Violenza monoteista?
La violenza è percepita oggi, almeno in Occidente, come uno dei maggiori problemi del mondo contemporaneo. L’opinione comune, che ne è angosciata e ossessivamente preoccupata, scopre con sorpresa mista a stupore che questa è in parte correlata alla religione. La religione, che nel secolo scorso era ritenuta piuttosto inoffensiva e particolarmente inefficace, è riemersa nel XXI secolo sotto le caratteristiche minacciose del jihadista. La famosa frase di Andre Malraux1 sul religioso XXI secolo, spesso citata con ironia, non fa più sorridere, ma rabbrividire. Nel tentativo di esorcizzare l’ansia cerchiamo di convincerci che la religione non c’entra niente con la violenza, che lo scatenarsi della violenza debba essere attribuito a estremisti canaglie che non hanno compreso nulla della religione che sostengono di servire. Ci affrettiamo a sostenere e ribadire in coro che la religione in questione è una religione di pace, come se l’incantesimo avesse il potere di realizzare quello che ci si augura … senza però che ci crediamo troppo.
In questo clima non sorprende che vengano mosse critiche alla religione stessa. Non è forse vero che essa si ritroverebbe alla radice delle violenze che hanno segnato la storia e che preoccupano così tanto il tempo presente? Il bersaglio principale di queste critiche contemporanee è il monoteismo. Sorge un dubbio: è per cercare di non stigmatizzare l’Islam che le tre religioni del Dio unico sono unite sotto la stessa riprovazione? Si noterà comunque che le critiche sono rivolte in gran parte, spesso esclusivamente, contro l’Antico Testamento e contro il Cristianesimo. Gli autori del recente rapporto della Commissione teologica cattolica internazionale2 sono stupiti, e giustamente, in quanto si rendono conto che l’obiettivo principale della critica contemporanea è la religione monoteista che ai nostri giorni sta compiendo i maggiori sforzi in vista di un dialogo di pace tra le principali religioni, e i cui fedeli, «in molte parti del mondo, sono colpiti da intimidazioni e violenze per la semplice ragione di appartenere [appunto] alla comunità cristiana». Il rapporto presenta alcune interessanti ipotesi sia relative al silenzio verso l’Ebraismo e l’Islam sia sul sorprendente accanimento contro il Cristianesimo.
Il motivo dichiarato della critica è di tipo logico: si pensa di aver trovato nella credenza in un Dio unico la causa della violenza. L’argomento è di una semplicità disarmante: se credi che il tuo Dio è l’unico vero, non considererai i seguaci di altre religioni, o gli atei, come estranei, empi, persino come nemici da abbattere? Come potrebbe, chi non accetta altro Dio che il proprio, tollerare convinzioni e pratiche diverse dalla propria?
Accuse antiche
Va detto che una simile accusa non è recente. Due brevi accenni permetteranno di apprezzare sia la continuità dei rimproveri sia la peculiarità della critica attuale.
Nel secondo secolo della nostra era il filosofo Celso denunciava l’Ebraismo e il Cristianesimo come religioni che promuovevano la ribellione, che turbavano il vivere comunitario3 della società antica. Egli non attribuisce esplicitamente questo vizio al credere in un solo Dio, ma non riesce a spiegarsi perché i cristiani si rifiutino di immaginare che si possa adorare la stessa divinità chiamandola con nomi diversi: «Penso che sia indifferente, afferma, chiamare l’Altissimo Zeus, Zen, Adonai, Sabaoth, Amon come gli Egiziani, Papaeos come gli Sciti» (Origene, Contra Celsum, V, 41; SC 136, v. III, 1969, p. 123).
All’epoca dei Lumi, Voltaire, denunciava con la sua tipica verve i massacri commessi in nome della religione. Nell’articolo “Religion” nel suo Dictionnaire Philosophique (1769), non ha tuttavia in mente il monoteismo come causa della violenza religiosa, sebbene metta sul banco dei colpevoli Ebrei e Cristiani: «i maomettani, scrive, si sono sporcati degli stessi atti inumani ma raramente»
Le altre religioni sono totalmente sdoganate: «Per quanto riguarda le altre nazioni, non ne esiste nessuna dall’inizio del mondo che abbia mai combattuto una guerra meramente di religione»5. Poche pagine dopo, menzionando esplicitamente il paganesimo, ripete: «La religione pagana ha sparso pochissimo sangue; mentre la nostra ne ha coperto la terra» (in it. p. 2639). Se non incrimina il monoteismo nel suo atto d’accusa è perché non considera la fede in un solo Dio come una specificità dell’Ebraismo e del Cristianesimo: «Fu a quell’epoca, quando il culto di un Dio supremo si era universalmente affermato tra tutti i saggi in Asia, in Europa e in Africa che la religione cristiana ebbe origine» (in it. p. 2655). La stessa convinzione viene espressa a proposito dei Romani, nell’articolo “Dieu, dieux”:
«Questa adorazione di un Dio supremo è attestata da Romolo fino alla distruzione definitiva dell’impero, e della sua religione. Malgrado tutte le follie del popolo che venerava dèi secondari e ridicoli, e malgrado gli epicurei che, in fondo, non ne riconoscevano nessuno, è assodato che i magistrati e i savi adorarono in ogni epoca un Dio sovrano»6.
La violenza che Voltaire non imputa al monoteismo in sé l’attribuisce a ciò che egli chiama teologia. Nell’articolo Religion si oppone a due forme di culto. Nella prima, che considera innocua e definisce «religione dello Stato»7, i ministri di culto, gli iman [sic], i preti e i pastori mantengono lo status civile e insegnano la morale della gente sotto il controllo delle autorità civili (in it. p. 2661). La seconda, la «religione teologica» è, dice, «l’origine di tutte le idiozie e di tutti i disordini immaginabili; è la madre del fanatismo e della discordia civile; è la nemica del genere umano» (idem).
Il monoteismo è chiamato in causa
La discussione sul monoteismo in quanto tale appare essere uno dei tratti specifici che caratterizzano maggiormente8 il dibattito contemporaneo.
Questo processo al monoteismo, ampiamente avviato già negli anni ’90 del ‘900, è stato aperto dalle pubblicazioni di autori le cui competenze di base sono esterne al campo della teologia, come ad esempio l’egittologo Jan Assmann, in Germania, il sociologo della religione Rodney Stark o la specialista di letteratura inglese del diciassettesimo secolo, Regina Schwartz, negli Stati Uniti. Una volta avviata, la controversia ha raggiunto logicamente il campo della teologia, lo studio dell’Antico Testamento ovviamente, ma anche il Nuovo Testamento e la sistematica, senza dimenticare la storia, grandemente sollecitata. Dal momento che il dibattito investe la società nel suo complesso, non si riescono a contare gli autori, provenienti da tutti gli ambienti, che hanno voluto a tutti i costi dare il loro contributo. …
Il dibattito biblico
In teologia non si è persa l’opportunità di cogliere il problema per affrontare nuovamente la questione del monoteismo. Nello studio dell’Antico Testamento il monoteismo è stato, fin dall’avvento della moderna critica biblica, uno dei temi cruciali nell’analisi della religione d’Israele. A partire dallo schema evolutivo, che ha visto nel monoteismo il culmine di un progresso religioso, si è cercato di individuare nei testi biblici le tracce di questa evoluzione. Quando apparve il monoteismo nella storia di Israele? Al tempo di Mosè? Con la riforma di Giosia? Durante l’esilio? Dopo l’esilio? Quali furono le tappe che precedettero tale evoluzione? Quali sono stati i fattori interni o esterni che hanno causato o facilitato l’emergere del fenomeno nella storia religiosa dell’umanità? La presunta data di edizione dei testi biblici e loro successive edizioni ha pesato fortemente nell’elaborazione degli schemi proposti, rischiando di finire sempre in un circolo vizioso a causa del metodo: se il monoteismo appare in un testo ritenuto tardo, si concluderà che la dottrina è tarda e, al contrario, se un testo afferma un’idea di tipo monoteista, si dedurrà che tale testo non può essere altro che tardo. …
Il dibattito così avviato può suggerire le seguenti conclusioni.
1) Sembra innegabile che il discorso dell’unico Dio comporti un rischio, almeno latente, di violenza. Non stiamo cercando di determinare se le religioni monoteiste debbano essere ritenute responsabili di maggiore violenza delle altre. La violenza colpisce tutte le opere umane, inclusa la religione, per una serie molto ampia di motivi. Ci si limita qui a riconoscere l’esistenza di uno specifico fattore di violenza legato alla fede in un unico Dio.
2) Tentare di svincolare il monoteismo dalla violenza di cui è accusato, promuovendo una particolare definizione di monoteismo, un monoteismo cosiddetto aperto, inclusivo, ponderato, compiuto, etc., è un’operazione che non corrisponde né alla testimonianza biblica, di cui saremmo costretti a rifiutare una parte notevole né alle credenze rappresentative più costanti e caratteristiche delle tre religioni monoteiste. Certamente Dio si pone sempre al di là delle nostre rappresentazioni umane, ma la rivelazione che la Scrittura pretende di portare è ben presentata come l’unica via di verità su Dio …
3) Nella violenza di cui può essere giustamente accusato il Cristianesimo, il legame col potere politico ha avuto un ruolo decisivo …
- E. Nicole, Il Dio della Bibbia è un Dio violento?, Edizioni GBU, Chieti, 2018
- Il libro è presentato al XIII Convegno Nazionale GBU (7-9 dicembre 2018)