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I media, gli evangelici e l’uso della violenza

Anticipiamo qui il contenuto del seminario che Valerio Bernardi terrà nell’ambito del XIII Convegno Nazionale GBU

 

Riflettere su cosa sia la violenza e su come essa sia usata oggi dai mezzi di comunicazione di massa è cosa seria e meriterebbe sicuramente un’ampia discussione. Per questo motivo si è deciso di circoscrivere l’ambito dell’intervento, per evitare di discutere di sommi sistemi e per cercare di dare delle risposte concrete rispetto a quanto si afferma e fare una serie di esempi pratici.

Sicuramente nel mondo odierno tra i media che maggiormente influenzano l’immaginario ci sono i film e le serie televisive (la cui perfezione tecnica li rende paragonabili alle pellicole che si vedono sul grande schermo). Come dobbiamo comportarci di fronte a questi mezzi che sicuramente influenzano la visione del mondo delle persone e che, nel corso degli ultimi decenni, sono diventati sempre più espliciti nelle scene che presentano al pubblico, soprattutto nella esplicita manifestazione della violenza?

L’atteggiamento che possiamo avere può essere essenzialmente di tre tipi.

Possiamo respingere qualsiasi forma di violenza presentata dai film e dai telefilm e possiamo consigliare i nostri amici di non vederli, di boicottare un mondo che è totalmente estraneo al cristianesimo, di costruire una “controcultura” totalmente altra rispetto a quello che ci viene proposto. E’ questa la scelta di credenti “radicali” che sconsigliano di vedere qualsiasi forma di spettacolo “mondano”. Una scelta assolutamente rispettabile e che merita tutto il nostro interesse per il suo coraggio e per il tentativo di creazione di  una vera controcultura. L’obiezione che si potrebbe muovere a questa tendenza è quella che, per evangelizzare il mondo, bisogna conoscerlo. Sicuramente l’Apostolo Paolo dà un esempio nel discorso agli Ateniesi all’Aeropago di come fosse a conoscenza della cultura dell’epoca e di come essa poteva fungere da mezzo di comunicazione per incontrare l’Altro.

L’altro atteggiamento è quello di diventare degli spettatori passivi, pronti a farci manipolare l’immaginario da scene gratuite di violenza e di iniziare a pensare che, tutto sommato, la violenza, dai tempi di Caino ed Abele, fa parte integrante della vita dell’uomo. Anzi, qualche volta, possiamo tranquillamente proporle per rafforzare il nostro messaggio. Secondo alcuni studiosi il mondo evangelico ha subito questa svolta (sicuramente minoritaria) dopo l’uscita di The Passion di Mel Gibson. Accolto trionfalisticamente dal pubblico evangelico americano, proprio per la sua crudezza, è diventato un veicolo di apertura verso la violenza nel mondo delle immagini. La domanda è: possiamo ammettere una tale crudezza ed  una visione di un film del genere, perché riteniamo che sia piuttosto realistico nella descrizione della crocifissione? Anche qui alcune obiezioni potrebbero essere mosse: dobbiamo assuefarci del tutto ad un mondo violento? Quanto le immagini che vediamo possono influenzarci? Siamo sicuri che film come The Passion siano realistici e non propongano, invece, una Via Crucis in cui il dolore umano viene quasi esaltato? Chiaramente, a seconda dell’interpretazione che daremo al film, avremo una risposta diversa. Rimane il dubbio se bisognava indulgere a tale violenza.

Esistono, rispetto a queste due posizioni opposte e radicali, delle vie “mediane” che il credente forse dovrebbe prendere. La domanda che ci dovremo fare è: “quanto il lavoro proposto può essere utile ad aprire una comunicazione? Quanto ci descrive una situazione reale? Quanto c’era bisogno della descrizione violenta per arrivare al messaggio’”

Per riflettere su questo faremo tre esempi su cui si è discusso e su cui si possono avere opinioni diverse.

Il primo è la serie Il trono di spade: basato sul racconto fantasy di George Martin. Al contrario della saga di Tolkien e di quella di C.S. Lewis, dove il messaggio cristiano è abbastanza chiaro, nella sontuosa trasposizione televisiva dei racconti di Martin la violenza è molto pronunciato (insieme a molte scene di sesso, scomparse gradualmente con l’evolversi della serie). Molti scrittori evangelici si sono chiesti l’opportunità di vedere una serie del genere (vi è stato anche un interessante intervento di John Piper a proposito). Sicuramente si tratta di una serie di libri che possono essere discussi nella loro concezione “filosofica” del mondo ma, senza ombra di dubbio, descrivono un mondo grigio, in cui l’unica ambizione è il potere, che rischia di essere iperrealistico. La sua visione potrebbe essere sicuramente cautelata, ma non impedita ed alcuni degli episodi potrebbero essere un ottimo spunto per la discussione sull’orgoglio dell’uomo e le sue ambizioni.

Il secondo esempio viene da un altro film di Mel Gibson (più recente di The Passion): La battaglia di Hacksaw Ridge. In questo film viene raccontata la storia di un Avventista che, obbligato alla leva, va in battaglia senza mai usare le armi. Desmond Doss (il film è basato su una storia vera) vive tutti gli attimi della battaglia e correndo per il campo dove continuano a morire diversi uomini, riesce a salvare diversi commilitoni. In questo caso la violenza della battaglia (come può anche accadere nelle scene della sbarco in Normandia di Salvate il Soldato Ryan) ha un suo scopo: quello di mostrare la crudezza della guerra e l’eroismo dell’uomo non violento di fronte ad un evento catastrofico e portatore di morte. Il film in questione può essere un ottimo messaggio di come colui che crede possa dare un contributo assolutamente originale della testimonianza della propria fede in un momento di crisi.

Il terzo esempio è tratto dall’Universo Marvel. Ricordando che gli autori come Stan Lee ed altri hanno dovuto almeno sino agli anni Ottanta rispettare un codice di condotta, mi voglio soffermare sul personaggio di Daredevil. Nella serie di Netflix adesso disponibile vi sono scene piuttosto violente, ma il contrasto tra Bene e Male, tra Giustizia ed Ingiustizia è ben tracciato. L’accettazione/non accettazione del Divino è uno dei temi principali: la lotta contro il crimine può diventare violento, nonostante il nostro credere ci porta ad altre scelte. I conflitti che contrappongono valori sono ancora oggi di attualità e possono essere ottimi spunti per riflessioni e per discussione.

La rapida rassegna che abbiamo fatto ci porta alla conclusione che i media, come ogni cosa prodotta dal mondo, vanno conosciuti e vanno vagliati. Essi possono diventare oggetto e spunto di discussione. Accettare di vivere in un mondo violento, quindi, significa anche accettare che oggi le produzioni filmiche vadano sempre più verso l’iper-realismo e di questo bisogna dare una valutazione critica, senza né respingerle totalmente né totalmente assuefarsi, ma valutandone l’utilità.

“Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualche altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio.” I Cor. 10,31.

(Valerio Bernardi)

Tre domande a Valerio Bernardi su Netflix, Prime e la pop theology

  1. Uno dei fenomeni (soprattutto nel mondo giovanile) che negli ultimi anni si è diffuso è il seguire la televisione attraverso i programmi in streaming, offerti da apposite piattaforme (Netflix, Infinity, Prime Video, Hulu etc). Cosa può dire a proposito uno studioso dei fenomeni sociali? Si tratta di un fenomeno passeggero o di qualcosa da osservare con attenzione?

 La televisione in streaming che può essere facilmente veicolata attraverso i nuovi mezzi multimediali (smartphone, smart tv, tablet, computer) è uno dei maggiori cambiamenti avvenuto nell’uso di uno dei principali mass media inventati nel XX secolo. Non possiamo sapere che sviluppi potrà avere questo fenomeno ma siamo ben sicuri che, per il momento, si tratta di un trend crescente che aumenterà nel medio periodo. Dal punto di visto dell’utilizzo del mezzo, la tv in streaming porta ad  un grande cambiamento. Lo spettatore che, in questo caso, è soprattutto il singolo (una parte dei mezzi attraverso cui viene diffuso il segnale serve per singoli utenti e difficilmente si passa ad una visione collettiva), può decidere di scegliere come e quando vuole vedere la tv sulla base di quanto viene offerto. Lo streaming, quindi, permette di poter scegliere cosa vedere sulla base delle proprie preferenze, quando vedere e quanto vedere (dai pochi minuti ad ore intere). Dal punto di vista tecnologico si tratta sicuramente di un passo in avanti. Dal punto di vista sociale, benché il fenomeno non si stato studiato ancora con sistematicità,  mostra una duplice caratterizzazione: è la maniera di guardare la tv che gradualmente sta prendendo piede tra i più giovani ed è un ulteriore individualizzazione dell’utilizzo dei mass media, affiancabile, per certi versi, a quanto già avvenuto con l’utilizzo dei social. Nella maggiori piattaforme di streaming, infatti, ognuno ha il suo profilo ed il sito ti suggerisce o ti mette in primo piano le serie o i film che potrebbero piacerti sulla base delle tue scelte precedenti. Il rischio pertanto è quello di un ulteriore isolamento dell’individuo e di una maggiore esposizione del proprio io al mondo dei mass media senza avere le sufficienti difese per la formazione di una visione critica dei contenuti. Il vantaggio di tali piattaforme, invece, è nella scelta che si può fare, che permette a coloro che le usano di costruire un proprio percorso di visione. Possiamo dire, quindi che ci troviamo di fronte ad una tv sicuramente più interattiva, ma anche con un profilo più individualista ed isolazionista.

 

  1. Piattaforme come netflix mettono a disposizione diverse serie televisive, molto diffuse tra il popolo giovanile ma non solo. Come dobbiamo porci di fronte a queste serie? Possono portare a dei rischi per quello che veicolano?

 Una delle novità presenti sulle piattaforme streaming è la presenza di serie televisive di telefilm che non possono essere viste altrimenti e che sono di proprietà esclusiva della piattaforma, accanto ad altri prodotti che sono meno visti dagli utenti (netflix propone anche documentari e talkshow). Le proposte, per la maggior parte, sono, da un punto di vista cinematografico, di buona qualità e di diverso tipo, pertanto la valutazione è diversa a seconda di quello che si sceglie di vedere. Generalmente, però, la privatizzazione del servizio, ha portato anche ad una maggiore “radicalizzazione” dei contenuti, più liberi da censure sociali che invece continua a servire da morsa per le tv generaliste. Potremmo dire, ad un primo sguardo di ciò che è proposto, che, talvolta, le scene di violenza, di sesso, l’uso del linguaggio volgare sono più esplicite di quanto accade nelle serie della tv generalista. Allo stesso tempo, va detto che la possibilità di creare serie televisive di nicchia (dedicate ad un pubblico più limitato e meno generale) ha permesso anche un miglioramento ed un perfezionamento delle trame. La ottima narratività di alcune delle serie proposte, ancor più degli effetti speciali, risulta essere piuttosto alta. Non è un caso che in una manifestazione come quella dei Golden Globes molti dei serial tv premiati appartenessero alle piattaforme di streaming.

I valori veicolati da queste serie non sono differenti da quelli portati avanti dai prodotti tv della nostra epoca e riflettono un mondo secolarizzato anche se non mancano interessanti intrecci con i valori etici e religiosi. Il grosso spazio che viene dato ai racconti fantastici dimostra anche una certa volontà di evadere dalla vita quotidiana ma, come per tutte le fiction, la fantasia serve anche per costruire una riflessione sul presente senza aderire troppo alla realtà quotidiana.

Un consiglio che mi sento di dare ai genitori che hanno i propri figli adolescenti che si collegano a piattaforme di streaming è quello di imparare a conoscere le serie viste dai propri figli per poterne discutere eventualmente con loro e condividerne le impressioni senza porre censure preventive ma iniziando un dialogo che possa vagliare quanto è scelto e possa anche valutare cosa è visto.

 

  1. E’ possibile, a partire dalle buone strutture narrative di alcune delle serie, costruire una vera e propria “teologia pop” che possa dialogare con questi fenomeni di massa, ma anche, per certi versi, elitari? Esiste la possibilità di entrare in dialogo con i personaggi che oggi segnano la cosiddetta cultura pop?

Come per ogni fenomeno mediologico, anche le serie proposte da Netflix e dalle altre piattaforme possono essere oggetto di discussione e possono diventare anche oggetto di dialogo e riflessione. A titolo esemplificativo voglio prendere prendere in esame tre serie, tutte fruibili sulla piattaforma Netflix.

La prima è la acclamata serie The Crown che, nelle sue due stagioni, racconta dei primi anni del regno di Elisabetta II. A parte la sontuosa ricostruzione storica, chi avrà voglia di vederla, scoprirà una Regina donna di fede ed ammiratrice di Billy Graham, figura da cui rimane ammaliata. Il dialogo con la fede, pertanto, in una serie assolutamente secolare,  è visto come una cosa importante ed alcune frasi della sovrana che vuole essere considerata una semplice credente, meritano attenzione e profonda riflessione.

Tra le varie serie della Marvel sicuramente Daredevil, una delle serie meglio scritte tra quelle prodotte dalla compagnia di Stan Lee. L’avvocato cieco di Hell’s Kitchen è un fervente cattolico che spesso ritroviamo in Chiesa a dialogare con un sacerdote sulla divisione tra bene e male, sull’uso della violenza, su altre questioni etiche. La prima serie di Daredevil si interroga ripetutamente su questi interrogativi e potrebbe anch’essa essere fonte di discussione e origine di spunti per un dialogo teologico sul problema del male, della violenza, dell’ambiguità della coscienza umana.

Non si può non concludere la carrellata con Stranger Things, una sorta di cult  tra gli adolescenti di tutto il mondo. La serie, che si basa su interessante intreccio tra fantascienza, soprannaturale, horror e vintage, pur nelle sue discutibili trame, potrebbe far riflettere a lungo sugli stati della psiche umana, sullo straniamento dei pre-adolescenti, sui valori portati avanti da famiglie disfunzionali, sulla presenza del sovrannaturale nelle nostre vite.

La pop theology è sempre possibile, ma ovviamente, non vanno tralasciati gli aspetti negativi di alcune di queste serie che abbiamo già citato sopra. Come sempre si tratta di prepararci anche di fronte a questo fenomeno ad una visione critica che, però, ci permette un dialogo continuo con la cultura veicolata da questi prodotti. Molti vedono i prodotti mediologici come gli ispiratori delle nostre visioni del mondo e questo aspetto, anche da parte di persone che ritengono che la nostra visione del mondo deve essere fondata sui testi biblici, non va ignorata.