3. La giustificazione

Il vangelo di Gesù Cristo: La giustificazione

Video della terza sessione plenaria

X Convegno Nazionale 2015

Sabato 4 Dicembre

Traduce Andrea Papini

 

Lettura biblica: Romani 3:21-26

21 Ora però, indipendentemente dalla legge, è stata manifestata la giustizia di Dio, della quale danno testimonianza la legge e i profeti: 22 vale a dire la giustizia di Dio mediante la fede in Gesù Cristo, per tutti coloro che credono – infatti non c’è distinzione: 23 tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio – 24 ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù. 25 Dio lo ha prestabilito come sacrificio propiziatorio mediante la fede nel suo sangue, per dimostrare la sua giustizia, avendo usato tolleranza verso i peccati commessi in passato, 26 al tempo della sua divina pazienza; e per dimostrare la sua giustizia nel tempo presente affinché egli sia giusto e giustifichi colui che ha fede in Gesù.

2. La nuova nascita

Il vangelo di Gesù Cristo: La nuova nascita

Video della seconda sessione plenaria

X Convegno Nazionale 2015

Sabato 5 Dicembre

Traduce Andrea Papini

 

Lettura biblica: Giovanni 3:1-21

1 C’era tra i farisei un uomo chiamato Nicodemo, uno dei capi dei Giudei. 2 Egli venne di notte da Gesù, e gli disse: «Rabbì, noi sappiamo che tu sei un dottore venuto da Dio; perché nessuno può fare questi miracoli che tu fai, se Dio non è con lui». 3 Gesù gli rispose: «In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio». 4 Nicodemo gli disse: «Come può un uomo nascere quando è già vecchio? Può egli entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e nascere?» 5 Gesù rispose: «In verità, in verità ti dico che se uno non è nato d’acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio. 6 Quello che è nato dalla carne, è carne; e quello che è nato dallo Spirito, è spirito. 7 Non ti meravigliare se ti ho detto: “Bisogna che nasciate di nuovo”. 8 Il vento soffia dove vuole, e tu ne odi il rumore, ma non sai né da dove viene né dove va; così è di chiunque è nato dallo Spirito». 9 Nicodemo replicò e gli disse: «Come possono avvenire queste cose?» 10 Gesù gli rispose: «Tu sei maestro d’Israele e non sai queste cose? 11 In verità, in verità ti dico che noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo di ciò che abbiamo visto; ma voi non ricevete la nostra testimonianza. 12 Se vi ho parlato delle cose terrene e non credete, come crederete se vi parlerò delle cose celesti? 13 Nessuno è salito in cielo, se non colui che è disceso dal cielo: il Figlio dell’uomo.
14 «E, come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell’uomo sia innalzato, 15 affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna. 16 Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna. 17 Infatti Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18 Chi crede in lui non è giudicato; chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. 19 Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. 20 Perché chiunque fa cose malvagie odia la luce e non viene alla luce, affinché le sue opere non siano scoperte; 21 ma chi mette in pratica la verità viene alla luce, affinché le sue opere siano manifestate, perché sono fatte in Dio».

 

 

 

1. Un tema d’importanza primaria

Il vangelo di Gesù Cristo: Un tema d’importanza primaria

Video della prima sessione plenaria

X Convegno Nazionale 2015

Venerdì 4 Dicembre

Traduce Andrea Papini

 

Lettura biblica: 1 Corinzi 15:1-19

1 Vi ricordo, fratelli, il vangelo che vi ho annunciato, che voi avete anche ricevuto, nel quale state anche saldi, 2 mediante il quale siete salvati, purché lo riteniate quale ve l’ho annunciato; a meno che non abbiate creduto invano.
3 Poiché vi ho prima di tutto trasmesso, come l’ho ricevuto anch’io, che Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture; 4 che fu seppellito; che è stato risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture; 5 che apparve a Cefa, poi ai dodici. 6 Poi apparve a più di cinquecento fratelli in una volta, dei quali la maggior parte rimane ancora in vita e alcuni sono morti. 7 Poi apparve a Giacomo, poi a tutti gli apostoli; 8 e, ultimo di tutti, apparve anche a me, come all’aborto; 9 perché io sono il minimo degli apostoli, e non sono degno di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la chiesa di Dio. 10 Ma per la grazia di Dio io sono quello che sono; e la grazia sua verso di me non è stata vana; anzi, ho faticato più di tutti loro; non io però, ma la grazia di Dio che è con me. 11 Sia dunque io o siano loro, così noi predichiamo, e così voi avete creduto.
12 Ora se si predica che Cristo è stato risuscitato dai morti, come mai alcuni tra voi dicono che non c’è risurrezione dei morti? 13 Ma se non vi è risurrezione dei morti, neppure Cristo è stato risuscitato; 14 e se Cristo non è stato risuscitato, vana dunque è la nostra predicazione e vana pure è la vostra fede. 15 Noi siamo anche trovati falsi testimoni di Dio, poiché abbiamo testimoniato di Dio, che egli ha risuscitato il Cristo; il quale egli non ha risuscitato, se è vero che i morti non risuscitano. 16 Difatti, se i morti non risuscitano, neppure Cristo è stato risuscitato; 17 e se Cristo non è stato risuscitato, vana è la vostra fede; voi siete ancora nei vostri peccati. 18 Anche quelli che sono morti in Cristo sono dunque periti. 19 Se abbiamo sperato in Cristo per questa vita soltanto, noi siamo i più miseri fra tutti gli uomini.

 

Libri&Letture2016_Identità

Presenta Daniele Mangiola (DiRS GBU)

Certezze, 2016, Identità

Identità

di CERTEZZE Rivista di Edizioni GBU

Edizioni GBU

Formato: EPUB

Libri&Letture2016_Il male e la croce

Presenta Stefano Molino (Edizioni GBU)

Il male e la croce
Autore: Henri Blocher
ISBN: 9788896441848
FORMATO: 21,5 X 13,5 – PREZZO: € 16,00 – PAGINE: 232
Collana: Approcci alla teologia

info@edizionigbu.it

Libri&Letture2016_La fede e la ragione

Presenta Carol Rocha (GBU)

La fede e la ragione
Autore: Henri Blocher
ISBN:9788896441800
PREZZO: € 12,00 PAGINE: 119
Collana: Render Ragione

info@edizionigbu.it

Libri&Letture2016_L’intolleranza della nuova tolleranza

Presenta Massimo Rubboli

L’intolleranza della nuova tolleranza
Autore: Donald A. Carson
ISBN: 9788896441701
PREZZO: € 20,00 PAGINE: 210
Collana: Render Ragione

info@edizionigbu.it

 

Libri&Letture2016_Commentario su Ester

Presenta Adelaide Bianchini

Ester. Introduzione e commento
Aautore: Debra Reid
ISBN: 9788896441770
FORMATO: 21,5 X 13,5 PREZZO: € 17,00 PAGINE: 181
Collana: Commentari – Antico Testamento

info@edizionigbu.it

Tre domande a Giancarlo Rinaldi: la Riforma protestante e i Padri della chiesa

  1. Prof. Rinaldi, quest’anno ricorre il 500° anniversario della Riforma protestante; dal suo punto di vista di studioso del cristianesimo antico, ci può dire quale è stato il rapporto della Riforma, e dei Riformatori, con la patristica?

 

Per rendersi conto della presenza presso i riformatori dell’eredità della patristica basterebbe pensare alle radici agostiniane della riscoperta della grazia da parte di Lutero; si valutino pure le numerose citazioni di testi della letteratura cristiana antica nelle opere dei riformatori. Quante volte, nel corso della controversia con i cattolici, oltre a pagine della Bibbia veniva invocato l’argumentum patristicum cioè il parere esegetico di quegli antichi cristiani atto a dirimere la vertenza. Anche un riformatore di generazioni successive come John Wesley era innamorato della letteratura patristica nella quale ravvisava una rielaborazione rispettosa della tradizione neotestamentaria. Tutto ciò fino all’età di Costantino nel corso della quale, a motivo di un mutato rapporto tra le comunità e il potere, si avviò un processo di secolarizzazione che segnò, nella realtà dei fatti, un voltare alle spalle non solo all’insegnamento evangelico, ma anche a quello dei maestri cristiani dei primi tre secoli.

 

2. Ritiene che ci sia ancora spazio per la lezione che proviene dallo studio dei Padri della chiesa, nel mondo di oggi, sia per i cristiani, sia per chi cristiano non si professa?

Decisamente sì. Quanto ai cristiani che basano la propria fede sulle Scritture va ricordato che queste ci sono pervenute grazie all’opera di studio, trascrizione, conservazione di scrittori di età patristica. Senza questi anelli intermedi non avremmo tra le nostre mani la Bibbia così come oggi possiamo apprezzarla. Si pensi anche alla maniera d’intendere le Scritture. L’esegesi biblica è l’anima dell’antica letteratura cristiana. Il nostro modo d’intendere la Bibbia, letteralista allegorista tipologico che sia, deriva, con le opportune modificazioni, dal lavoro degli antichi. Possiamo dire che senza memoria del passato non avremmo piena consapevolezza del presente e neanche una chiara prospettiva per quanto riguarda il futuro.

Un pensiero sull’ecumenismo: direi che la forma più corretta di ecumenismo per un cristiano evangelico sia il ritorno alle radici ‘patristiche’, cioè lo studio e la valorizzazione dei testi degli antichi cristiani. Nella marcia in questa direzione può trovarsi il profumo dell’unità, piuttosto che in celebrazioni verticistiche e ingessate.

Anche per chi prescinde completamente da una scelta di fede lo studio del mondo degli antichi cristiani e della loro produzione letteraria è indispensabile affinché una Cultura possa pienamente definirsi tale. La storia romana non è altro, nella sua fase d’età imperiale, che la vicenda della conversione della cultura antica dalla paideia classica a quella cristiana. Ci piaccia o meno, è un dato di fatto che la storia dell’esegesi del libro di Daniele è alla basa della riflessione su fede e potere politico (poi diremo: su chiesa e impero) dall’età dei Maccabei (II sec. aC) fino all’alto medioevo.

Non è neanche il caso di parlare di arti figurative. Queste, per lunghissimo tratto, dall’età severiana al Rinascimento si nutrono di motivi tratti non solo dal Nuovo Testamento ma anche dalla letteratura agiografica e dalla memoria storiografica degli antichi cristiani. La teologia degli antichi cristiani è affidata al simbolismo dell’arte, tanto pittorica quanto nelle sculture del sarcofago antico.

Noi protestanti italiani abbiamo una congenita diffidenza nei riguardi della patristica che facciamo coincidere, sbagliando e di molto, con l’insegnamento tradizionale della Chiesa Cattolico Romana. Così, per reazione al cattolicesimo, ci manteniamo lontani dallo studio di quella meravigliosa primavera cristiana e dai suoi frutti succosi. Nei primi decenni dell’evangelizzazione dell’Italia dopo l’Unità vi furono numerosi convertiti dalle fila del cattolicesimo, ex sacerdoti o ex monaci, che avevano una profonda conoscenza della letteratura patristica e della storia del cristianesimo antico. La utilizzavano, con dovizia di citazioni testuali, proprio per dimostrare la fondatezza della loro esperienza e delle loro scelte esegetiche. Tutto ciò poi gradualmente si perse e, tranne rarissime eccezioni, si sviluppò la persuasione del tutto errata di potersi collegare direttamente alla Bibbia ignorando quei secoli che da questa ci separano: la luciferina tentazione dell’uomo di chiamarsi fuori dalla propria storia e di credersi un assoluto giudicante. Oggi in Italia nella formazione del corpo pastorale (tanto in chiese ‘storiche’ quanto ‘evangeliche’), la riflessione sui secoli che si frappongono tra la stesura del Nuovo Testamento e la Riforma è assente oppure affidata alla buona volontà di chi vuol provvedervi da solo. Eppure la nostra esegesi moderna non nasce dal niente ma, naturalmente, s’innesta in quella del passato, anche quando non ne siamo consapevoli; e lo stesso dicasi delle grandi questioni teologiche.

Altra osservazione: spesso nelle comunità crediamo di dover affrontare problemi peculiari solo dei nostri giorni. Sbagliato! La quasi totalità delle controversie, dei problemi, delle situazioni che dobbiamo affrontare sono solo la riproposizione di situazioni e dottrine antiche. Una conoscenza della storia del cristianesimo dei primi secoli ci aiuterebbe a inquadrare più serenamente questi elementi di turbamento e di far tesoro della lezione offertaci dagli antichi che dovettero porre rimedi.

 

  1. Come riassumerebbe, da storico e da credente, la stagione della patristica?

Bisognerebbe distinguere stagioni diverse nella produzione letteraria degli antichi cristiani. In ogni caso la ‘patristica’ (che comunque è vocabolo che ha un sapore piuttosto confessionale) viene solitamente a comprendere tutto quanto scritto nei primi otto secoli.

Noi oggi preferiamo parlare di letteratura cristiana antica piuttosto che di patristica poiché quest’ultimo termine sembra implicare una scelta di tipo confessionale che ha distinto alcuni testi in autorevoli in quanto ortodossi e altri deprecabili in quanto eretici. Ora nella storia delle chiese antiche il processo di separazione dell’eresia dall’ortodossia fu il frutto di una riflessione lunga, elaborata e sofferta. Si pensi a importantissimi autori che non sono entrato nel novero di quelli che noi potremmo definire “padri” della chiesa. Autori di altissimo profilo come Origene, tra i greci, e Tertulliano, tra i latini.

Sarebbe possibile anche introdurre una distinzione diacronica, cioè attenta allo sviluppo attraverso gli anni tanto del pensiero cristiano quanto della vita concreta delle comunità. Così scopriamo che la letteratura cristiana precostantiniana (i primi tre secoli) ha un suo carattere, prevalentemente apologetico e di chiarificazione di alcuni temi dottrinali, mentre quella postcostantiniana è prevalentemente interessata alla riflessione sui grandi temi teologici dibattuti ai concili (Nicea, Costantinopoli, Efeso, Calcedonia, etc.). Molto diverso, inoltre, è l’atteggiamento verso il potere: lealista ma eroico nella prima età, cortigiano e intollerante nella seconda. Nella letteratura cristiana antica della chiesa secolarizzata postcostantiniana è l’esperienza monastica che richiama alla purezza dei costumi e orienta verso la perfezione cristiana.

Farei osservare che nella letteratura cristiana dei primi secoli non troviamo manuali di teologia sistematica bensì un’infinità di testi di esegesi biblica, come commentari continuativi, omelie, domande e risposte, e così via. Proprio così: per gli antichi cristiani la teologia coincideva con l’esegesi biblica! E questo è un primo grande insegnamento che dovremmo fare proprio.

Mi consentirete un ricordo personale. Nei primi tempi dopo la mia conversione alla fede cristiana evangelica, quando mi trovavo ad affrontare questioni esegetiche che il solo ricorso alla Scrittura non sembrava dirimere adeguatamente, ricorrevo spesso alla consultazione dei testi patristici e, con mia meraviglia, rilevavo come le posizioni di quegli antichi cristiani convalidassero non gli insegnamenti della Chiesa di Roma bensì quelli che avevo fatto propri a sèguito della mia conversione.

 

Giancarlo Rinaldi ha insegnato Storia del Cristianesimo presso l’Università degli Studi di Napoli
L’Orientale. Si è interessato in particolare al rapporto tra cristianesimo e paganesimo con particolare
attenzione alla percezione del secondo nei confronti della diffusione della fede cristiana.

Giancarlo Rinaldi su FBBlog personale

 

Tre domande a Massimo Rubboli: Riforma protestante e Riforma radicale

1. Il 500° anniversario della Riforma protestante sta per essere archiviato. Se tu dovessi fare un bilancio di tutto ciò che hai visto o di cui hai sentito parlare, cosa penseresti del modo in cui la Riforma è stata ricordata, soprattutto in Italia?

Ora che il tempo delle celebrazioni si avvicina alla fine, penso che sia lecito avventurarsi in un primo tentativo di bilancio, al quale necessariamente dovrà seguire una riflessione più approfondita su questa stagione nella quale alla rievocazione celebrativa si sono affiancatati anche seri tentativi di revisione storica dei vari aspetti della Riforma, come quello – oggetto di un lungo ma sempre vivo dibattito storiografico – sul contributo di Lutero e del luteranesimo successivo alla formazione dello Stato moderno.

Il compito di ricordare al mondo quali fossero il significato e l’eredità della Riforma era stato assunto con largo anticipo dalla Federazione mondiale luterana tramite il Comitato nazionale della Chiesa luterana tedesca o EKD (Evangelische Kirche in Deutschland) che, avvalendosi di cospicue risorse messe a disposizione dal Ministero per la cultura del governo federale (Bundesregierung für Kultur und Medien) e da alcuni Länder, ha finanziato numerosi progetti culturali e il restauro di siti importanti al tempo della Riforma, in particolare a Wittenberg e a Eisenach.

La potente macchina organizzativa ha dato impulso anche a operazioni commerciali secondo le più moderne tecniche di marketing e merchandising. Queste tecniche esigono che tutto ruoti intorno ad un elemento centrale che, in questo caso, non poteva essere che l’ex monaco agostiniano. Si è così assistito ad un proliferare di prodotti enogastronomici e gadgets di ogni tipo (peluche, cioccolatini, giochi, t-shirts, ecc.), tra i quali ha riscosso enorme successo il “Luther Playmobil”, un pupazzetto alto sette centimetri che rappresenta il riformatore con una Bibbia aperta in mano, come nell’austero monumento (una statua di bronzo alta 3 metri e mezzo su una base di granito) collocato a fianco della Marienkirche di Berlino nel 1983, in occasione del V centenario della nascita di Lutero.

In Italia, nel novembre 2016 è stato istituito con decreto ministeriale, su proposta della Fondazione per le Scienze Religiose “Giovanni XXIII” di Bologna, il Comitato Nazionale per la ricorrenza del quinto centenario della Riforma Protestante (1517-2017), presieduto dal prof. Marcello Verga e sotto la responsabilità scientifica del prof. Massimo Firpo, “con il compito istituzionale di promuovere, preparare e attuare le manifestazioni atte a celebrare la ricorrenza” tramite «pubblicazioni, incontri pubblici in Italia e all’estero, giornate di studio ed una rassegna cinematografica», allo scopo «di offrire un contributo scientifico e pluridisciplinare finalizzato a raccontare al mondo contemporaneo la personalità e la figura di Lutero, la sua riforma, il suo percorso nella storia, nella dottrina, nelle istituzioni, nella politica, nell’arte e nella società» (Direzione Generale Biblioteche e Istituti Culturali, MiBACT, http://www.librari.beniculturali.it/opencms/opencms/it/comitati/comitati/comitato_0009.html).

Il Comitato ha erogato finanziamenti per convegni e mostre, come quelle su “La biblioteca di Piero Guicciardini e la Riforma protestante” (3 maggio – 30 giugno 2017), organizzata dalla Biblioteca nazionale centrale di Firenze, e su “Lutero, la Riforma, l’Italia” (31 ottobre – 30 novembre 2017), allestita presso la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino.

Per quanto riguarda il protestantesimo storico italiano, la chiesa valdese ha seguito l’orientamento della chiesa luterana, concentrando l’attenzione su Lutero e sulla Riforma magisteriale.

2. Il tuo contributo alle celebrazioni è stato, tra l’altro, l’allestimento di una mostra dedicata alla Riforma radicale. Cosa puoi dirci in merito, sia di questa espressione della Riforma e del suo impatto sulla storia del protestantesimo e del mondo moderno e sia nei termini della considerazione che essa gode?

Il V centenario dell’affissione delle tesi (un evento quasi certamente mai avvenuto) mi è sembrata un’occasione per ripensare la storia e il contributo della Riforma radicale dalla quale, nonostante la violenta opposizione dei riformatori ‘ufficiali’ e della chiesa cattolica, sono derivati forti impulsi all’affermazione delle più rilevanti conquiste della civiltà europea: la tolleranza, la libertà religiosa e di coscienza, la laicità delle istituzioni pubbliche, i diritti dell’uomo.

Purtroppo, nonostante l’opera di Ugo Gastaldi (Storia dell’anabattismo, 2 voll., 1972 – 1981 Torino) è ancora prevalente un’immagine distorta della Riforma radicale, derivata da due correnti storiografiche.

La prima ha origine negli scritti polemici contro gli anabattisti dei principali riformatori. La rappresentazione che influì maggiormente sulla diffusione di un’immagine negativa degli anabattisti nel mondo protestante si trova negli scritti di Heinrich Bullinger (1504 – 1575), successore di Zwingli alla guida della Riforma a Zurigo e ”architetto” della chiesa riformata; Bullinger faceva appello alle autorità secolari affinché liberassero la Confederazione da questa eresia usando ogni mezzo, anche le esecuzioni pubbliche. Bullinger raccolse i suoi scritti precedenti contro gli anabattisti nel volume L’origine, crescita e sette degli anabattisti (Der Wiedertäufferen Ursprung, Fürgang, Sekten, Zurigo 1560), nel quale collegò la “piaga anabattista” al tradimento e alla sedizione, tracciando una linea di derivazione diretta dell’anabattismo dalla guerra dei contadini e dal “regno anabattista” di Münster. Gli scritti dei riformatori e dei polemisti cattolici hanno esercitato per secoli un’enorme influenza sul giudizio negativo nei confronti della Riforma radicale e, in particolare, degli anabattisti che ha iniziato ad essere seriamente riesaminato soltanto dalle ricerche su fonti archivistiche di fine Ottocento

La seconda risale a uno dei teorici del comunismo, Friedrich Engels (1820-95), che nel suo famoso libro sulla guerra dei contadini in Germania del 1524-25, scritto dopo il fallimento delle rivoluzioni europee del 1848, esaltò la “magnifica figura di Thomas Müntzer” (1489-1525), primo “martire della rivoluzione comunista”, contrapponendolo a Lutero, che “aveva tradito il movimento popolare” diventando un “servo dei principi” (Fürstenknecht) e un “macellaio dei contadini” (Bauernschlächter). L’interpretazione di Engels era stata fortemente influenzata dallo storico hegeliano Wilhelm Zimmermann, che per primo presentò Müntzer come una figura rivoluzionaria in uno studio approfondito della guerra dei contadini (Der grosse deutsche Bauernkrieg, Stuttgart 1841-43). Quest’immagine di Müntzer fu ripresa da studiosi marxisti come August Bebel (1840-1913), Franz Mehring (1846-1919) e Karl Kautsky (1854-1918) che riabilitarono la figura di Müntzer come eroico oppositore dei poteri feudali a difesa dei contadini. Il filosofo marxista Ernst Bloch (1885-77) dedicò a Müntzer un’opera importante (Thomas Müntzer als Theologe der Revolution, Kurt Wolff, München 1921, tr. it. Thomas Münzer teologo della rivoluzione, Milano 1980), nella quale sosteneva che la sua teologia congiungeva nella ‟volontà spirituale di rivoluzione” il piano dell’azione politica al rovesciamento di quei valori terreni che puntavano al consolidamento della religione di Lutero con il nuovo ordine dello stato dei prìncipi. Müntzer diventava così espressione di una figura simbolica essenziale della storia: la ribellione dell’uomo all’autorità. Questa linea storiografica, fortemente ideologica, arrivò anche in Italia con la pubblicazione di una raccolta di scritti politici di Müntzer, a cura di Emidio Campi (Torino 1972), che fu oggetto di studio in un campo estivo del centro ecumenico di Agape.

3. Secondo te, come storico e come credente, che cosa è stata la Riforma?

Come storico, vedo nella Riforma protestante un evento di carattere principalmente religioso, il cui successo imprevisto è da ricondurre anche a fattori politici, economici e culturali. La Riforma, nel lungo periodo, provocò la frammentazione della cristianità europea e innescò un processo di nazionalizzazione della religione che portò alla formazione di chiese nazionali protestanti, che svolsero una funzione importante nella costruzione delle identità nazionali di paesi come l’Inghilterra, la Scozia, i Paesi Bassi e la Svezia, perché l’appartenenza a una comunità religiosa nazionale rafforzò il senso di appartenenza a una comunità politica. La grande importanza attribuita alla lettura personale della Scrittura portò non solo alla pubblicazione di edizioni critiche nelle lingue originali, che sostituirono la Vulgata per le traduzioni nelle lingue nazionali (mentre la diffusione della Bibbia in volgare fu proibita con la costituzione Dominici gregis custodiae del 24 marzo 1564), ma fu anche di stimolo alla diffusione dell’istruzione primaria. Infatti, il livello di analfabetismo diminuì sensibilmente laddove prevalse la Riforma e rimase alto nei paesi che restarono cattolici, come l’Italia e la Spagna. La Riforma non solo modificò profondamente il modo di intendere e vivere l’esperienza religiosa, ma contribuì in modo determinante alla trasformazione della vita sociale, politica ed economica. Desacralizzando l’istituzione ecclesiastica e il ruolo del clero e valorizzando l’impegno nel mondo secolare, la Riforma portò ad una ridefinizione sia dei rapporti tra la sfera spirituale e quella temporale sia del ruolo delle chiese nella società. I cambiamenti nell’ambito religioso favorirono anche il processo di desacralizzazione del potere politico nel mondo protestante

Come credente, mi sembrano importanti – oltre all’affermazione dei capisaldi dottrinali (Sola Gratia, Sola Fide, Solus Christus, Sola Scriptura) – l’accentuazione della centralità della Scrittura, considerata l’unica autorità dottrinale normativa al di sopra di ogni autorità terrena, e l’affermazione del sacerdozio universale dei credenti, che privarono l’istituzione ecclesiastica di gran parte del suo potere e responsabilizzarono l’individuo ponendolo di fronte a Dio senza la mediazione del clero.


Il prof. Massino Rubboli ha insegnato per molti anni Storia dell’America del Nord presso le Università di Firenze e Genova, oltre a tenere corsi di Storia del Cristianesimo e delle chiese cristiane.

Nel XII Convegno Nazionale GBU (7-10 dicembre  2017) terrà una conferenza dal titolo La Riforma radicale, nell’ambito del percorso di approfondimento “Tutto è iniziato in una università – Wittenberg 1517 / Montesilvano 2017″

Per Edizioni GBU dirige la collana Orizzonti del pensiero cristiano, nella quale è imminente la pubblicazione del famoso libro di Roger Williams (1603-1683) dedicato alla persecuzione: La sanguinaria dottrina della persecuzione per causa di coscienza (1644)