Tre domande a Saverio Bisceglia su Alfie Evans

La vicenda del piccolo Alfie e la battaglia intrapresa dai suoi genitori contro il sistema sanitario inglese, ci riporta alle questioni di fine vita. Cosa pensi di questo caso?

Occorre dire anzitutto che Alfie soffriva di una malattia degenerativa del cervello che lo portava ad avere un’epilessia resistente ai farmaci. Ce ne sono diverse di queste malattie di solito di origine genetica, piuttosto rare, che portano in tempi più o meno precoci alla degenerazione dei neuroni e quindi alla morte prematura. Alfie ha iniziato da subito, nei primi mesi, a manifestare i sintomi della malattia e ha avuto necessità di sostegno delle funzioni vitali, con una progressiva e pressocchè totale dipendenza dalla tecnologia medica.

Il progresso scientifico in campo medico è sicuramente alla base delle questioni etiche che nascono nei momenti di fine vita. Se non avessimo apparecchiature e farmaci in grado di vicariare e stimolare completamente le funzioni vitali, non staremmo qui a parlare di Alfie come di tanti altri casi. Però quante vite sono state salvate grazie al progresso della medicina? Quindi occorre accettare il fatto che casi come quello di Alfie in determinate malattie ci saranno sempre, alcuni verranno alla ribalta della stampa altri passeranno silenziosi con la discrezione dovuta a genitori che sopportano il peso più grande.

 

Considerando le condizioni gravi di Alfie, perchè i genitori hanno voluto combattere questa battaglia?

Credo che la vita sia molto di più di quello che pensiamo o osserviamo. Quando parliamo della vita di una persona possiamo avere solo dei punti di vista, per esempio quello medico, quello psicologico o anche quello religioso o filosofico. Ma la vita è molto di più. Io sono un credente è nella Bibbia la vita è descritta come qualcosa che non ha solo a che fare con una somma perfetta di processi biologici e di condizioni vitali, ma ha la sua origine nel creatore di tutte le cose. Siamo in un certo senso fatti, anche se in modo non ben definibile, di materia di Dio. Nel nostro corpo avvengono processi e percezioni vitali che hanno a che fare con l’eternità, nessuno ha percezione della propria morte o se la rappresenta come un evento naturale. E’ un aspetto meraviglioso e tanto trascurato della vita che solo chi attraversa questi momenti percepisce. La vita diventa improvvisamente talmente preziosa nonostante tutto che non riesci a vedere altro che questo.  Tanto più questo accade ai genitori che quella vita l’hanno generata. Pretendere che loro abbiano un punto di vista medico sulla situazione del proprio bambino è semplicemente impossibile. Perciò con il loro atteggiamente hanno voluto dire aspettiamo ancora un po, non siamo ancora pronti alla perdita del nostro bambino e se proprio deve morire permetteteci di portarlo a casa.

 

Sappiamo come sono andate le cose, la sentenza del giudice e la ventilazione che è stata staccata dai medici contro il parere dei genitori. Quali riflessioni possiamo fare?

E’ troppo facile essere dalla parte dei genitori. Occorre riflettere sul fatto che tutti gli attori in campo compresi i genitori hanno dovuto affrontare decisioni di fronte alle quali nessuno può esprimere certezze. Personalmente credo che nelle decisioni di fine vita occorre essere alleati e non contendenti, come è accaduto, ciascuno deve conservare il proprio ruolo, senza pretendere di sapere cosa è meglio o cosa e giusto fare. Non è possibile standardizzare i comportamenti dei genitori, nello stesso modo con cui i medici standardizzano un protocollo di fine vita, perciò occorre un dialogo che non può passare da atti formali e giuridici. Non si è mai preparati a dire addio a una persona che amiamo e questo è un fatto oggettivo, non un’opinione. Credo tuttavia che non sia corretto vedere un’operazione di eutanasia nel comportamento dei medici inglesi, ma una presa d’atto che proseguire il sostegno vitale ad Alfie aveva perso ogni significato. Questa decisione andava secondo me concordata nei modi e nei tempi con i genitori attraverso un percorso di accettazione nel quale Alfie avrebbe mostrato senza ombra di dubbio che la sua vita aveva lasciato il posto ad una pseudo vita mantenuta meccanicamente. Un giorno un uomo di fede difronte alla morte tragica dei propri figli ha detto: “Il Signore ha dato il Signore ha tolto, benedetto il nome del Signore”. Come ho detto la vita è molto più della sua apparente tragicità e noi ne siamo affidatari  temporanei

 

Saverio Bisceglia, un tempo membro del gruppo GBU di Roma, è oggi Medico di Medicina Generale e Coordinatore del Servizio di Continuità assistenziale del 9° Municipio di Roma; è Presidente dell’A-NCL, Associazione Nazionale Ceroidolipofuscinosi-Neuronali; è Responsabile di una Chiesa Evangelica del quartiere prenestino di Roma.