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Le ore buie (Lunedì Letterario)

L’ora più buia (tit. or. Darkest Hour), regia di J. Wright, Working Title Films, distr. Universal Pictures, Regno Unito, 2017

Lunedì 29 gennaio 2018

(Valerio Bernardi)

Nella giornata della Memoria abbiamo pensato di riprendere nuovamente il Lunedì Letterario, la prima rubrica del DIRS-GBU, per cercare di proporre ai nostri lettori letture di libri, ma anche, perché no, di film e di serie, per adeguarsi un po’ anche al mondo che ci circonda, dove i messaggi “popolari” oggi non passano solamente attraverso la carta stampata (o letta su video), ma anche attraverso i cosiddetti mass media, che, pur nella loro criticità, quando si vuole, possono essere veicoli di cultura e di confronto con la fede cristiana.

Per questo motivo ho deciso di iniziare, parlando di un film che è nella sale in questi giorni e che è uno tra quelli che ha avuto alcune nominations per gli Oscar e dato già a Gary Oldman, l’attore protagonista assoluto, il Golden Globe. Si tratta dell’Ora più buia, film che descrive l’ascesa di Winston Churchill come Primo Ministro del Regno Unito, in una delle ore più critiche per quel Paese.

Il film propone una sorta di cronistoria romanzata (piuttosto attendibile da un punto di vista storico, e convincente per l’asciuttezza della trama) dell’insediamento di Churchill come Primo Ministro, e si conclude con il memorabile discorso tenuto durante l’Operazione Dinamo, che salvò gran parte dell’esercito britannico asserragliatosi a Dunquerque e circondato dalle forze Naziste. Diretto da Joe Wright, già diventato famoso con altri film (tra cui Espiazione ambientato nello stesso periodo), è centrato sulla magistrale interpretazione di Gary Oldman che interpreta Churchill. Il film non diventerà famoso per le sue mirabolanti scenografie e per la fotografia: come qualche critico ha fatto già notare, si tratta di un film per certi versi claustrofobico, in quanto molta parte delle scene si svolgono nel famoso rifugio anti-bombardamento in cui si riuniva il War Cabinet durante il secondo conflitto mondiale.

 

L’insediamento di quello che diventerà il più famoso politico britannico del XX secolo non fu facile: il suo stesso partito non lo desiderava e fu solo grazie alla volontà dell’opposizione (Labours e Whigs) che Churchill poté diventare Primo Ministro. I conservatori, che avevano la maggioranza in Parlamento, non gradivano Churchill perché conoscevano la sua intransigenza nei confronti della dittatura nazista con cui, a suo parere, non si poteva scendere a compromessi. Buona parte dei dialoghi iniziali dopo il suo insediamento riguardano infatti la possibilità (che in realtà la Gran Bretagna aveva sino ad allora tentato con Neville Chamberlain) di trattare una pace separata che mettesse il Commonwealth al riparo dall’aggressione fascista, lasciando l’Europa al suo destino. Nel film scopriamo un Churchill sicuramente aggressivo, piuttosto eccentrico, amante degli alcolici e del buon mangiare (tutti particolari che corrispondono a verità), ma che aveva ben chiara l’idea che bisognava vincere contro un nemico che rappresentava il Male e che non si doveva scendere ad alcun compromesso. La sceneggiatura e l’interpretazione cinematografica di Oldman non nascondono i momenti bui e le incertezze di un uomo dalle fondate convinzioni ma che, ad un certo punto, si rende conto di avere sulle spalle il destino del mondo. In questi tragici momenti Churchill deve prendere decisioni difficili, a volte tremende e tragiche, come quella di abbandonare la guarnigione di Le Havre per cercare di salvare l’esercito asserragliato a Dunquerque e tutto questo non viene fatto a cuor leggere, ma in preda a mille dubbi. I suoi memorabili discorsi alla Camera dei Comuni, le sue espressioni che sono diventate famose, sono ispirate dalla sua cultura letteraria che attinge dai classici latini a Shakespeare e che lo renderanno uno dei maggiori scrittori del XX secolo (portandolo, tra i pochi saggisti al Nobel per la Letteratura), nel film emergono dai suoi profondi dubbi e dalle notti passate insonni.

 

Il successo dell’operazione Dinamo che porterà al salvataggio di buona parte dell’esercito inglese, darà a Churchill nuovo vigore e permetterà alla Gran Bretagna di fronteggiare da sola per più di un anno la Germania ed i suoi alleati.

 

Il film porta a riconsiderare un grande avvenimento storico, un’ora sicuramente buia per il mondo e l’umanità e attribuisce ad un uomo in particolare il merito di aver superato questo momento difficile. Quest’uomo è, però, circondato da un popolo di valore che vuole essere con lui e vuole resistere, almeno nel film. Vi è un qualcosa di hegeliano nella figura di Churchill tracciata da Joe Wright: sembra di trovarsi davanti ad un individuo cosmico-storico, capace di leggere meglio di ogni altro quello che sta avvenendo, grazie anche alla sua ostinatezza e alla poca arrendevolezza. Allo stesso tempo, il ritratto di Churchill che ne viene fuori è quello di un uomo che, per nelle sue fragilità e nei suoi fallimenti (più volte nel film viene ricordato il disastro di Gallipoli nel primo conflitto mondiale che aveva in parte compromesso la sua vita politica), riesce a condurre una Nazione in difficoltà.

 

Da un punto di vista prettamente cristiano nel film si può notare la totale assenza del divino: tutto sembra essere nelle mani dell’uomo, anche se il protagonista potrebbe essere lì per un destino di tipo provvidenziale. Churchill stesso non ha nessuna crisi di tipo religioso; nel racconto domina soltanto la crisi del suo io. Ma, allo stesso tempo, la figura di Churchill si staglia come colui che ha ben chiaro che sta combattendo contro il Male assoluto, seguendo un principio superiore che potrà costare lacrime e sangue, ma che porterà alla fine alla vittoria. Una profonda speranza in cui credere anche nelle ore più buie, ecco il messaggio che si può evincere dalla visione del film. Per questo e per il fascino di una trama storica ben scritta il film vale la pena di essere visto.

(Valerio Bernardi)

Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=owOKnpsc_WI