Riflettendo su pace, violenza e cristianesimo

Pubblichiamo con qualche lieve modifica la recensione pubblicata su Confronti.net il 20 dicembre scorso sul libro appena pubblicato di Massimo Rubboli dai tipi delle Edizioni GBU. Buona lettura! 

VB

E’ stato da poco pubblicato per i nostri tipi il testo di Massimo Rubboli I cristiani, la violenza e le armi. Percorsi storici e revisioni storiografiche. Si tratta di un testo molto interessante e molto articolato, concepito come un excursus sulla storia del Cristianesimo fatto da uno storico come Rubboli, molto attento ai particolari e alle fonti, che mostra la complessità dell’argomento e le contrastanti interpretazioni che se ne sono date.

Il testo si presenta come una rassegna piuttosto dettagliata dell’atteggiamento che i cristiani hanno avuto nei confronti dell’uso della violenza e delle armi sia in guerre contro nemici esterni che in ribellioni interne. Si parte dalla fonte per eccellenza, il testo biblico, per arrivare alla discussione che è presente oggi sia a livello del pensiero teologico che a livello delle grandi organizzazioni interreligiose, come il Consiglio Ecumenico delle Chiese ed il Movimento di Losanna.

Al contrario di quanto accaduto con altri classici cui chiaramente il testo fa riferimento, (come quello di Roland Bainton degli anni Sessanta, dedicato alla discussione delle attitudini dei cristiani su guerra e pace), si dà ampio spazio a tutte e tre le anime del Cristianesimo, sia Cattolicesimo che Protestantesimo (in tutte le sue molteplici varianti) e anche a quella ortodossa, tornata alla ribalta per le differenti prese di posizione avute nel conflitto russo-ucraino ancora in corso.

Nonostante lo spazio dedicato a tutto il variegato panorama del Cristianesimo, una delle grandi novità del testo per il pubblico italiano è quello di soffermarsi sull’eredità della Riforma radicale che viene collegata soprattutto con il mondo battista e congregazionalista. Sino ad ora nessun testo italiano aveva prestato attenzione a questi aspetti che, invece, Rubboli tratta con ampio dettaglio soffermandosi soprattutto sugli sviluppi che questo lato del Protestantesimo ha avuto nel mondo anglosassone sino alle discussioni che ci sono state nel XX Secolo sulle guerre mondiali.

Non manca un interesse verso le parti marginali della Chiesa. Infatti si cerca di vedere come anche la marginalizzazione delle donne (trattata in un apposito capitolo nel finale) possa essere vista come una forma di violenza e come possa aver generato una diversa interpretazioni del rapporto che il cristianesimo ha avuto con armi e violenza.

Se è vero che il saggio parte dall’antico e discute (anche con dovizia di particolari) le fonti dei primi secoli del Cristianesimo, mettendo anche in discussione l’idea di un Cristianesimo post-costantiniano più favorevole alla guerra, rispetto a quello primitivo essenzialmente pacifista, uno dei valori dello studio è soprattutto quello che, come ogni testo che voglia essere una rassegna storica che va dalle origini ai giorni nostri, la contemporaneità è ampiamente documentata e su di essa viene dato un contributo notevole di sistematizzazione delle differenti posizioni che i cristiani di ogni credo hanno avuto. 

Proprio l’attenzione alla documentazione sul presente dimostra l’importanza del dibattito su questa tematica, che non è affatto tramontato e che continua ad essere pressante proprio per la situazione attuale in cui, nel panorama mondiale, i cristiani sono (nuovamente, direi) coinvolti in conflitti globali o si interrogano su come la violenza possa essere o non essere usata per riportare la situazione ad una dimensione di giustizia e su come i comandamenti di soccorrere il prossimo ed il più debole vadano messi in pratica.

Per dare un saggio della ricchezza del testo e del perché viene ad essere, a nostro parere, un importante contributo anche alla storiografia del Cristianesimo, vista sotto una lente particolare che è quella proposta da Rubboli, voglio soffermarmi su tre parole chiave che ritengo debbano essere tenute in mente durante la lettura del ponderoso saggio.

La prima è “documentazione”: come già accennato nell’introduzione, il lavoro è frutto di anni di ricerche, come dimostrano le numerose fonti citate e il loro uso, fatto propriamente da storico che cerca di ricostruire, proprio attraverso lo studio delle fonti e della loro interpretazione, quali siano state le posizioni assunte dai cristiani sulla questione. Emerge così un profilo della storia del Cristianesimo molto articolato e che si basa su una documentazione ed un’analisi solida, come solo uno storico che documenta quello che scrive può fare. Il saggio, perciò, va letto anche perché si basa su una documentazione notevole, usata con grande padronanza dall’Autore.

La seconda parola chiave (o percorso di lettura) è l’“originalità” del contributo. Se infatti ci si sofferma su luoghi classici della storia del Cristianesimo e del suo rapporto con la guerra (il rapporto tra prima e dopo Costantino nel Cristianesimo delle origini, la riforma magisteriale e le sue posizioni su armi e violenza, l’atteggiamento dei cristiani durante i due conflitti mondiali), ampio spazio viene dato ad alcuni aspetti del problema poco affrontati in Italia. La citazione di autori come Althusius e i calvinisti, gli anabattisti e tutti i gruppi che ad essi sono più o meno collegati (battisti, chiese di Cristo, avventisti), l’attenzione data ai quaccheri, ma anche al mondo francese oltre che quello anglosassone, permette al lettore di esplorare delle componenti mondi del protestantesimo poco frequentati in Italia, che hanno dato voce talvolta a posizioni minoritarie ma che non sono state ininfluenti nel panorama del Cristianesimo e che hanno anche influenzato le politiche di stati oggi protagonisti del panorama geopolitico (come ad esempio gli Usa o il Regno Unito). Dare una panoramica delle diverse posizioni che si sono avute nel molto variegato mondo del protestantesimo il cui contributo è stato fondamentale per la moderna formazione degli Stati Nazione, permette al lettore di fare un viaggio verso documenti e posizioni poco note ma allo stesso tempo importanti.

La terza parola (in realtà già citata) è “contemporaneità”. Il problema della non violenza come cifra interpretativa del pensiero di Cristo è connesso anche a quello di rendere contemporaneo e vivente un pensiero che è nato all’interno del testo biblico. La discussione, nella parte finale del libro, di alcuni pensatori ancora poco noti in Italia come Yoder, Hauerwas e Volf – che, pur nelle loro diverse vicende e nelle loro diverse formazioni hanno dato e danno un contributo fondamentale al dibattito e mostrano come esso sia vivo anche dopo le prese di posizione che ci sono state soprattutto nella seconda metà del XX secolo, aprendo il XXI ad un pensiero cristiano che parla di riconciliazione e grazia – è cosa notevole per uno studio storico che, proprio per questo si fonde con il pensiero attuale e rende il dibattito storico fondamentale per la comprensione del presente. Si potrebbe dire, per parafrasare uno dei numerosi documenti citati dall’A., che il problema della pace e della violenza rimane uno dei punti critici del pensiero e della storia del Cristianesimo.

Il libro è corredato di un’ampia bibliografia e si conclude, dopo le disamine sul mondo contemporaneo (che non mancano di citare i documenti ed i pronunciamenti che ci sono stati durante il conflitto russo-ucraino) di tre appendici che hanno a che fare con tre problemi importanti: una dedicata al dibattito storiografico su pacifismo o meno del Cristianesimo delle origini, l’altra dedicata alla non violenza (o presunta tale) del pensiero (e delle azioni) di Dietrich Bonhoeffer e, l’ultima, di grande interesse, su quanto avvenuto in Italia prima dell’approvazione dell’obiezione di coscienza, soprattutto nel campo del cattolicesimo non violento ed antimilitarista.

Un testo che va letto con interesse ed un ottimo strumento di riflessione per tutti coloro che sono interessati all’argomento e ad affrontarlo in un orizzonte diacronico quasi globale che dà anche attenzione al dibattito che è avvenuto nel mondo evangelico conservatore, dando spazio alle riflessioni sulla pace che sono state date dal Movimento di Losanna (viene anche citato l’ultimo documento che è la dichiarazione di Seul a tal proposito) e a chiese come quelle pentecostali, di Cristo e dei Fratelli che fanno parte di questa galassia e che hanno dato un loro contributo specifico sull’argomento.

Valerio Bernardi – DIRS GBU

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