Un Calvino dal volto umano (Lunedì Letterario)

Lunedì 12 Febbraio 2018

E. Fiume, Giovanni Calvino, Salerno Editrice, 2017

Riflettendo sulla Rifoma II

 

La figura di Lutero (forse proprio perché l’iniziatore del movimento riformato) è stata vista, da certa storiografia italiana, con un certo sospetto; Calvino, paradossalmente, nella storia italiana, ha goduto di una maggiore attenzione e di un maggiore rispetto. Diverse sono state le ragioni di questa diversa attenzione: un qualche ruolo ha giocato l’interpretazione weberiana ma anche i giudizi di Benedetto Croce molto lusinghieri sulla città di Ginevra e sul suo conduttore spirituale. Nonostante questa “attenzione benevola”, gli studi sul Calvino non sono proceduti di pari passo. Sono stati, infatti, pochi gli studiosi italiani che hanno dedicato un’opera al riformatore di Ginevra.

Le ultime monografie sul teologo francese risalivano agli anni 1920-1930 ed erano rispettivamente di Giuseppe Gangale e Adolfo Omodeo, la prima di carattere squisitamente teologico e l’altra di ricostruzione storica, oltre alla più recente piccola monografia di Giorgio Tourn, scaturente dall’introduzione fatta all’edizione italiana dell’Istituzione e che, per quasi cinquant’anni, è stato il testo di riferimento più autorevole scritto da un italiano.

Proprio nell’anno delle celebrazioni della Riforma, Emanuele Fiume ha pubblicato una bella monografia su Calvino per i tipi della casa editrice Salerno intitolata Giovanni Calvino. Il riformatore profugo che rinnovò la fede e la cultura dell’Occidente. Le motivazioni del libro sono subito messe in chiaro dall’A.: la figura di Calvino, il terzo esponente della Riforma magisteriale, ha avuto molta più influenza sul suolo italiano di quanto ne abbia avuto Lutero. Infatti, benché le opere di Lutero furono subito tradotte e/o parafrasate in italiano, sarà l’influenza di Calvino ad essere determinante per l’adesione dei Valdesi al Protestantesimo e alla formazione di alcuni teologi che abbracceranno la versione calvinista del protestantesimo come Zanchi, Vermigli ed altri.

Il testo di Fiume è un’accurata ricostruzione delle vicende di Calvino, dagli anni della sua formazione (di cui, in realtà, non sappiamo molto) sino alla sua morte a Ginevra. L’A. non tralascia nessuno degli aspetti della vita e del pensiero del riformatore e non nasconde quelli che possono essere stati i difetti del pensatore di Ginevra.

La lettura del testo, che è scorrevole e, a tratti, anche piacevole e sempre ben documentata, mette in chiaro alcune questioni e sfata alcuni miti a proposito della figura di Calvino. Al centro del saggio (come è giusto che sia) vi è il rapporto di Calvino con la città di Ginevra. Al contrario di quello che è normalmente pensato dalla vulgata storica, il teologo francese non fu mai il tiranno di Ginevra. Il suo arrivo fu accolto come quello di un ordinatore del caos teologico, ma, all’interno del Consiglio cittadino vi fu sempre una fazione contraria al pensiero ed al rigore proposto dal Riformatore.

Calvino, infatti, si allontanò una volta dalla città e visse un ulteriore crisi nel periodo 1546-1555, quando la fazione dei libertini ostacolò il suo cammino e cercò di metterlo in stato di accusa. A dimostrazione di ciò, Fiume ricorda che Calvino ebbe la cittadinanza ginevrina solamente un anno prima dalla morte e quindi il suo status giuridico fu quello di un profugo per quasi tutta la sua vita, un cittadino a metà, che, pur avendo un grande potere di tipo spirituale, non ebbe mai la possibilità di avere una tranquillità di tipo giuridico e istituzionale, rimanendo in un limbo di provvisorietà.

L’altro “mito” che l’A. cerca di sfatare è quello del Calvino intransigente. La questione di Serveto è ricostruita attraverso un’ottima documentazione e si dimostra che il riformatore sarebbe stato disposto ad un dialogo con il medico spagnolo che, a sua volta, dimostrò un carattere a tratti urtante. Calvino stesso ha poi sempre messo in cantiere le sue proposte (anche di riforma dei codici morali) sempre con l’avallo del Concistoro dei pastori che ha appoggiato buona parte delle sue decisioni. Il ritratto che ne esce fuori è quello di uno studioso rigoroso, ma aperto ad alcune delle esigenze della modernità e comunque in dialogo con tutte le componenti della Riforma. L’esempio che viene fatto è quella della dottrina della Cena del Signore, dove il pensatore francese cerca di mediare tra Lutero e Zwingli, trovando una formula mediana che però non sarà accettata dai luterani.

Un’altra falsa credenza su Calvino è quello della sua vita grigia. Fiume qui ci informa come il suo sia stato un matrimonio felice, almeno sino a quando la moglie è vissuta e di come Calvino amasse i suoi studi che faceva con passione e determinazione e che la sua formazione non lo faceva essere una persona poco affabile, anche se un po’ scostante. La descrizione è quella di un essere umano che ad un certo punto della sua vita sa di avere un grande compito e che deve la sua frugalità più a motivi di salute che a motivi etici.

Una sezione interessante del libro è quella dedicata alla diffusione della Riforma. Al contrario di Lutero e Zwingli, Calvino è colui che in maniera determinata, con una fitta corrispondenza e sostenendo i suoi discepoli, ha contribuito già durante la sua vita a diffondere la Riforma in Europa, specialmente nei paesi latini, ma anche in altre zone dove non si parlavano lingue germaniche. Calvino è il primo riformatore a rendere il protestantesimo un vero e proprio fenomeno internazionale.

Il testo di Fiume va letto con attenzione e rappresenta una bella monografia sul riformatore ginevrino che, citando un’ampia documentazione, ci offre un ritratto puntuale che dà un apporto fondamentale al rinnovamento degli studi sulla  Riforma in Italia, portando l’A. Ad diventare uno dei massimi esperti della figura del pensatore ginevrino.

 

Valerio Bernardi (DiRS-GBU)

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