Il cielo nell’ordinario
Abbiamo rivolto alcune domande a Filippo Falcone, il curatore di uno splendido volume sulla poesia del poeta inglese Gerge Herbert, dal titolo Il cielo nell’ordinario (di prossima pubblicazione presso Edizioni GBU, nella collana Orizzonti del pensiero cristiano)
Filippo Falcone insegna inglese presso un Liceo di Domodossola e collabora con Società Biblica di Ginevra ed Edizioni GBU. Ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Letteratura inglese presso l’Università degli Studi di Milano e si occupa dell’intersezione fra teologia e letteratura nel Rinascimento inglese. Fra le sue pubblicazioni, Milton’s Inward Liberty. A Reading of Christian Liberty from the Prose to Paradise Lost (Pickwick 2014).
Filippo, chi prende in mano questo libro la prima cosa che fa è leggere il titolo. «Il cielo nell’ordinario»: che cosa significa, potresti spiegarlo?
In una sua breve lirica, Christina Rossetti scriveva «Heaven is not far» (Il cielo non è lontano), riferendosi alla realtà celeste successiva alla morte. George Herbert, dal canto suo, non vede il cielo soltanto come una realtà futura, per quanto prossima, ma come una realtà presente. Il cielo è qui e ora. Il cielo non è infatti inteso unicamente come spazio della beatitudine futura, ma come escatologia realizzata nella comunione presente con Dio. La locuzione «cielo nell’ordinario» è tratta dal componimento “Prayer” (“Preghiera”) e si riferisce qui alla preghiera. La preghiera è cielo nell’ordinario, perché canale attraverso cui esperire la presenza e la comunione con Dio nel quotidiano. Come la preghiera, molteplici sono per Herbert i mezzi ordinari della comunione con Dio, primo fra tutti la Scrittura, frammento di cielo nell’ordinario e spazio dell’incontro con la Parola. La Cena del Signore, a sua volta, è segno di ciò che è altro e diventa terreno della presenza del Signore là dove espressione fisica della fede. Ma c’è di più. È l’ordinario nella sua totalità ad assumere funzione sacramentale nella misura in cui la fede realizza la presenza di Dio nel segno. La poesia stessa allora diventa nelle mani di Herbert cielo nell’ordinario quando si costituisce parola della Parola.
Chi è George Herbert? Perché hai scelto proprio lui?
George Herbert (1593-1633) vive e opera nell’Inghilterra pre-rivoluzionaria e incarna la figura dello studioso umanista e riformato che abbraccia in sé impegno civile, religioso ed espressione artistica. Herbert è oratore pubblico per l’Università di Cambridge e membro del parlamento inglese, parroco anglicano, musicista e poeta. In lui queste dimensioni non sono altrettante categorie in cui suddividerne la persona e l’opera, ma declinazioni di un’unica realtà radicale e olistica di conoscenza e servizio di Dio in Cristo. Se le altre espressioni sono necessariamente legate alla contingenza storica, quella poetica ha un respiro universale che giunge fino al lettore di oggi e lo chiama in causa, facendogli vedere, udire e sentire tramite immagini sensibili e ordinarie ciò che è altro.
La poesia, che è un modo di organizzare il parlare, la parola, tenta di ridire un’altra Parola; non si potrebbe correre il rischio che questa seconda parola (la poesia) fagociti e oscuri l’altra Parola, quella divina?
Per Herbert, la parola poetica non può sostituirsi né sovrapporsi alla Parola. Essa non è la Parola, ma può soltanto essere generata dalla Parola e definita dal suo servizio. In questo senso, la poesia è parola della Parola nella misura in cui è espressione della grazia che rigenera il poeta e che scrive il suo verso, un verso nuovo declinazione di un nuovo canto che, funzione della Parola, porta l’anima in campo aperto, là dove Dio desidera incontrarla.
Ma secondo te è possibile veramente che il cielo possa scendere nel flusso ordinario delle cose?
Lo è, perché lo ha fatto. La Parola stessa si è fatta carne e ha abitato per un tempo fra noi. Giovanni dice: «Quello che era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi e che le nostre mani hanno toccato della Parola della vita…». Herbert vive naturalmente nel tempo in cui, nelle parole di Regina Schwartz, «Dio ha lasciato la terra», ma se carne e sangue non possono ereditare le cose del cielo, è sul piano della fede, in ordine ai sensi della fede, che si gioca la possibilità di conoscere e sperimentare Dio nel flusso ordinario delle cose. Prima della sua ascesa al cielo, Gesù promette di non lasciare orfano l’uomo: lo Spirito, il Paracleto, raggiungerà l’uomo per abitare in lui e comunicargli Cristo. La fede in Herbert si appropria della realtà dello Spirito facendosi verso.
Autore: George Herbert
Titolo: Il cielo nell’ordinario. Antologia ragionata e lettura critica
Collana: Orizzonti del pensiero cristiano
A cura di Filippo Falcone
Prefazione di G. Iannaccaro
FORMATO: 21,5 X 13,5
ISBN: 9788832049138
PREZZO: € 14,00 | PP. 209
GENNAIO | FEBBRAIO 2020
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