Il pendolo della democrazia europea
di Antonio Iossa
Nelle ultime settimane, la pandemia di Coronavirus in Europa non ha solo scatenato l’allarme sanitario, ma è entrata con forza nel già teso e fragile dibattito economico-politico europeo. Due le parole d’ordine, distanti come i capi di oscillazione di un pendolo: austerità o solidarietà?
Il dilemma irrisolvibile di una politica dilaniata tra economia ed etica. Come se economia ed etica fossero davvero separate. Mai come in questo caso vale l’affermazione di Gesù nel vangelo di Giovanni: “Chi è senza peccato, scagli la prima pietra”. Perché se guardiamo bene sia l’etica sia l’economia in Europa, esse non sono proprio immacolate. O meglio non sembrano essere realmente indipendenti, come dovrebbero essere, ma piuttosto sono “dipendenti” da un complesso di fragilità nazionali e trans-nazionali mai risolto. Ed in una crisi globale senza precedenti come questa pandemia, affiorano purtroppo ancora osceni sentimenti sotterranei, razzismi di ritorno, elitismi del profitto, capitalismi corrotti e molto altro.
A Pasqua 2020 ormai trascorsa, la soluzione economica sembra essersi trovata, anche se con molte resistenze interne ed anche italiane. Ma restano tre domande per chi, come me, non entra nel tecnico e si ferma alla forse-ignorante percezione, un po’ filtrata dalla filosofia, di una politica transnazionale alla deriva:
- Qual è l’anima di una nazione democratica?
Remo Bodei, filosofo contemporaneo tra i più acuti del panorama italiano, recentemente scomparso, analizzando il lavoro di Alexis de Tocqueville sulla democrazia in America del 1835-40, iscrive le democrazie nell’ambito delle passioni “grigie”, in sostanza strutture sociali in cui si manifestano sentimenti poco netti, ambivalenti e contraddittori. Così Bodei osserva:
“Negli Stati Uniti (…) la proclamata uguaglianza fra tutti i cittadini apre un campo immenso ai desideri e alle prospettive di miglioramento (…) di tutti gli individui. E’ però inevitabile chiedersi perché, se siamo davvero, uguali, alcuni sono più potenti e prestigiosi degli altri? Da qui nasce la passione che caratterizza, per Tocqueville, la democrazia: l’invidia o il risentimento. Una passione che ha due lati”[1].
In sintesi, due lati: uno positivo, ossia la possibilità di rompere l’immobilismo sociale dell’ancien régime, e l’altro negativo, l’eccessivo antagonismo che sfocia nell’individualismo.
Partendo da queste considerazioni è facile vedere come l’immagine del pendolo si adatti abbastanza bene a descrivere il motore ideologico che può a volte bloccare o a volte spingere le strutture sociali democratiche. Se da un lato si invoca e si auspica l’hashtag della #solidarietà, dall’altro si richiama alla #austerità, in una sorta di iper-protezionismo da sé stessi, che in realtà vincola la libertà della produzione, strozza i mercati e distribuisce male gli utili. Forse è colpa del pendolo dell’invidia e del risentimento? Può darsi. Interroghiamoci.
- Che tipo di organismo istituzionale è l’Unione Europea? Com’è percepita?
E’ un sovrastato? E uno stato trans-nazionale? Uno stato federale? Non è uno stato? Tecnicamente niente di tutto questo: pare essere un’organizzazione internazionale economica e politica con elementi di sovranazionalità del diritto, dotata di un apparato istituzionale complesso a carattere democratico.
Le sue caratteristiche uniche a livello mondiale influenzano indubbiamente il modo in cui essa viene percepita dai cittadini. La deflagrazione della Brexit ne è un esempio. Le insistenti correnti anti-europeiste ne sono un altro. D’altra parte il notevole tasso di partecipazione alle elezioni europee (oltre il 50% nel 2019) ci mostra il lato opposto del pendolo. Molti la odiano, nessuno riesce a farne a meno (tranne, a quanto pare per ora, i britannici), alcuni ci sperano e i sentimenti di nuovo oscillano.
- Passioni grigie e voci cristiane
Qualche anno fa, per la precisione agli inizi del ‘900, molti pensatori, politici, capipopolo, dittatori, hanno cavalcato l’onda delle passioni trascinando gli stati nazionali nel gorgo buio e sanguinoso dei totalitarismi. L’unione economica e poi politica, improntata alla scientifica ed atarassica assenza di -ismi di ogni sorta, ha contribuito non poco alla pace in Europa. Ma forse il trauma è stato troppo forte e il processo di “guarigione” non ancora terminato. Siamo per questo forse arrivati ora – ed il dibattito sulle misure economiche contro la pandemia ne ha dato un segnale – ad un tipping point[2]: le passioni grigie stanno diventando potenzialmente deflagranti per l’Unione e non stanno evolvendo verso un “colore” o un “calore” luminoso, ma si stanno chiaramente “annerendo”. Tocqueville osservava:
“Se cerco di immaginarmi il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel mondo, vedo una folla innumerevole di uomini eguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri. Ognuno di essi, tenendosi da parte, è quasi estraneo al destino di tutti gli altri: i suoi figli e i suoi amici formano per lui tutta la specie umana; quanto al rimanente dei suoi concittadini, egli è vicino ad essi, ma non li vede; li tocca ma non li sente affatto; vive in se stesso e per se stesso e, se gli resta ancora una famiglia, si può dire che non ha più patria. Al di sopra di essi si eleva un potere immenso e tutelare, che solo si incarica di assicurare i loro beni e di vegliare sulla loro sorte. E’ assoluto, particolareggiato, regolare, previdente e mite. (…) Così ogni giorno esso rende meno necessario e più raro l’uso del libero arbitrio, restringe l’azione della volontà in più piccolo spazio e toglie a poco a poco a ogni cittadino perfino l’uso di se stesso. (…) Ho sempre creduto che questa specie di servitù regolata e tranquilla, che ho descritto, possa combinarsi meglio di quanto si immagini con qualcuna delle forme esteriori della libertà e che non sia impossibile che essa si stabilisca anche all’ombra della sovranità del popolo.”[3]
In questa descrizione è contenuto un ammonimento che i cristiani oggi non possono trascurare. E’ una sorta di checklist per misurare la temperatura democratica delle nostre passioni. Ma soprattutto è una cartina al tornasole per avere cognizione della misura etica della nostra testimonianza cristiana. E’ incredibile come in un’analisi di quasi 200 di anni fa, si coniughi in maniera così stretta la sfera delle passioni personali con la dimensione politica, definendo, senza poterli nominare (perché non esistevano ancora) fenomeni come: la società di massa, il consumismo, l’isolamento sociale, la subcultura, la carenza di partecipazione, la crisi della solidarietà, la morte delle comunità e molto altro.
Per concludere brevemente (anche troppo)
Il ritratto che ci regala Tocqueville, è purtroppo uno scenario che si può facilmente applicare anche alle Chiese moderne. E le Chiese, come gli Stati, sono fatti da persone. Persone delle quali, come diceva Norberto Bobbio, non importa solo il numero, ma anche la qualità, per cui, per fare una “buona democrazia” non servono solo molti democratici, ma “molti buoni democratici”[4]. Quindi. Per rendere l’Europa, in una parola, più solidale, per rendere l’Europa più cristiana non importa inserire un prologo sulle radici cristiane. Importa far mettere ai cristiani le radici nella Parola di Dio, sapendo che il pendolo delle passioni è come l’onda del mare agitata dal vento e spinta qua e là.
Antonio Iossa, laureato in Filosofia presso l’Università di Pisa, ha conseguito un Dottorato di Ricerca in Comunicazione, Media e Sfera Pubblica e lavora da diversi anni nella progettazione delle Agende Digitali per il settore pubblico. In passato ha fatto parte del gruppo GBU di Pisa. Vive a Bologna con la moglie e i figli e frequenta la Chiesa Evangelica Apostolica di Bologna/Anzola.
[1] Cfr. BODEI R., La politica, perché? Riflessioni sull’agire politico, Donzelli Editore, pag. 18
[2] Punto di non ritorno
[3] DE TOCQUEVILLE A., La democrazia in America, Rizzoli
[4] Vedi ad es. pagg. 65.66 in CANFORA L., Marx vive a Calcutta, Edizioni Dedalo,
Mi era sfuggito alla pubblicazione. Importante riflessione