Ripensare i cinque Sola

Riflessioni sulla Riforma. Ripensare i cinque Sola

K. Vanhoozer, Biblical Authority after Babel. Retrieving the Solas in the Spirit of Mere Protestant Christianity, Brazos Press, 2016.

Tra i testi che abbiamo esaminato sulla Riforma, abbiamo dato conto soprattutto di quello che è stato pubblicato in italiano. Se vogliamo però esaminare un testo, di stampo evangelico, che abbia una disamina teologica di quanto ci rimane dei principi del protestantesimo, dobbiamo, per forza di cose, guardare al mondo anglosassone. Tra i numerosi testi pubblicati la nostra attenzione è caduta su quello di Kevin Vanhoozer intitolato L’autorità biblica dopo Babele. Recuperare i Sola nello spirito del semplice cristianesimo protestante.

Il teologo statunitense nel suo saggio, mette insieme riferimenti al testo biblico, alla teologia riformata (soprattutto quella magisteriale) e l’analisi della situazione teologica contemporanea. Ogni capitolo (dopo l’introduzione, ce ne sono cinque, ognuno dedicato ad uno dei sola con una conclusione), mantiene una struttura analoga. Dopo una breve introduzione, ci si chiede cosa significasse il particolare Sola per i Riformatori del XVI secolo, lo si analizza da un punto di vista biblico-teologico e si conclude con delle tesi che vanno a contribuire alla conclusione globale del testo.

L’A., sin dalla prefazione, afferma di voler mantenere sia la cattolicità del protestantesimo, inteso come universalità del concetto di Chiesa e del messaggio di salvezza e le basi del suo credo che sono essenzialmente trinitarie. Al centro della discussione sul Sola Gratia,  non vi è soltanto la spiegazione del significato del dono della Grazia all’interno del Protestantesimo, ma anche (non bisogna dimenticare che Vanhoozer è diventato famoso per i suoi studi sull’ermeneutica e sull’autorità della Bibbia) del rapporto che esiste tra la dottrina della Grazia e l’interpretazione biblica. Essere all’interno della Grazia di Dio significa accettare il testo biblico come ci è pervenuto e non cercare di forzarne il significato, ma farci assistere per interpretarlo dalla Grazia di Dio.

Il secondo capitolo è dedicato al sola fide. Al centro del discorso del teologo vi è proprio il concetto di autorità divina, di cui bisogna fidarsi. Anche nell’ermeneutica biblica e nelle varie applicazioni che di essa facciamo dobbiamo tenere conto dell’orizzonte trinitario in cui ci muoviamo, di come questa tradizione sia stata rispettata dai vari tipi di esegesi proposte nel corso dei secoli. La conclusione è quella di trovare un giusto equilibrio tra la certezza assoluta (che l’interprete non può mai avere e che dovrebbe validare in una comunità di fede) e lo scetticismo relativistico che rischia di non rendere più affidabile il messaggio biblico: per l’A., quindi, un approccio critico è indispensabile senza che però divenga prevalente nella lettura del testo.

Il centro del saggio, proprio per la particolare enfasi data alla questione dell’interpretazione del testo biblico, è il capitolo dedicato al sola Scriptura. Vanhoozer riprende il modello interpretativo di McGrath che ritiene che il libero esame della Scrittura sia uno dei punti cardine che accomuna tutto il protestantesimo, ma ammette anche le difficoltà che ci sono state nell’applicazione del principio, non essendo concordi sui metodi esegetici ed ermeneutici che si devono costruire. Nel capitolo, tenendo conto che per ogni evangelico la Scrittura rimane il principale criterio di autorità, si esamina il rapporto con la cattolicità, quello con la tradizione e quello con le autorità ecclesiastiche. La conclusione dell’A. è che, tenendo conto di questi fattori, bisogna avere nei confronti del testo biblico un approccio critico e, allo stesso tempo, che tenga conto anche dell’universalità dell’interpretazione.

Cristo al centro è stato uno dei leitmotiv di buona parte del pensiero teologico protestante, soprattutto quello contemporaneo. Nel capitolo dedicato al Solus Christus è collegato soprattutto all’autorità biblica che passa attraverso quella della chiesa. Riprendendo alcune suggestioni del pensiero di Hauerwas (che, in parte reinterpreta alcuni passi di Yoder e della revisione delle ecclesiologia anabattista), si ritiene che Cristo è colui che convalida la testimonianza comunitaria della Chiesa che supporta l’interpretazione biblica che, in questa maniera, può avere una sua oggettività e non sfociare nell’irrazionalismo e nella scelta meramente individuale. Si propone un sano denominazionalismo che sia consapevole delle proprie radici e che, proprio per questo motivo, può diventare promotore di interpretazioni che possono essere diverse. Allo stesso tempo, il solus Christus, permette alla Chiesa di poter cercare forme di unità e collaborazione pur nella pluralità. Questo aspetto della comunione diretta con Cristo della comunità locale che è propria del protestantesimo più radicale, permette anche il tentativo di avere forma di collaborazione e di interpretazione comune del dato biblico.

L’ultimo capitolo è dedicato al soli Deo gloria. Per Vanhoozer è proprio il mettersi al servizio di Dio che permette alla Chiesa la possibilità di potersi riconciliare e trovare soluzioni all’interno di un pluralismo che è tipico del protestantesimo. La conclusione è che il protestantesimo, soprattutto nella sua ala evangelica, deve ricordare quanto deve alla tradizione e come deve attenersi alla economia del Vangelo, facendo affermare una lettura chiara della Bibbia. Dopo l’apparente Babele dovuta al libero esame, bisogna passare ad una Pentecoste, guidata dallo Spirito, che possa dare certezza delle proprie interpretazioni bibliche all’interno della comunità confessante.

Il saggio ha un’impostazione originale e merita di essere letto per una proposta mediana all’interno del protestantesimo evangelico che cerca di mantenere insieme diverse delle opzioni che sono maturate e riconosce che l’interpretazione del testo biblico è al centro della vita degli evangelici.

(Valerio Bernardi – DIRS GBU)

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