Tre domande a Massimo Rubboli: Riforma protestante e Riforma radicale

1. Il 500° anniversario della Riforma protestante sta per essere archiviato. Se tu dovessi fare un bilancio di tutto ciò che hai visto o di cui hai sentito parlare, cosa penseresti del modo in cui la Riforma è stata ricordata, soprattutto in Italia?

Ora che il tempo delle celebrazioni si avvicina alla fine, penso che sia lecito avventurarsi in un primo tentativo di bilancio, al quale necessariamente dovrà seguire una riflessione più approfondita su questa stagione nella quale alla rievocazione celebrativa si sono affiancatati anche seri tentativi di revisione storica dei vari aspetti della Riforma, come quello – oggetto di un lungo ma sempre vivo dibattito storiografico – sul contributo di Lutero e del luteranesimo successivo alla formazione dello Stato moderno.

Il compito di ricordare al mondo quali fossero il significato e l’eredità della Riforma era stato assunto con largo anticipo dalla Federazione mondiale luterana tramite il Comitato nazionale della Chiesa luterana tedesca o EKD (Evangelische Kirche in Deutschland) che, avvalendosi di cospicue risorse messe a disposizione dal Ministero per la cultura del governo federale (Bundesregierung für Kultur und Medien) e da alcuni Länder, ha finanziato numerosi progetti culturali e il restauro di siti importanti al tempo della Riforma, in particolare a Wittenberg e a Eisenach.

La potente macchina organizzativa ha dato impulso anche a operazioni commerciali secondo le più moderne tecniche di marketing e merchandising. Queste tecniche esigono che tutto ruoti intorno ad un elemento centrale che, in questo caso, non poteva essere che l’ex monaco agostiniano. Si è così assistito ad un proliferare di prodotti enogastronomici e gadgets di ogni tipo (peluche, cioccolatini, giochi, t-shirts, ecc.), tra i quali ha riscosso enorme successo il “Luther Playmobil”, un pupazzetto alto sette centimetri che rappresenta il riformatore con una Bibbia aperta in mano, come nell’austero monumento (una statua di bronzo alta 3 metri e mezzo su una base di granito) collocato a fianco della Marienkirche di Berlino nel 1983, in occasione del V centenario della nascita di Lutero.

In Italia, nel novembre 2016 è stato istituito con decreto ministeriale, su proposta della Fondazione per le Scienze Religiose “Giovanni XXIII” di Bologna, il Comitato Nazionale per la ricorrenza del quinto centenario della Riforma Protestante (1517-2017), presieduto dal prof. Marcello Verga e sotto la responsabilità scientifica del prof. Massimo Firpo, “con il compito istituzionale di promuovere, preparare e attuare le manifestazioni atte a celebrare la ricorrenza” tramite «pubblicazioni, incontri pubblici in Italia e all’estero, giornate di studio ed una rassegna cinematografica», allo scopo «di offrire un contributo scientifico e pluridisciplinare finalizzato a raccontare al mondo contemporaneo la personalità e la figura di Lutero, la sua riforma, il suo percorso nella storia, nella dottrina, nelle istituzioni, nella politica, nell’arte e nella società» (Direzione Generale Biblioteche e Istituti Culturali, MiBACT, http://www.librari.beniculturali.it/opencms/opencms/it/comitati/comitati/comitato_0009.html).

Il Comitato ha erogato finanziamenti per convegni e mostre, come quelle su “La biblioteca di Piero Guicciardini e la Riforma protestante” (3 maggio – 30 giugno 2017), organizzata dalla Biblioteca nazionale centrale di Firenze, e su “Lutero, la Riforma, l’Italia” (31 ottobre – 30 novembre 2017), allestita presso la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino.

Per quanto riguarda il protestantesimo storico italiano, la chiesa valdese ha seguito l’orientamento della chiesa luterana, concentrando l’attenzione su Lutero e sulla Riforma magisteriale.

2. Il tuo contributo alle celebrazioni è stato, tra l’altro, l’allestimento di una mostra dedicata alla Riforma radicale. Cosa puoi dirci in merito, sia di questa espressione della Riforma e del suo impatto sulla storia del protestantesimo e del mondo moderno e sia nei termini della considerazione che essa gode?

Il V centenario dell’affissione delle tesi (un evento quasi certamente mai avvenuto) mi è sembrata un’occasione per ripensare la storia e il contributo della Riforma radicale dalla quale, nonostante la violenta opposizione dei riformatori ‘ufficiali’ e della chiesa cattolica, sono derivati forti impulsi all’affermazione delle più rilevanti conquiste della civiltà europea: la tolleranza, la libertà religiosa e di coscienza, la laicità delle istituzioni pubbliche, i diritti dell’uomo.

Purtroppo, nonostante l’opera di Ugo Gastaldi (Storia dell’anabattismo, 2 voll., 1972 – 1981 Torino) è ancora prevalente un’immagine distorta della Riforma radicale, derivata da due correnti storiografiche.

La prima ha origine negli scritti polemici contro gli anabattisti dei principali riformatori. La rappresentazione che influì maggiormente sulla diffusione di un’immagine negativa degli anabattisti nel mondo protestante si trova negli scritti di Heinrich Bullinger (1504 – 1575), successore di Zwingli alla guida della Riforma a Zurigo e ”architetto” della chiesa riformata; Bullinger faceva appello alle autorità secolari affinché liberassero la Confederazione da questa eresia usando ogni mezzo, anche le esecuzioni pubbliche. Bullinger raccolse i suoi scritti precedenti contro gli anabattisti nel volume L’origine, crescita e sette degli anabattisti (Der Wiedertäufferen Ursprung, Fürgang, Sekten, Zurigo 1560), nel quale collegò la “piaga anabattista” al tradimento e alla sedizione, tracciando una linea di derivazione diretta dell’anabattismo dalla guerra dei contadini e dal “regno anabattista” di Münster. Gli scritti dei riformatori e dei polemisti cattolici hanno esercitato per secoli un’enorme influenza sul giudizio negativo nei confronti della Riforma radicale e, in particolare, degli anabattisti che ha iniziato ad essere seriamente riesaminato soltanto dalle ricerche su fonti archivistiche di fine Ottocento

La seconda risale a uno dei teorici del comunismo, Friedrich Engels (1820-95), che nel suo famoso libro sulla guerra dei contadini in Germania del 1524-25, scritto dopo il fallimento delle rivoluzioni europee del 1848, esaltò la “magnifica figura di Thomas Müntzer” (1489-1525), primo “martire della rivoluzione comunista”, contrapponendolo a Lutero, che “aveva tradito il movimento popolare” diventando un “servo dei principi” (Fürstenknecht) e un “macellaio dei contadini” (Bauernschlächter). L’interpretazione di Engels era stata fortemente influenzata dallo storico hegeliano Wilhelm Zimmermann, che per primo presentò Müntzer come una figura rivoluzionaria in uno studio approfondito della guerra dei contadini (Der grosse deutsche Bauernkrieg, Stuttgart 1841-43). Quest’immagine di Müntzer fu ripresa da studiosi marxisti come August Bebel (1840-1913), Franz Mehring (1846-1919) e Karl Kautsky (1854-1918) che riabilitarono la figura di Müntzer come eroico oppositore dei poteri feudali a difesa dei contadini. Il filosofo marxista Ernst Bloch (1885-77) dedicò a Müntzer un’opera importante (Thomas Müntzer als Theologe der Revolution, Kurt Wolff, München 1921, tr. it. Thomas Münzer teologo della rivoluzione, Milano 1980), nella quale sosteneva che la sua teologia congiungeva nella ‟volontà spirituale di rivoluzione” il piano dell’azione politica al rovesciamento di quei valori terreni che puntavano al consolidamento della religione di Lutero con il nuovo ordine dello stato dei prìncipi. Müntzer diventava così espressione di una figura simbolica essenziale della storia: la ribellione dell’uomo all’autorità. Questa linea storiografica, fortemente ideologica, arrivò anche in Italia con la pubblicazione di una raccolta di scritti politici di Müntzer, a cura di Emidio Campi (Torino 1972), che fu oggetto di studio in un campo estivo del centro ecumenico di Agape.

3. Secondo te, come storico e come credente, che cosa è stata la Riforma?

Come storico, vedo nella Riforma protestante un evento di carattere principalmente religioso, il cui successo imprevisto è da ricondurre anche a fattori politici, economici e culturali. La Riforma, nel lungo periodo, provocò la frammentazione della cristianità europea e innescò un processo di nazionalizzazione della religione che portò alla formazione di chiese nazionali protestanti, che svolsero una funzione importante nella costruzione delle identità nazionali di paesi come l’Inghilterra, la Scozia, i Paesi Bassi e la Svezia, perché l’appartenenza a una comunità religiosa nazionale rafforzò il senso di appartenenza a una comunità politica. La grande importanza attribuita alla lettura personale della Scrittura portò non solo alla pubblicazione di edizioni critiche nelle lingue originali, che sostituirono la Vulgata per le traduzioni nelle lingue nazionali (mentre la diffusione della Bibbia in volgare fu proibita con la costituzione Dominici gregis custodiae del 24 marzo 1564), ma fu anche di stimolo alla diffusione dell’istruzione primaria. Infatti, il livello di analfabetismo diminuì sensibilmente laddove prevalse la Riforma e rimase alto nei paesi che restarono cattolici, come l’Italia e la Spagna. La Riforma non solo modificò profondamente il modo di intendere e vivere l’esperienza religiosa, ma contribuì in modo determinante alla trasformazione della vita sociale, politica ed economica. Desacralizzando l’istituzione ecclesiastica e il ruolo del clero e valorizzando l’impegno nel mondo secolare, la Riforma portò ad una ridefinizione sia dei rapporti tra la sfera spirituale e quella temporale sia del ruolo delle chiese nella società. I cambiamenti nell’ambito religioso favorirono anche il processo di desacralizzazione del potere politico nel mondo protestante

Come credente, mi sembrano importanti – oltre all’affermazione dei capisaldi dottrinali (Sola Gratia, Sola Fide, Solus Christus, Sola Scriptura) – l’accentuazione della centralità della Scrittura, considerata l’unica autorità dottrinale normativa al di sopra di ogni autorità terrena, e l’affermazione del sacerdozio universale dei credenti, che privarono l’istituzione ecclesiastica di gran parte del suo potere e responsabilizzarono l’individuo ponendolo di fronte a Dio senza la mediazione del clero.


Il prof. Massino Rubboli ha insegnato per molti anni Storia dell’America del Nord presso le Università di Firenze e Genova, oltre a tenere corsi di Storia del Cristianesimo e delle chiese cristiane.

Nel XII Convegno Nazionale GBU (7-10 dicembre  2017) terrà una conferenza dal titolo La Riforma radicale, nell’ambito del percorso di approfondimento “Tutto è iniziato in una università – Wittenberg 1517 / Montesilvano 2017″

Per Edizioni GBU dirige la collana Orizzonti del pensiero cristiano, nella quale è imminente la pubblicazione del famoso libro di Roger Williams (1603-1683) dedicato alla persecuzione: La sanguinaria dottrina della persecuzione per causa di coscienza (1644)