Shoah, Giornata della Memoria, Corte Internazionale dell’Aja e qualche altro pensiero
Come molti sanno oggi, 27 gennaio, nell’Unione Europea si è deciso di ricordare l’arrivo dell’Armata Rossa ad Auschwitz e, con questo evento, quanto è accaduto al popolo ebraico durante l’occupazione nazista in Europa. L’antisemitismo che ha prodotto la Shoah ed il tentativo di sopprimere intenzionalmente un popolo ha radici antiche ed il cristianesimo (anche quello protestante) non è esente dall’avere delle colpe per quanto accaduto.
Ricordare, soprattutto con senso critico ed approfondendo le circostanze storiche, oltre che cercando di comprendere (in modo empatico) quanto è stato subito è un’operazione sicuramente educativa e fortemente evocativa che ci fa anche comprendere quale possa essere l’uso del sapere storico.
Come spesso accade in Italia questo evento quest’anno è stato costellato di diverse polemiche dovute all’attuale situazione in Medio Oriente. che coinvolge direttamente lo stato di Israele che ha occupato la striscia di Gaza con lo scopo di annientare Hamas dopo i tremendi avvenimenti del 7 ottobre scorso. La contestazione più clamorosa è stata quella di un docente del Liceo Bottoni che ha scritto alla comunità ebraica di Milano ed agli Istituti Storici che si occupano di preparare manifestazioni in quest’occasione il suo disagio rispetto a questa commemorazione (la lettera si può leggere al seguente link: https://www.liceobottoni.edu.it/pagine/non-potr-essere-un-giorno-della-memoria-come-gli-altri ) Gli Istituti storici (in particolare il Parri) hanno risposto alle osservazioni, ribadendo l’importanza del compito civile che tocca ad ognuno di noi nel ricordare quanto accaduto (https://www.reteparri.it/comunicati/il-coordinamento-lombardo-risponde-al-prof-mazzi-sul-giorno-della-memoria-10423/?fbclid=IwAR1w0XD2uf88DaGFpVMyt9910L_8WWE3zDFbK3TraSg0jXAf3OsF9-jIbjU ).
A livello internazionale, invece, il 27 gennaio 2024 viene dopo che la Corte Internazionale dell’Aja ha emanato la sua sentenza dopo il ricorso del Sud Africa che, implicitamente, accusava di genocidio lo Stato di Israele per i fatti di Gaza e chiedeva, di fatto, che la Corte si pronunciasse a favore di un immediato cessate il fuoco ed ad un’implicita condanna di Israele per quanto stava accadendo. La Corte in una sentenza piuttosto lunga e complessa (il cui testo può essere letto in inglese qui: https://www.icj-cij.org/sites/default/files/case-related/192/192-20240126-ord-01-00-en.pdf?fbclid=IwAR3sKnUEmCbaVZpx6Jj-1SO8Zvb2AUe4uIMZDxOko8y_OtaJk5EgL89hnOQ) ha ribadito la sua preoccupazione per quanto sta accadendo, ma non ha ordinato un cessate il fuoco né ha espressamente condannato Israele, esortando però lo stesso Stato a tutelare i diritti dei Palestinesi e ad evitare di commettere crimini di guerra che possano pre-alludere ad un genocidio, avendo Israele stesso sottoscritto la Convenzione che prevede la prevenzione dei genocidi (sulla base proprio della memoria di quanto accaduto in Europa).
Accanto a questi fatti significativi i thread dei miei social sono anche pieni di post di chiaro accento antisemita che vanno da quelli che dipingono Primo Levi come un antisionista (implicitamente presumendo che Levi non fosse a favore di Israele, questione assolutamente falsa), a coloro che suggeriscono fantomatici saggi che vogliono mostare come il sionismo fosse connivente con il Nazismo (sulla falsa riga di una errata interpretazione della cosiddetta “zona grigia” cui si riferisce sia Levi sia Hannah Arendt ne La banalità del male), alle indecenti vignette di alcuni autori italiani.
Cosa dire rispetto a tutto quanto accaduto e cosa possono dire gli evangelici rispetto a quanto sta succedendo oggi? Possiamo arrivare ad una lettura diversa del passato, possiamo rinnegare quanto accaduto o sentirci a disagio a ricordare e riportare alla memoria (sempre con senso storico)?
Personalmente, come docente, ho sempre pensato fosse doveroso ricordare questo particolare evento e in più occasioni (anche con una certa fatica) ho accompagnato gruppi di ragazzi a visitare i luoghi dello sterminio per riflettere insieme. Ovviamente questo lo si fa per evidenziare le atrocità che l’uomo può commettere e nella speranza che la comprensione di un evento così tragico porti tutti a riflettere su come tutto questo possa essere avvenuto e si possa cercare di non farlo avvenire più.
Cosa dire rispetto a queste circostanze e rispetto alle riserve mosse o agli insorgenti antisemitismi insorgenti sia dall’estrema destra che dall’estrema sinistra (che sino agli anni 1970 in Europa aveva un atteggiamento diverso rispetto a certe problematiche).
In primo luogo va ribadita un cosa: l’attuale Stato di Israele è sicuramente frutto del sionismo, ma il sionismo non è mai stato un movimento unitario ed ha avuto al suo interno diverse anime, da quella totalmente laica ricollegantesi alle idee di Nazione sorte nel XIX secolo a quelle più strettamente religiose (che spesso non si sono neanche riconosciute nel movimento sionista). La dialettica politica e religiosa dello Stato di Israele rispecchia tali dinamiche anche oggi. Il sionismo non ha avuto nulla a che fare con la Shoah che è stata subita da tutti gli Ebrei dell’Europa a prescindere dalle loro scelte politiche vittime di una paura atavica verso il diverso e di una malvagità che si collegava a teorie cospirazioniste che ancora oggi i media diffondono con disinvoltura. Sicuramente si può non essere filosionisti (esattamente come Primo Levi ed Hannah Arendt), ma l’antisionismo (che automaticamente mette in dubbio l’esistenza dell’attuale stato di Israele) va spesso a coincidere con l’antisemitismo che ha avuto come sua conseguenza profonda nella storia dell’umanità la Shoah. Questa cosa non va dimenticata quando si parla di quanto oggi sta accadendo in Medio Oriente.
Lo Stato di Israele oggi è uno stato laico (e molti evangelici dimenticano questo particolare quando ne parlano), una costruzione storica avvenuta nel 1948 e riconosciuta dagli organismi internazionali. Le politiche di questo Stato (che è uno Stato democratico con delle sue peculiarità) come quelle di ogni istituzione umana sono soggette a critica e possono essere assolutamente criticate quando i Governi di Israele fanno delle scelte sbagliate. Come ogni democrazia anche lo stato di Israele è imperfetto, come lo è qualsiasi istituzione umana. Queste critiche non devono però dimenticare che parliamo ad una popolazione che ha già all’interno una sua dialettica e che è composta da diverse parti che hanno opinioni diverse e su cui si può far pressione. Allo stesso tempo non dobbiamo dimenticare il motivo per cui gli Ebrei hanno costituito questo Stato e il perché gli organismi internazionali lo hanno riconosciuto dandogli legittimità.
Mi rendo conto che gli evangelici mostrano chiare simpatie filo-israeliane ed hanno bene in mente come sia importante commemorare la giornata della Memoria ricordando quanto accaduto ormai più di 80 anni fa in Europa. Allo stesso tempo dobbiamo qui ricordare una serie di questioni:
- Lo Shalom (la pace) anche per Israele è una delle costanti della predicazione biblica. Un credente non può aprioristicamente appoggiare un conflitto (anche giusto) se questo provoca un cattivo uso del mezzo bellico, provocando dolore anche contro coloro che non dovrebbero essere coinvolti. Pregare per la pace in ogni circostanza non è sbagliato;
- Israele (il suo Governo) possono essere criticati come ogni governo umano. Se le scelte dell’attuale Primo ministro israeliano e del suo Governo sono e sono state sbagliate non c’è nulla di male nel dirlo, senza con questo dubitare della stessa esistenza dello Stato;
- Non bisogna dimenticare della presenza cristiana in Palestina. Come afferma un articolo di Christianity Today di qualche mese fa (https://www.christianitytoday.com/ct/2023/october-web-only/israel-hamas-war-palestine-evangelical-christian-zionism.html?fbclid=IwAR15ztDoKpEe1XCIC_iUAH3euHKAMXUpgyMRuel25lzBckvC6fS-I21jM4M) nel territorio israelo-palestinese, la maggior parte dei credenti sono di origine palestinese e non ebraica. Le ragioni possono essere molteplici, ma dobbiamo tenere in considerazione anche questo fatto, all’interno di una situazione di estrema complessità.
Tutto ciò e le critiche che possiamo muovere ad una situazione complessa e delicata non ci devono far dimenticare cosa è successo e non devono neanche farci dimenticare il ruolo importante che gli Ebrei hanno avuto (e hanno) nella storia della salvezza. Pertanto rimane sempre nostro dovere civico e di credenti ricordare cosa è successo non solo il 27 gennaio (che è un’occasione), ma costantemente nella nostra vita e nel nostro impegno.
Valerio Bernardi – DIRS GBU