Il cappellano reale (Lunedì Letterario)

Lunedì 26 Febbraio 2018

 

Il nostro sito ha pubblicato qualche giorno fa un estratto dal libro di McGrath recensito la scorsa settimana e meglio non si poteva celebrare il più grande evangelista americano del XX secolo: Billy Graham. La nostra rubrica letteraria, invece, si soffermerà questa settimana su una serie tra le più acclamate della televisione in streaming: The Crown trasmesso in esclusiva da Netflix anche in Italia e vincitore di diversi premi televisivi. Al contrario della variegata offerta centrata molto su fantasy, fiction e fantascienza, la serie inglese narra le vicende della famiglia Windsor, partendo dall’incoronazione di Elisabetta II sino giungere (almeno sino al momento) agli inizi degli anni 1960.

La ricostruzione storica della serie appare quanto meno sontuosa e molti (compresi il sottoscritto), dopo aver visto una puntata, vanno a controllare quanto siano storici gli avvenimenti. Alcuni hanno detto che si tratta di telefilm piuttosto lenti nel loro svolgimento (20 puntate di circa un’ora hanno coperto poco più di un decennio del regno più lungo della storia del Regno Unito), ma la sua accuratezza nei particolari, nella descrizione del cerimoniale, nello svolgimento lento della storia, ci pare essere la sua forza, tipica della buona tradizione delle serie di stampo britannico che, in questi aspetti, molto più che sul “taglio” fotografico e sulla sceneggiatura, superano per qualità quelle americane.

The Crown inizia con la giovanissima Elisabetta II proiettata, dall’inaspettata morte del padre, alla corona di Inghilterra. Tutti sapevano che sarebbe diventata la sovrana d’Inghilterra masi pensava che tutto ciò sarebbe accaduto molto più tardi. I protagonisti della prima serie sono la Regina e Winston Churchill che, dopo la pausa laburista di Atlee, riprese il potere nella seconda metà degli anni Cinquanta. Il Primo Ministro inglese, l’eroe che aveva vinto la Seconda Guerra Mondiale, si trova a dover “rendere conto” e a guidare nelle maglie del protocollo la giovane sovrana. La serie dipinge un Churchill che, nonostante le età e gli acciacchi, dopo i dubbi, riesce ad apprezzare l’atteggiamento di un sovrana che, nella magistrale interpretazione di Claire Foy, entra sempre più nel suo ruolo ed agisce  molto più di quanto ci si aspetti.

Accanto all’ambientazione storica (che, a nostro parere, è il punto forte della sceneggiatura di Peter Morgan) non mancano le questioni familiari: il matrimonio con Filippo in tutta la sua problematicità, il rapporto con la Regina Madre determinante nei primi anni del Regno, il rapporto conflittuale con la sorella Margareth che può permettersi, proprio perché non riveste un ruolo istituzionale, di poter vivere una vita meno regolata e convenzionale. Elisabetta, però, dimostra la sua forza proprio nel rispettare le regole, nel capire quale sia il suo ruolo, nel valorizzare i suoi silenzi oltre che le sue parole. In un mondo come quello degli anni 1950 è chiaro che un personaggio come Filippo che, nella sceneggiatura del film, è sposato da Elisabetta per reale amore, si trovi in una situazione di subordinazione e di frustrazione per una persona che aveva aspirazioni (peraltro un po’ immaginarie) di poter diventare a sua volta sovrano della Grecia. La crisi di Filippo si approfondisce ancor di più nella seconda serie e, benché si possono apprezzare anche diverse delle caratteristiche dei principali personaggi, questi conflitti familiari talvolta rischiano di trasformare l’ottimo sceneggiato in una soap opera, anche se sono importanti per comprendere come anche gli esseri votati a importanti compiti vivono i problemi della quotidianità.

Un aspetto interessante che il creatore della serie non ha ignorato è il fatto che, tra i diversi ruoli che il sovrano britannico ricopre, vi è anche quello di Supreme Governor of the Church of England (Supremo Governatore della Chiesa d’Inghilterra): in tutta la serie non viene posto alcun dubbio sulla sincera fede di Elisabetta (più volte la si vede pregare) e sull’importanza che viene dato al ruolo che riveste nei compiti della regina. Elisabetta è una credente sincera che rimane affascinata (come è stato nella realtà) dal più grande predicatore della seconda metà del XX secolo. Una buona parte di una delle puntate della seconda serie è dedicato a questo incontro e sintetizza bene anche l’importanza di Graham nel mondo anglosassone. Elisabetta (nello sceneggiato, ma pare anche nella realtà), è diventata una grande ammiratrice del predicatore battista probabilmente perché vide in lui la trasmissione di un messaggio semplice ed immediato e, durante la prima campagna evangelistica in Gran Bretagna, lo inviterà anche a predicare nella cappella di Windsor, rimanendo in costante contatto con Graham durante tutta la sua vita e cogliendo qualsiasi occasione per incontrarlo ed ascoltarlo, esattamente come hanno fatto diversi presidenti americani.

Pur se con qualche riserva, quindi (talvolta si indugia troppo sui rapporti familiari in maniera un po’ esagerata) The Crown è una serie che merita di essere vista e da cui si può trarre ispirazione sia per una maggiore conoscenza della storia del secolo scorso, sia per comprendere il complesso protocollo reale e la sua importanza ancora oggi nel mondo britannico, sia  per apprezzare alcuni valori come quelli religiosi che sono ancora tenuti in conto dalla monarchia (o almeno da Elisabetta II). Forse sarebbe stato il caso talvolta di non esagerare il tono un po’ pessimista sulla visione del mondo (presente un po’ nella sceneggiatura, dove la Corona è vista metaforicamente come un grande peso), ma è una serie che può portare a profonde riflessioni, pur nella piacevolezza della visione televisiva.

(Valerio Bernardi – DIRS GBU)

Vedi qui il trailer dell’episodio