Di nuovo la guerra

di Elena Ammirabile

“La Russia cambia il mondo” questo è il titolo del secondo fascicolo di Limes del 2022 arrivato alla sua terza ristampa. Il 24 Febbraio del 2022 il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin annuncia un’operazione militare nel Donbass in difesa delle autoproclamate repubbliche indipendentiste, inizia così una guerra di cui oggi  a un mese di distanza, non riusciamo a vedere la fine.

Questa non è l’unica guerra o conflitto armato in corso, l’ACLED ne conta 27 nel mondo ma è  la prima invasione di uno stato nel continente  europeo da quella cecoslovacca del 1968 che sancì la fine del sogno del comunismo sovietico come governo del popolo per il popolo.

Da una parte abbiamo l’aggredito: l’Ucraina, stato sovrano, tornata indipendente nel 1991 con lo scioglimento dell’URSS, in un percorso sofferto sia nell’affermazione dello stato di diritto, base di una democrazia compiuta che prevede la tutela di tutte le minoranze politiche e linguistiche, sia nel suo posizionamento strategico, con una faglia aperta tra chi vuole accelerare il percorso di avvicinamento all’Unione Europea e chi preferirebbe l’allineamento con la Federazione Russa che dal 2014  alimenta il conflitto nella regione del Donbass tra regioni indipendentiste e stato centrale.

Dall’altra abbiamo l’aggressore: la Federazione Russa considerata una democratura, regime che della democrazia mantiene solo la forma ma in cui il potere politico è saldamente in mano ad un autocrate, Vladimir Putin, dal 2000. Putin ha risollevato la Federazione Russa dalla terribile crisi economica e finanziaria degli anni Novanta, dovuta al drastico passaggio da l’economia socialista a quella del libero mercato, a scapito delle libertà civili. La politica estera della Federazione Russe  nell’era Putin è stata aggressiva nei confronti dei suoi vicini, ne hanno fatto le spesa la Georgia, la stessa Ucraina nel 2014 e la Moldavia dove, con il pretesto della difesa delle comunità russofone ha sollecitato e finanziato secessione di regioni, dove non è entrata in armi,  ottenendone de facto il controllo.

Con l’invasione dell’Ucraina la Federazione Russa ha scelto di mettersi fuori dalla Comunità internazionale violando il diritto internazionale, violazione sancita dalla condanna  da parte dell’Assemblea dell’ONU passata con 141 voti favorevoli, solo 5 negativi e 58 astenuti.

Per quanto fosse inaspettata per i più l’invasione era programmata da tempo, lo dimostra il progressivo dispiegamento  di forze sul confine, voleva essere una guerra lampo nella speranza di una sollevazione da parte dei cittadini ucraini russofoni che avrebbe portato alla destituzione del governo in  carica, invece le città a maggioranza russofona stanno ancora resistendo all’occupazione russa.  Il governo e la popolazione si è stretta intorno al suo presidente che ha dimostrato grandi capacità comunicative  ed ha trovato  il sostegno immediato dell’Unione Europea e degli Stati Uniti attraverso l’invio di armi e sanzioni che stanno portando al tracollo l’economia russa, il rublo ha perso il 30% del suo valore rispetto all’euro, che si basa principalmente  sull’esportazione di materie prime.

È difficile prevedere quale sarà il compromesso che porterà al cessate il fuoco, se il conflitto si allargherà o se potremo ancora parlare di uno stato ucraino indipendente ma possiamo vedere delle traiettorie di lungo termine che sono state innescate o accelerate da questa guerra: il fallimento della globalizzazione; transizione ecologica come soluzione; rincorsa al riarmo; gli sfollati ucraini capovolgono il paradigma dell’accoglienza; l’Unione Europea e il suo status di potenza; la disinformazione online come arma di guerra.

Questa guerra ha mostrato il fallimento della globalizzazione, la fiducia che in un mondo in cui i confini nazionali sfumavano a vantaggio degli scambi economici, l’interdipendenza economica avrebbe reso sconveniente ed irrazionale una guerra soprattutto tra i paesi sviluppati, la globalizzazione non solo ha amplificato le diseguaglianze ma non ha fiaccato il nazionalismo, probabilmente neanche la stessa Federazione Russa si sarebbe aspettata una condanna così netta da paesi che paesi con una così accentuata dipendenza energetica, in particolare Italia e Germania. Bisognerà quindi iniziare, come è già successo con le scelte europee sui semiconduttori a pensare gli scambi commerciali in termini di politica estera, come d’altronde fa la Cina da sempre. Di conseguenza la dipendenza energetica è diventata un problema non solo economico ma di sovranità, in particolare per l’Italia, questo potrebbe imprimere un’importante accelerazione alla transizione ecologica con un duplice output positivo geopolitico ed ambientale.

Inizia  ufficialmente la corsa al riarmo, gli Stati Uniti hanno spostato da tempo il baricentro strategico nel Pacifico il confine l’altra potenza mondiale, la Repubblica Popolare Cinese, senza il protagonismo americano e della Nato il progetto dell’esercito europeo diventa la vera unica alternativa con una guerra ai confini dell’Europa  e con esso la scelta di molti stati, prima la Germania poi l’Italia di portare al 2% del PIL la spesa per la difesa. Viene così  sancito il cambio di scenario, non siamo più in un mondo unipolare, in cui gli Stati Uniti sono stati il gendarme, l’uscita dall’Afghanistan e la scelta di Biden di non diventare l’interlocutore di Putin, né sono la prova, torniamo ad un assetto multipolare in cui l’Unione Europea deve definire la sue scelte di politica estera. Già l’emergenza Covid ha portato l’unione Europea ad agire in modo più coordinato e coeso, questa guerra è l’occasione per smussare le divergenze anche in ambiti come la difesa e la politica estera verso un’integrazione politica maggiore.

L’invasione ha innescato un esodo di civili, in tre settimane 3,3 milioni milioni persone hanno lasciato l’Ucraina, il 7% della popolazione totale (dati ISPI), principalmente accolti nei paesi limitrofi, gli stessi stati che non volevano partecipare alla redistribuzione per quote dei migranti arrivati via Mediterraneo si trovano ora a chiedere una presenza maggiore dell’Europa e di quote per l’accoglienza degli ucraini. Se da una parte viene denunciato un double standard, porte parte per gli europei e chiuse per chi viene da fuori, evidente anche in piena crisi lungo il confine polacco, prepariamoci a nuove ondate dal nord Africa dove la mancanza delle forniture di grano ucraino e russo inciderà in modo pesante. Dovremmo ora ripensare alle politiche migratorie per farle uscire dall’ambito dell’emergenza, sappiamo che ormai sono strutturali e come tali andrebbero regolate.

Infine abbiamo visto la pervasività della “dottrina Gerasimov” o altrimenti detta “guerra ibrida”, dal nome del generale capo dello stato maggiore russo che l’ha teorizzata e messa in atto. Essa prevede sia la guerra combattuta dagli eserciti, azioni terroristiche, quando cioè si prendono di mira i civili non l’esercito nemico, disinformazione, propaganda e finanza speculativa. Soprattutto la disinformazione si è rivelata un’arma potente nel condizionare parte dell’opinione pubblica degli stati occidentali, opinione pubblica che ha  il potere di influenzare le scelte dei governi democraticamente eletti manipolata da un governo che disprezza la libera informazione (caso Politkovskaja) e qualsiasi forma di manifestazione  pubblica di un pensiero dissidente rispetto alle scelte presidenziali.

Noi come credenti come possiamo essere “operatori di pace” in questa situazione? Prima di tutto dando il nome giusto alle cose, abbiamo una vittima ed un invasore; quindi informandoci per non essere, anche inconsapevolmente, strumenti di propaganda; terzo ricordandoci di odiare il peccato e non il peccatore quindi non entrando in una spirale maniche per cui ci sono buoni e cattivi, noi sappiamo che c’è  il peccato che alberga nel cuore degli uomini; quarto ma non ultimo ricordandoci della vedova e dell’orfano, categorie che pensavamo fossero non più contemporanee e che invece corrispondono al 90% degli sfollati, prendendo i cura di loro, ciascuno in base alle sue possibilità per dimostrare quell’amore che Cristo ci ha offerto gratuitamente.

 

Elena Ammirabile, Dottoressa in Relazioni Internazionali presso la Cesare Alfieri di Firenze, membro del Consiglio di amministrazione del Centro Evangelico di Poggio Ubertini.

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