la relazione di Dio con l’Homo sapiens. Ma la nostra specie è davvero ancora il centro della storia della relazione di Dio con tutta la creazione? Scavando più a fondo nella Scrittura e nella tradizione cristiana e impegnandoci con le scoperte della scienza contemporanea ci rendiamo conto che potremmo aver arrogantemente sopravvalutato noi stessi e sottovalutato il significato delle altre creature.

Creature come noi

Che Dio abbia un profondo amore per tutto il creato è evidente dal racconto iniziale della creazione che contiene l’affermazione, ripetuta sette volte dal Creatore, della “bontà” della creazione stessa (Gen 1:2–23a). Poco oltre, nel racconto del diluvio universale (Gen 6––9), Noè ubbidisce al Signore e costruisce un’arca per garantire la conservazione della biodiversità di fronte al conseguente “assorbimento della vita” (7:23). Mentre l’amore del Creatore per tutto ciò che è stato creato è chiaro, fino a che punto le creature di Dio rispondono a questo amore? Qual è la natura della relazione che la miriade di creature ha con il suo Creatore?

Attraverso i recenti progressi della scienza ora sappiamo che condividiamo tra il 96 e il 99% dello stesso DNA dei nostri parenti più stretti, scimpanzé, bonobo e gorilla. Oltre a questa somiglianza genetica, la ricerca dei comportamentisti animali sta abbattendo il muro concettuale che abbiamo eretto tra noi stessi e le altre creature. Di quest’ultime, lungi dall’essere macchine che agiscono solamente per istinto, automata, incapaci di provare dolore, come tristemente affermato da René Descartes, stiamo progressivamente scoprendo la profondità della vita interiore. Le prove che queste provino una serie di emozioni – dolore, gioia, sofferenza, appagamento, rabbia, depressione e solitudine – continuano a crescere. Molte delle azioni che attribuiamo in modo univoco agli umani ­– pianificazione e cooperazione, inganno, altruismo, lutto, perdono, rancore, pace, umorismo – sono evidenti anche in altre specie[4].

Le creature portate alla vita dal soffio vitale di Dio

Anche la Scrittura dipinge le altre creature non come automi né come figure piatte simili a cartoni, ma piuttosto come esseri dotati di dinamicità, con un’identità, un organismo e con capacità di relazione con il loro Creatore. L’immagine così evocativa, usata in Genesi 2:7, del Signore Dio che respira la vita nelle narici di ̓ādām, la creatura terrestre, viene ripetuta più volte in tutto l’Antico Testamento[5]. Il salmista, osservando tutte le creature plasmate tramite la saggezza di Dio, attinge alle immagini del respiro/Spirito[6] di Dio che si libra sulle acque del creato (Gen 1:2), e scrive:

Tu nascondi la tua faccia, e sono smarriti;
tu ritiri il loro fiato e muoiono,
ritornano nella loro polvere.
Tu mandi il tuo Spirito e sono creati,
e tu rinnovi la faccia della terra
(Salmo 104:29–30)

Le Scritture testimoniano che la vita di tutte le creature dipende da questo respiro vitale (ruach) di Dio. Qoelet, l’autore di Ecclesiaste, comprese che la vita e il destino dell’uomo sono indissolubilmente legati alla vita di altre creature. Di fronte alla fragilità e alla natura transitoria della vita umana, ha sottolineato che non dovremmo considerarci di tanto superiori, ma dovremmo ricordarci che anche noi siamo animali.

Io ho detto in cuor mio: «Così è a causa dei figli degli uomini, perché Dio li metta alla prova, ed essi stessi riconoscano che non sono che bestie». 19 Infatti, la sorte dei figli degli uomini è la sorte delle bestie; agli uni e alle altre tocca la stessa sorte; come muore l’uno, così muore l’altra; hanno tutti un medesimo soffio, e l’uomo non ha superiorità di sorta sulla bestia; poiché tutto è vanità. 20 Tutti vanno in un medesimo luogo; tutti vengono dalla polvere, e tutti ritornano alla polvere. 21 Chi sa se il soffio dell’uomo sale in alto, e se il soffio della bestia scende in basso nella terra?  (Eccl 3:18–21).

 

Le creature come agenti di Dio

Non solo condividiamo con le creature lo stesso respiro/Spirito che anima la vita, ma la Scrittura mostra come anche gli animali siano agenti della grazia di Dio e messaggeri del giudizio di Dio. In 1 Re 17:1–7 il profeta Elia annuncia al re idolatra Achab l’inizio di una siccità. Fedele nel pronunciare il giudizio di Dio, lo stesso Elia deve comunque affrontare personalmente le conseguenze di questa siccità. Sorprendentemente, sono i corvi, animali impuri per la legge, che diventano agenti della grazia di Dio, fornendo a Elia un pasto mattutino e serale. Allo stesso identico modo, un altro dei profeti di Dio diventa il destinatario delle azioni salvifiche di una creatura animale. Israele, un popolo di terra nutriva una profonda antipatia per i mari. Ciononostante, Giona, piuttosto che dirigersi a Ninive, la capitale dell’impero assiro, per annunciare la parola di Dio, che percepisce come una certa condanna a morte, sceglie il terrore del mare. Gettato in mare, è una creatura delle temute acque profonde che inghiotte Giona, salvandolo così dall’annegamento. Contrariamente a Giona, il grande pesce è poi obbediente a Dio, e restituisce Giona alla sua vita terrestre per ricevere di nuovo le istruzioni del Signore.

In un altro episodio comico è un fedele asino che salva il suo proprietario – l’indovino Balaam – dall’angelo dell’Eterno che brandisce una spada. Convocato da Balak per maledire gli Israeliti, Balaam batte il suo asino, ignaro che l’improvviso cambio di direzione dell’animale lo stia salvando dal pericolo invisibile del giudizio dell’Eterno. Donatagli la parola, l’asino supplica la sua innocenza. La sua testimonianza è confermata dall’angelo dell’Eterno che annuncia che se non fosse stato per l’intervento del suo asino, Balaam sarebbe stato abbattuto. Smontato dall’asino e dalla sua posizione elevata, Balaam è costretto a stare accanto alla sua creatura e, fermo e silenzioso, è tenuto ad ascoltare di nuovo le istruzioni che finora non ha completamente rispettato (Nm 22:1–35). Vale la pena riflettere a quanto spesso noi, come Giona e Balaam, trascuriamo o ignoriamo le modalità in cui le creature che ci circondano diventano messaggeri di grazia e agenti di liberazione. Superare una visione del mondo antropocentrica richiede che, come Balaam, non sediamo, metaforicamente, dall’alto del nostro cavallo (asino).

 

Le creature richiedono la nostra attenzione

Nella tradizione cristiana è diventato comune parlare dei due libri della rivelazione di Dio, ovvero quello della creazione e quello della Scrittura. Tuttavia, ascoltare ciò che il libro della creazione ci sta dicendo, in particolare attraverso le espressioni dei nostri simili, richiede una nuova postura, quieta, caratterizzata da umiltà e attenzione per imparare e correggere ciò che è sbagliato. Giobbe, avendo sperimentato tremende avversità, si ritrova circondato da amici, che seppur con buone intenzioni, spiegano che la causa del suo dolore è la colpa inconfessata. Giobbe difende la sua innocenza, invitando le altre creature a difendere la sua giustizia, e invita i suoi amici consiglieri ad imparare anche da queste (Gb 12:7–10). Più tardi, Giobbe stesso è costretto a seguire il suo consiglio. Sopraggiunge una voce proveniente da un turbine: l’Eterno, interroga Giobbe, offrendo una descrizione dettagliata della complessità e del mistero della creazione (Gb 38––41). Di fronte alla travolgente meraviglia di un ecosistema pieno di vita dinamica di cui egli stesso è parte, e dal quale non può prescindere, Giobbe confessa umilmente: “Il mio orecchio aveva sentito parlare di te ma ora l’occhio mio ti ha visto.” (Gb 42:5). Non è un caso che in seguito, un altro individuo ubbidiente e giusto, Gesù, impartirà le stesse istruzioni ai suoi discepoli, chiamandoli a “considerare” (osservare, prestare attenzione a) il comportamento virtuoso dei corvi[7].

Tuttavia, oltre a incontrare Dio anche attraverso la contemplazione della creazione, cosa potrebbe significare porre attenzione ulteriormente al mondo delle altre creature e comunicare direttamente con loro? Spesso capita quotidianamente di parlare con altre creature – si pensi alle interazioni con gli animali domestici – ma fino a che punto ascoltiamo sinceramente le loro voci? La nostra incapacità di farlo sembra legata (1) all’assunto cartesiano secondo cui solo gli umani possiedono il linguaggio e, (2) a un malinteso su quale sia lo scopo principale del linguaggio. Ormai sembra che le prove stiano confutando il concetto che solo gli umani comunichino attraverso la lingua, tuttavia tendiamo comunque ancora a concepire il linguaggio in modo autoreferenziale: la lingua, crediamo che ci dia la capacità di rappresentare e interpretare il mondo che ci circonda. Se da una parte questo è vero, non è tuttavia lo scopo principale del linguaggio. Finora ho tracciato i seguenti temi: a) il respiro/Spirito che anima noi e la matrice della vita sulla Terra, e b) il linguaggio che piuttosto che distinguerci da altre creature è un’attività reciproca che collega noi agli umani, ad altre specie e  a Dio. Queste tematiche sono intrecciate in un passaggio poetico del filosofo ambientalista David Abram:

Il linguaggio orale si diffonde dentro di noi – le nostre frasi risuonano per la stessa aria che nutre i cedri e gonfia i cumuli. Distesi e immobilizzati sulla superficie piana, le nostre parole tendono a dimenticare che sono sostenute da questa terra spazzata dal vento; iniziano a immaginare che il loro compito principale sia quello di fornire una rappresentazione del mondo (come se fossero al di fuori di questo mondo e non facessero davvero parte di esso). Tuttavia, il potere del linguaggio rimane, in primo luogo, un modo di cantare se stessi a contatto con gli altri e con il cosmo – un modo per colmare il silenzio tra se stessi e un’altra persona, o un orso nero sorpreso, o la luna crescente che si alza come una vela fluttuante sopra il tetto. Che sia suonato sulla lingua, stampato sulla pagina o luccicante sullo schermo, il dono principale della lingua non è di riproporre il mondo che ci circonda, ma di chiamarci alla presenza vitale di quel mondo – e alla presenza profonda e attenta l’un con l’altro[8].

Condividiamo, con le altre creature, diverse quantità dello stesso codice genetico, lo stesso respiro che anima la vita e, con molti, la capacità di linguaggio. E se da un lato la lingua ci convoca in una “presenza profonda e attenta l’un con l’altro“, essa ha una funzione ancora maggiore. Teologicamente, lo scopo principale del dono del linguaggio è quello di assistere le creature nella lode del loro Creatore. E, se da una parte possiamo pensare che solo l’umanità si impegna nell’adorazione, la Scrittura sostiene che non è così. Il Salmo 148 ritrae tutta la creazione – esseri angelici, sole, luna, stelle, creature marine e oceani, sistemi meteorologici, paesaggi e alberi di habitat terrestri e tutte le specie selvatiche e domestiche che risiedono in essi – insieme all’umanità, come un’enorme coro che offre la sua lode al Signore. In effetti, il libro dei Salmi si conclude con l’esortazione che tutte le creature offrano il respiro che è stato loro donato per la lode al loro Creatore: “Ogni creatura che respira, lodi il SIGNORE” (Sal 150:6).

 

Le creature come compagni di adorazione

Perciò, il fattore più importante di tutti, la Scrittura, ci ri–direziona e ri–orienta nel concetto che oltre ad essere messaggeri di grazia e giudizio e insegnanti di virtù, le altre creature possono essere compagni di adorazione. Questa immagine di tutte le creature di Dio che adorano il loro Creatore e Redentore raggiunge il suo apice nella visione apocalittica di Giovanni. Quattro creature viventi – simboli di creature selvagge (un leone), animali domestici (un bue), esseri umani e vita aviaria (un’aquila) – si radunano davanti al trono di Dio dichiarando che la vita di tutte le creature deriva dall’iniziativa di Dio (Ap 4:11). La loro ragione di esistere è di dare gloria a Dio. E, mentre l’Agnello di Dio, in piedi accanto al trono, apre la pergamena che dichiara il giusto giudizio, rivendicando il regno dell’amore di Dio, queste quattro creature sono raggiunte da “tutte le creature che sono nel cielo, sulla terra, sotto la terra e nel mare”, da ogni creatura estinta o esistente, nell’offrire lode eterna:

«A colui che siede sul trono, e all’Agnello, siano la lode, l’onore, la gloria e la potenza, nei secoli dei secoli» (Ap 5:13)

Di fronte alla diminuzione della biodiversità ci viene imposto per via di questo amore a proteggere la vita dei nostri compagni coristi affinché le loro voci possano continuare a lodare il loro Creatore.

Domande per la discussione

  1. Leggi il libro di Giona. Quale ruolo gli animali hanno nel piano di Dio in questo libro?
  2. Leggi il Salmo 148 o Apocalisse 4-5, quale ruolo hanno gli animali in questi passi?
  3. Quali esperienze hai avuto nelle quali altre creature sono state messaggeri della grazia di dio o agenti di liberazione/libertà.
  1. Che differenza farebbe concepire le altre creature come agenti di Dio e come compagni di adorazione per la tua vita? Che differenza farebbe per la tua università? Il tuo movimento studentesco? La tua scuola?

 

Letture ulteriori

  • Bauckham, Richard. Bible and Ecology: Rediscovering the Community of Creation. Waco, TX: Baylor University Press, 2010, tr. it.
  • Clough, David L. On Animals: Theological Ethics. 2. London: Bloomsbury, 2019.
  • Clough, David L. On Animals: Systematic Theology. Vol. 1. London: T. & T. Clark, 2012.
  • Deane-Drummond, Celia, and David L. Clough. Creaturely Theology: On God, Humans and Other Animals. London: SCM Press, 2009.
  • Harris, Peter. Kingfisher’s Fire: A Story of Hope for God’s Earth. Oxford: Monarch, 2008.
  • Kolbert, Elizabeth. The Sixth Extinction: An Unnatural History. New York: Henry Holt and Co., 2014.

 

[1] A.J. Jamieson et al. “Microplastics and synthetic particles ingested by deep-sea amphipods in six of the deepest marine ecosystems on Earth” R. Soc. open sci. 6:180667, https://royalsocietypublishing.org/doi/pdf/10.1098/rsos.180667; Heather Saul, “Human waste left by climbers on Mount Everest is causing pollution and could spread diseasesIndependent, 3 March 2015, https://www.independent.co.uk/environment/human-waste- left-by-climbers-on-mount-everest-is-causing-pollution-and-could-spread-diseases-10081562.html.

[2] WWF. 2018. Living Planet Report – 2018: Aiming Higher. Grooten, M. and Almond, R.E.A. (Eds). WWF, Gland,Switzerland, https://c402277.ssl.cf1.rackcdn.com/publications/1187/files/original/LPR2018_F ull_Report_Spreads.pdf?1540487589.

[3] Mentre la popolazione umana di 7,6 miliardi rappresenta solo lo 0,01% di tutte le forme di vita, dal sopraggiungimento dell’Homo sapiens la nostra azione ha portato all’estinzione dell’83% di tutti i mammiferi non addomesticati; l’80% dei mammiferi marini; il 50% delle piante; e il 15% dei pesci. Guarda: Yinon M. Bar-On, Rob Phillips, and Ron Milo (2018), “The Biomass Distribution on Earth” Proceedings of the National Academic of
Sciences 115 (25): 6506-11. Se da un lato l’estinzione è un normale processo evolutivo gli scienziati stimano che il tasso di estinzione delle specie è più alto di 100-10.000 volte rispetto al tasso di estinzione di fondo.

[4][4] Guardare allo studio del primatologo ed etologo tedesco, Frans de Waal, particularly: Our Inner Ape (New York: Riverhead Books, 2005) and Mama’s Last Hug: Animal Emotions and What They Tell Us About Ourselves (New York: W.W. Norton, 2019).

[5] Genesi 6:17; Genesi 7:21-22; Giobbe 12:10, 27:3 32:8,33:4, 34:14-15; Salmi 104:29-30, Isaia 42:5, 57:16

[6] La parola ebraica ruach può essere tradotta come vento, soffio/fiato, o Spirito.

[7] Luca 12:24; guarda Andrew Shepherd, “Being ‘Rich towards God’ in the Capitalocene: An Ecological/Economic Reading of Luke 12.13-34” The Bible Translator (forth.).

[8] Becoming Animal: An Earthly Cosmology (New York: Pantheon Books, 2010), 11, corsivo dell’autore

Andrew Shepherd ha fatto parte del movimento IFES in Nuova Zelanda, Christian Telliary Students (TSCF), dal 1995 al 1999. Negli ultimi due decenni ha lavorato nei settori dell’educazione teologica, ambientale e internazionale e della pratica della conservazione. A Rocha Aotearoa in Nuova Zelanda, fino a poco tempo fa come co–direttore. Ha ricoperto il ruolo di insegnante e ricercatore presso numerosi istituti di istruzione accademica ed è attualmente docente di teologia ed etica all’Università di Otago, in Nuova Zelanda.

C’è speranza per la creazione?

di Las G. Newman

Nel 2010 un professore dell’Istituto di economia e diritto dell’Università della Pennsylvania ha studiato a fondo il problema del riscaldamento globale, una tesi portata avanti da quello che ha definito “l’establishment climatico”, con a capo l’Inter–Governmental Panel on Climate Change (IPCC). Ha accusato l’IPCC e “l’establishment climatico” di mostrare “una tendenza sistematica … a sovrastimare ciò che è effettivamente noto sui cambiamenti climatici, nascondendo al contempo incertezze fondamentali e interrogativi concernenti molti processi chiave coinvolti nei cambiamenti climatici”[1], finendo per sostenere che “praticamente tutte le affermazioni avanzate dai sostenitori del riscaldamento globale non riescono a superare un esame accurato” [2]

Tali opinioni non erano isolate. Poco prima della conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici a Cancun, in Messico, nel 2010, un report specialistico, il cosiddetto “Consensus Buster”, sosteneva che “Più di 1000 scienziati internazionali dissentono sulle affermazioni relative al riscaldamento globale dovuto all’uomo”. Il dossier di 321 pagine avrebbe dovuto “raffreddare ulteriormente gli animi durante il vertice delle Nazioni Unite”. Gli scettici e i negazionisti relativii al clima che hanno redatto il report sostennero che i rapporti dell’IPCC avessero: (a) distorto le prove scientifiche, (b) indotto una sorta di “paura per il clima” e (c) causato uno scandalo nella comunità scientifiche che studiano il clima, scandalo definito “Climategate”.[3]

ECCEZIONALE EVIDENZA SCIENTIFICA
Ora, un decennio dopo, il mondo è allarmato per le schiaccianti prove scientifiche e per l’evidente realtà del riscaldamento globale. È stata dichiarata una “emergenza climatica”. La prova di significative perturbazioni ambientali è ovunque.

• Il 97% degli scienziati mondiali ora concorda sul fatto che il pianeta terra, la sua superficie terrestre, i suoi cieli e gli oceani si stiano riscaldando rapidamente e pericolosamente a un ritmo più veloce del normale.

• Fenomeni quali eventi meteorologici estremi si verificano più frequentemente e con maggiore intensità, provocando inondazioni più distruttive, siccità prolungate, incendi violenti ed estesi, etc.

• L’aumento dell’impatto ambientale derivante dalla crescita della popolazione, dall’urbanizzazione, dall’industrializzazione, dal consumo di energia e dalle emissioni di carbonio, influisce sulla qualità dell’aria, aumenta i rischi di pandemie sulla salute pubblica e minaccia la perdita della biodiversità.

• La scomparsa delle foreste pluviali e la diminuzione della produzione agricola globale hanno aumentato i timori di carenze alimentari globali e aumentano i flussi di rifugiati climatici. Nessuna comunità è al sicuro dalle conseguenze del cambiamento climatico.

DOVREMMO DISPERARE?
A mio avviso, il dibattito sullo stato della terra e sul futuro dell’ambiente sta causando una certa disperazione. Abbondano gli interrogativi. L’attuale vulnerabilità della terra è causata da forze naturali o antropogeniche? La crisi ecologica globale è ciclica, irreversibile e irreparabile? La nostra civiltà, come la conosciamo, è sull’orlo dell’estinzione?[4] Esiste una volontà politica e morale per combattere l’imminente e inevitabile disastro che ci si para di fronte? C’è ancora speranza per la creazione?

Dal punto di vista della Scrittura e della visione biblica del mondo la risposta è decisamente sì, c’è speranza. La speranza cristiana è radicata nel Dio che è il proprietario del pianeta e del mandato biblico per la cura della creazione e per la responsabilità umana. Questa prospettiva ci aiuta ad evitare il fatalismo cristiano, il quale suggerisce che non possiamo fare nulla per evitare o superare la schiacciante sfida posta dal riscaldamento globale e dai cambiamenti climatici.

CHE COSA SIGNIFICA PRENDERSI CURA DELLA CREAZIONE?
Dal mio punto di vista, prendersi cura della creazione equivale a prendere consapevolezza, analizzare e agire verso tutto il mondo che ci circonda. Ciò include l’aria che respiriamo, il cibo che mangiamo, i vestiti che indossiamo, la casa in cui viviamo, il mezzo di trasporto che utilizziamo, etc. Dovremmo prestare attenzione a tutto ciò che nel nostro spazio sostiene la vita e la salute. Gesù ha richiamato l’attenzione sulla creazione come lezione obiettiva sulla vita, la libertà e la ricerca della felicità. “Guardate gli uccelli del cielo e i fiori dei campi” disse Gesù, “non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro?” (Mt 6:26). Dio si prende cura di tutto nella sua creazione, sia esso umano e non umano.

Un promemoria della cura di Dio per la creazione si trova nelle parole di questo inno:

Questo è il mondo di mio Padre,
Gli uccelli innalzano i loro canti,
La luce del mattino, il bianco giglio,
dichiarano le lodi del loro creatore.
Questo è il mondo di mio padre,
Risplende in tutto ciò che è giusto;
Nell’erba frusciante lo sento passare;
Egli mi parla da ogni dove.[5]

Il salmista attira l’attenzione anche sulla creazione come strumento e processo di consapevolezza: “Quand’io considero i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai disposte, 4 che cos’è l’uomo perché tu lo ricordi?” (Sal 8:3-4).

Essere consapevoli della creazione implica non solamente esserne curiosi. Significa porre attenzione agli standard ambientali stabiliti dalla comunità in cui viviamo. Tutti i cittadini dovrebbero sapere cosa ci si aspetta da loro, in quanto tali, mentre abitano e condividono lo spazio comune. Siamo davvero consapevoli di quali siano le leggi relative ai rifiuti, come gestirli, come prenderci cura degli spazi comuni, dei nostri parchi, delle spiagge, dei percorsi naturalistici, dei pendii montani e delle aree appositamente protette? Essere consapevoli significa conoscere anche gli accordi politici globali che mirano a proteggere il pianeta terra e la casa che tutti condividiamo. Ad esempio, sapete cos’è l’accordo di Parigi del 2015, concordato da 194 paesi membri delle Nazioni Unite?[6]

Una cosa è essere osservatori ed essere consapevoli. Un’altra è conoscere i fatti e analizzarli. Gli scettici e i negazionisti sui cambiamenti climatici dichiarano di essere agnostici riguardo a fatti su cui concordano la maggior parte degli scienziati. “Nessuno lo sa davvero”, dicono.[7]

Non possiamo ignorare le prove lampanti relative al riscaldamento globale e ai cambiamenti climatici. Se lo facciamo, è a nostro rischio e pericolo. La realtà richiede un’azione immediata, capacità di adattamento, mitigazione, conservazione, preservazione e prevenzione degli abusi e del degrado ambientale. L’integrità del pianeta rivendica giustizia. Fare giustizia richiede un’azione, incluso la difesa dell’ambiente, la sua protezione e il perseguimento dei crimini ambientali come l’ampia e sfrenata distruzione della foresta pluviale amazzonica.[8]

PERCHÉ DOVREMMO PREOCCUPARCENE?
I cristiani hanno a cuore l’ambiente per tre motivi principali:

UBBIDIENZA A CRISTO
Gesù disse: “Se voi mi amate, osserverete i miei comandamenti” (Gv 14:15). L’ubbidienza a Cristo è fondamentale per la nostra etica cristiana. Come sottolinea Chris Wright, “distruggere la proprietà di qualcun altro è incompatibile con qualsiasi pretesa di amare quella persona”[9]. Come afferma “l’Impegno di Città del Capo”, “Ci interessiamo della terra, dunque, per la semplice ragione che appartiene a colui che chiamiamo Signore”.[10]

UN VANGELO DA PROCLAMARE
Il Vangelo è per l’intera creazione, umana e non umana. L’intera creazione “geme” e brama la redenzione (Rom 8:18–22). In Cristo, “è piaciutoal Padre di far abitare [in lui] tutta la pienezza e di riconciliare con sé tutte le cose per mezzo di lui, avendo fatto la pace mediante il sangue della sua croce; per mezzo di lui, dico, tanto le cose che sono sulla terra, quanto quelle che sono nei cieli.” (Col. 1:19–20).

UN DONO DA CUSTODIRE
L’Impegno di Città del Capo offre una guida chiara su quale sia la responsabilità cristiana nei confronti dell’ambiente. “Un tale amore per la creazione di Dio esige che ci ravvediamo per la parte che abbiamo avuto nella distruzione, nello spreco e nell’in­quinamento delle risorse della terra e per la nostra collusione con l’idolatria tossica del consumismo. Al contrario, ci impegniamo in una pressante e profetica responsabilità ecologica”.[11] “Pressante e profetica responsabilità” significa intraprendere azioni coraggiose e decisive per salvaguardare il benessere dell’ambiente senza tener conto degli interessi acquisiti e delle forze economiche che si confrontano. Le azioni profetiche e audaci nell’attuale crisi ecologica globale rivelerebbero quanto amiamo e onoriamo il Signore della creazione.

PRENDERSI CURA DELLA CREAZIONE SI ADATTA ALLA MISSIONE EVANGELICA?
La cura della creazione si adatta perfettamente alla missione di Dio. Come Creatore del cielo e della terra, Dio stabilisce la sua creazione per rivelare chi è, per offrirre mezzi di lode e per dichiarare la sua gloria fino ai “confini della terra”, in modo che la terra sia piena della conoscenza della gloria del Signore “come le acque coprono il fondo del mare” (Ab 2:14).

Le missioni evangeliche hanno un ruolo fondamentale da svolgere nella cura della creazione. Come le missioni mediche o la Missionary Aviation Fellowship, l’assistenza alla creazione è cruciale. La portata della crisi ambientale globale è enorme e multi–dimensionale. Colpisce la popolazione mondiale che ora supera i sette miliardi di persone. Ecco perché quando oltre 4.200 leader evangelici provenienti da 198 paesi si sono riuniti a Città del Capo, in Sudafrica, nel 2010, per il Terzo Congresso di Losanna, l’attenzione per la creazione era in cima all’agenda. La prima Consultazione, dopo Città del Capo, è stata su Creation Care and the Gospel, e io ero tra i suoi organizzatori. Tale assemblea, svoltasi in Giamaica nel 2012, ha attirato 57 partecipanti da 26 paesi diversi quali India, Argentina, Bangladesh, Benin, Kenya, Uganda, Singapore, Regno Unito, Stati Uniti e Canada. Le risoluzioni, note come Jamaica Call to Action[12], hanno dato vita al Creation Care Network molto attivo che sta attualmente conducendo una campagna globale a favore della cura della creazione.

COSA POSSIAMO FARE?
Come singoli studenti, docenti, personale e laureati, insieme alle nostre comunità e organizzazioni, possiamo fare molto per fronteggiare la sfida ecologica attuale e futura che abbiamo dinanzi. Ecco ciò che possiamo fare.

1. Prenderci cura della vegetazione che ci circonda. Cogliamo ogni occasione per piantare un albero.
2. Creare o partecipare ad associazioni ambientaliste locali, nell’università o nella comunità.
3. Diventare ambientalisti (se non lo siamo già). Risparmiare energia, acqua, rifiuti alimentari, salvaguardare foreste, oceani e altro.
4. Ridurre le spese energetiche. Cercare fonti di energia alternative. Utilizzare l’innovazione tecnologica per nuovi combustibili, elettricità, etc. Eliminare la dipendenza dai combustibili fossili.
5. Smettere di sporcare lo spazio con la spazzatura. Pianificare attentamente lo smaltimento dei rifiuti. Sostenere il divieto di utilizzo della plastica.
6. Lottare contro la deforestazione. Sostenere la protezione e la conservazione delle nostre montagne, fiumi, bacini idrici, zone umide, barriere coralline, coste e spazi verdi.
7. Sostenere eventi di educazione ecologica e le campagne d’azione (ad es. per il divieto di incendi boschivi, un migliore smaltimento dei rifiuti, l’immissione di nuovi alberi, la protezione della fauna selvatica).
8. Preoccuparsi della sicurezza alimentare per chi ne ha bisogno. L’UNFAO avverte di gravi carenze alimentari causate da prezzi del carburante, siccità, inondazioni, nuovi fenomeni meteorologici violenti ed estremi.
9. Promuovere insediamenti umani adeguati e una migliore politica di accoglienza. (Evitare spartiacque, corsi d’acqua, terre paludose e ambienti vulnerabili e fragili.)
10. Sostenere e garantire un trasporto pubblico che dimezzi le emissioni di CO2, migliorarne l’efficienza, migliorare la qualità dell’aria e creare ambienti pubblici più sani.
11. Sostenere i progetti di lotta alla povertà (ad es. per l’acqua potabile, la microimpresa e l’aumento di posti di lavoro).
12. Garantire che l’ambiente, la casa, la chiesa, il posto di lavoro, la comunità vissuta, sia “verde”, efficiente dal punto di vista energetico, salutare per la vita.
13. Partecipare al dibattito su “sviluppo economico vs la protezione dell’ambiente”, dibattito emerso nel vertice Mondiale di Rio del 1992. Cercare di comprenderne i problemi.
14. Assicurarsi che i leader locali e i responsabili delle politiche comprendano i problemi.
15. Accertarsi che tutti capiscano l’urgente bisogno di un’economia con basso consumo di carbone  e di una società più sana, grazie alla riduzione delle emissioni di CO2 e di altri gas a effetto serra.

CONCLUSIONE
In questo momento di emergenza climatica, tutti devono prestare attenzione e agire. Non dobbiamo rifiutare la scienza, in particolare la scienza climatica, senza un’attenta valutazione di grandi dati scientifici globali sottoposti a revisione paritaria. Rifiutiamo le cosiddette “prove alternative” di dubbio valore scientifico che non sono altro che forme mascherate di ideologia politica o opportunità economica. C’è troppo in ballo. L’umanità sta soffrendo. La speranza è necessaria.

Leggiamo le Scritture con un’ottica ecologica. Le Scritture insegnano tanto riguardo alla cura dell’ambiente e alla responsabilità umana. Unisciti al movimento per la cura della creazione. Mentre Dio opera attraverso di noi, aiutiamo a salvare il nostro pianeta e a salvare vite umane.

DOMANDE PER LA DISCUSSIONE
1. Prega o canta il Salmo 8. Quale atteggiamento nei confronti di Dio e della creazione di Dio ti suggerisce questo Salmo?
2. Leggi Jamaica Call to Action. Cosa ti piace di più? Quali azioni puoi sostenere?
3. Guarda l’elenco di “Cosa possiamo fare?” Che cosa farai, come credente e come studente, per prenderti cura della creazione?

Ulteriori letture

  • Bell, Colin. Creation Care and the Gospel: Reconsidering the Mission of the Church. Peabody, Mass.: Hendrickson, 2016.
  • Bloomberg, Michael, and Carl Pope. Climate of Hope: How Cities, Businesses, and Citizens Can Save the Planet. New York: St. Martin’s Press, 2018.
  • Brown, Edward R. Our Father’s World: Mobilizing the Church to Care for Creation. 2nd ed. Downers Grove, Ill.: IVP Books, 2008.
  • “Creation Care and the Gospel: Jamaica Call to Action.” St. Ann, Jamaica: The Lausanne Movement, 2012. https://www.lausanne.org/content/statement/creation-care-call-to- action.
  • “El Cuidado de la Creación y el Evangelio: Llamado a la Acción.” Santa Ana, Jamaica: El Movimiento de Lausana, 2012. https://www.lausanne.org/es/declaracion-de-la- consulta/cuidado-de-la-creacion-llamado-a-la-accion.
  • “Évangile et Protection de l’environnement : Appel à l’Action.” St. Ann, Jamaïque: Le Mouvement de Lausanne, 2012. https://www.lausanne.org/fr/mediatheque/compte- rendu-de-consultation/evangile-et-protection-de-lenvironnement-appel-a-laction.
  • “Global Warming of 1.5oC.” United Nations Intergovernmental Panel on Climate Change, 2018. https://www.ipcc.ch/sr15/.
  • Hescox, Mitch, and Paul Douglas. Caring for Creation: The Evangelical’s Guide to Climate Change and a Healthy Environment. Minneapolis: Bethany House, 2016.
  • “The Cape Town Commitment.” The Lausanne Movement, 2011. https://www.lausanne.org/content/ctc/ctcommitment.
  • Wright, Christopher J. H. The Mission of God: Unlocking the Bible’s Grand Narrative. Nottingham: InterVarsity Press, 2006.

Las G Newman è stato Associate General Secretary di IFES (International Fellowship of Evangelical Students). Ora è Global Associate Director for Regions del Movimento di Losanna. Vive in (lasnwmn@gmail.com.)

Questo articolo è tratto da Word & World (Issue 8, January 2020) – Tradotto e pubblicato con permesso (ifesworld.org/journal)


[1] Jason Johnston, ‘Global Warming Advocacy Science: A Cross Examination’, Faculty Scholarship at Penn Law 315 (2010): 1, https://scholarship.law.upenn.edu/faculty_scholarship/315.

[2] Lawrence Solomon, ‘Legal Verdict: Manmade Global Warming Science Doesn’t Withstand Scrutiny’, Financial Post, 6 June 2010, https://business.financialpost.com/opinion/legal-verdict- manmade-global-warming-science-doesnt-withstand-scrutiny.

[3] ‘More than 1000 International Scientists Dissent over Man-Made Global Warming Claims: Scientists Continue to Debunk Fading “Consensus” in 2008 & 2009 & 2010’ (Climate Depot, 8 December 2010), https://www.climatedepot.com/2010/12/08/special-report-more-than-1000- international-scientists-dissent-over-manmade-global-warming-claims-challenge-un-ipcc-gore-2/.

[4] Guardian Launches New Series The Age of Extinction’, The Guardian, 18 September 2019, https://www.theguardian.com/gnm-press-office/2019/sep/18/guardian-launches-new-series-the- age-of-extinction.

[5] Maltbie Davenport Babcock, 1901.

[6] ‘The Paris Agreement’ (United Nations Framework Convention on Climate Change, 2015),

https://unfccc.int/process-and-meetings/the-paris-agreement/the-paris-agreement.

[7] Carline Kenny, ‘Trump: ‘Nobody really knows’ if climate change is real,’ CNN.com, December 12,

2016, http://www.cnn.com/2016/12/11/politics/donald-trump-climate-change-interview/.

[8] Tom Phillips, ‘Chaos, Chaos, Chaos’: a journey through Bolsonaro’s Amazon Inferno’. The Guardian, September 9, 2019, https://www.theguardian.com/environment/2019/sep/09/amazon-fires-brazil- rainforest.

[9] Christopher J. H. Wright, The Mission of God: Unlocking the Bible’s Grand Narrative (Nottingham: InterVarsity Press, 2006), 414.

[10] L’Impegno di Città del Capo, Part 1, 7a, Edizioni GBU, p. 31 (https://www.lausanne.org/content/ctc/ctcommitment).

[11] Ibid.

[12] ‘Creation Care and the Gospel: Jamaica Call to Action’ (St. Ann, Jamaica: The Lausanne

Movement, 2012), https://www.lausanne.org/content/statement/creation-care-call-to-action.

Tre domande a Roberto Frache sui cambiamenti climatici

Perché i cambiamenti climatici rappresentano oggi un problema che preoccupa la coscienza di una parte di popolazione mondiale?

E’ indubbio che l’ iniziativa di Greta Thunberg ha suscitato un grandissimo interesse, in particolare nei giovani. Non sono un sociologo e, quindi, non mi addentro in ipotesi interpretative ma credo sia legittimo chiedersi come mai, fino ad oggi, tutto questo interesse sia rimasto sopito o, perlomeno, nascosto. Gli allarmi sono stati numerosi e documentati – vedi l’ enciclica papale “Laudato si” del maggio 2015 – ma sembra che non abbiano scosso la maggioranza delle persone. In ogni caso è evidente che la preoccupazione – laddove esiste – è tipicamente egoistica. Infatti non ci si preoccupa tanto dei danni che subisce il nostro pianeta ma del fatto che questi danni perturbano la nostra esistenza in termini di vivibilità, salute, nutrimento. Anche le insegne che abbiamo visto innalzate nei cortei dei giovani erano in genere riferite al diritto di vivere bene  – oggi e domani- su questa nostra terra piuttosto che al rimprovero per le lacerazioni inflitte alla natura. Spero che il seguito di questo movimento possa farmi ricredere da queste  mie posizioni e porti da una responsabile consapevolezza.

 

  1. Che responsabilità ha l’ uomo in questo scenario?

Le variazioni climatiche si sono verificate da sempre sul nostro pianeta. Ci ricordiamo che la Groenlandia deve il suo nome al fatto che nel medioevo si presentava, almeno nella sua parte meridionale, coperta di vegetazione. Ci ricordiamo ancora che, sempre nel medioevo, popolazioni intere – i walser – varcavano le Alpi attraverso, ad esempio, il Colle del Lyss senza grossi problemi.   Il ruolo dell’ uomo oggi, con le emissioni dei gas serra,  ha contribuito ad accelerare i processi fino ad un vicino punto di non ritorno. Occorre purtroppo anche sottolineare il grado di inquinamento – le “isole” di plastica negli oceani ne sono una testimonianza evidente – che l’ uomo ha immesso nel pianeta. Senza dubbio, anche qui, le pulsioni  egoistiche che mirano alla nostra soddisfazione hanno accresciuto il fabbisogno energetico e, conseguentemente, lo sfruttamento delle risorse naturali. A fronte di una necessità energetica per la sopravvivenza calcolata in circa 2500 kcal/giorno, nell’ occidente consumistico ci si aggira su un fabbisogno energetico di circa 80 – 100.000 kcal/giorno. E’ chiaro che questo modello di sviluppo ci porterà alla lunga alla distruzione del pianeta. Mi chiedo, e forse sono anche qui un po’ pessimista, se i giovani siano coscienti di questi fatti e se siano disponibili alle rinunce dolorose ma necessarie. Saremo in grado, ad esempio, di limitare il numero e gli sviluppi di tutti i “marchingeni” elettronici che sembrano ormai delle appendici naturali del nostro corpo?

 

  1. Quale può essere il contributo dei cristiani affinchè il pianeta e le sue risorse vengano tutelate e valorizzate?

Un punto importante penso sia il sottolineare che il pianeta ci è stato dato dal Creatore in qualità di gestori e non di sfruttatori. Tutta la tematica della salvaguardia ambientale andrebbe vista quindi con una  prospettiva teocentrica e non egocentrica. L’ enciclica già citata, molto corretta sia dal punto di vista scientifico che biblico, sottolinea che “… non si può proporre una relazione con l’ ambiente a prescindere da quella con le altre persone e con Dio. Sarebbe un individualismo romantico travestito da bellezza ecologica e un asfissiante rinchiudersi nell’ immanente” . E’ una direzione corretta ma mi chiedo se il nostro mondo “cristiano” conosca e persegua queste affermazioni. Senza dubbio, come cristiani, portiamo delle responsabilità non avendo insegnato e vissuto sufficientemente il rispetto per il creato. La storia mostra come, ad iniziare dagli scritti dei “padri” della chiesa, il pensiero cristiano si sia rifatto a quello greco più che a quello biblico. Così la teologia cristiana del medioevo è stata debitrice alla filosofia greca: sistemi di ascendenza platonica-agostiniana vedevano nella realtà fisica più un impaccio per lo spirito che un dono dell’ amore di Dio; pensieri di ispirazione aristotelica-tomistica sono stati risucchiati da una deriva metafisica che li allontanò sempre di più dai problemi storici in nome di una salvezza astratta. Ancora, la teologia cristiana è stata debole e silenziosa quando, dall’ umanesimo in poi, la cultura occidentale ha ridotto la natura a puro strumento di cui l’uomo è diventato «maitre et  possesseur» come afferma Cartesio alla fine del suo Discours de la Methode. Eppure i testi biblici, dai più antichi (ad esempio: Esodo 13/9; Levitico 25/1-7) sottolineano il rispetto per la terra, i raccolti, gli animali. I Salmi cantano spesso la gioia e la bellezza della natura (Salmo 95 e 98); Gesù ha mostrato in diverse occasioni di essere un appassionato osservatore dei fiori e degli uccelli del cielo (Matteo 6; Luca 12). Abbiamo quindi, come cristiani, delle responsabilità. Oggi, consapevoli di questo, dovremmo essere in prima linea per esprimere e vivere  il rispetto del creato, dono del Creatore, e muoverci in tutte le direzioni  che portano ad una responsabile gestione dell’ ambiente.

Roberto Frache – già Professore Ordinario di Chimica Analitica presso l’ Università di Genova. L’ attività di ricerca ha riguardato la messa a punto di metodiche analitiche per la determinazione e la speciazione di metalli presenti in tracce in matrici complesse come acqua di mare, sedimenti e organismi. Ha inoltre svolto ricerche sull’ ambiente marino con particolare riguardo al Mare di Ross in Antartide. Ha partecipato, spesso come Responsabile scientifico,  a programmi di cooperazione interuniversitaria in Cile. E’ autore di circa 200 pubblicazioni su riviste internazionali  e di numerose Comunicazioni a Congressi nazionali ed internazionali. E’ stato responsabile del Settore Oceanografia Chimica presso il Consorzio CONISMA e Presidente dell’ Associazione Italiana di Oceanologia e Limnologia. Presso l’ Università di Genova è stato Direttore del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale.

Roberto Frache è anche autore per i tipi di Edizioni GBU di Bibbia e scienza, alla ricerca di un equilibrio (1996)