Il Covid–19 e la vita spirituale
di Dale Coulter
Il coronavirus sta alterando la nostra esistenza sociale in modi che possiamo e non possiamo ancora percepire. Anche dopo che un vaccino renderà inoffensivo il virus, la società sentirà gli effetti del COVID-19 per decenni, se non di più. La stessa cosa è accaduta quando la Morte Nera colpì la prima volta l’Europa a metà XIV secolo.
Uno degli effetti più significativi della Morte Nera è stata l’accelerazione di alcune tendenze spirituali che stavano già costantemente crescendo. Durante e dopo questo periodo, il Cristianesimo vide il fiorire di una spiritualità interiore che era stata forgiata nelle riforme del XII secolo. Usando le parole del grande storico del misticismo, Bernard McGinn, la fioritura del misticismo (1250-1350) ha prodotto un raccolto tardo medievale per la vita spirituale.
La perdita di leader ecclesiastici ed i costanti “scandali” della chiesa istituzionale nel Tardo Medio Evo significò che essa era mal equipaggiata ad affrontare le sfide poste dalla peste. Ciò che prese il suo posto era una spiritualità centrata negli ordini religiosi e nella vita religiosa dei laici. Con i molti villaggi rurali devastati ed il clero che si spostava nelle città più importanti [come per esempio] Londra, la spiritualità fu incoraggiata nei monasteri o anche nelle normali case piuttosto che nelle parrocchie locali. Esposta da uomini e donne, sosteneva il fedele mettendo inoltre in discussione l’ordine istituzionale. I suoi temi chiave erano un’attenzione all’umanità di Cristo, un programma di meditazione e contemplazione ed un ritorno alla semplicità nell’essere discepoli di Cristo. Questi temi possono darci conforto spirituale anche nella battaglia contro il COVID-19.
Le devastazioni della Morte Nera avevano portato molti a pensare che l’Europa medievale fosse sotto il giudizio di Dio. Le rappresentazioni dipingevano i tormenti dell’inferno ed i predicatori scatenavano la loro ardente retorica. Con più del trenta per cento della popolazione che soccombeva alla malattia (in certe zone più del 50 per cento) era facile giungere a quelle conclusioni. In contrasto con queste affermazioni, gli scrittori spirituali prendevano, della svolta francescana, il lato dell’umanità di Gesù, specialmente della sua crocifissione. Nel Cristo crocifisso, gli scrittori medievali vedevano l’entrata di Dio nella sofferenza dell’umanità per riscattarla.
Giuliana di Norwich andava così in là da sostenere che il corpo di Cristo emaciato e sanguinante “somigliava alla nostra disgustosa morte nera che il nostro giusto, splendente e benedetto Signore portò per i nostri peccati.” Nel divenire vittima della peste, Gesù conquistava il peccato e la morte e rivelava che non vi era più ira in Dio. Ad essere certi, Giuliana vedeva l’ira intrecciata alle strutture della creazione che riservavano malattie e morte ed il dolore che feriva l’anima. Ma il Cristo crocifisso, diceva, puntava verso un amore conquistato che si carica della sofferenza e la riscatta per portare l’umanità all’unione con il Dio trino.
Dolore e sofferenza non hanno l’ultima parola sull’esistenza umana. Invece, diventano un mezzo attraverso il quale Dio riscatta l’anima che, attraverso la preghiera, segue le orme del crocifisso. Nella sua risposta alla peste, Caterina da Siena chiarisce che la sofferenza in sé distrugge solamente. Tuttavia il dolore della malattia può essere convertito a vita, se l’anima devastata la trasforma in mezzo per salire al crocifisso in preghiera. Questo è il sentiero dell’unione con Cristo. Il punto per Caterina non era asserire la necessità della sofferenza ma a coloro che sono colti dal dolore della vita una maniera per utilizzare quel dolore per lo scopo finale dell’anima, ovvero, il suo ritorno al creatore da cui proviene. La sofferenza di Cristo mostrava la via.
Sia Caterina che Giuliana conferivano uno scopo pedagogico al dolore e alla sofferenza basandosi sulla crocifissione. Non solo, i danni della vita rendono umile l’anima e forzano la persona ad entrare nella sua interiorità più profonda per cercare le risposte. Ciò porta ad un volgersi verso la vita interiore. Citando la Scrittura, Tommaso da Kempis diceva ai suoi lettori, “Il regno di Dio è dentro di voi. Volgetevi con tutto il vostro cuore al Signore e abbandonate questo mondo miserabile…Imparate a disprezzare la cose esteriori e date voi stessi alle cose interiori, e vedrete il regno di Dio venire da dentro. Poiché il Regno di Dio è pace e gioia nello Spirito Santo”. Dolore e sofferenza portano la fragilità umana verso il sollievo, portando in tal modo la persona a guardare nella propria anima, che non è null’altro che guardarsi allo specchio di Dio.
Gli scrittori medievali presupponevano la svolta verso la vita interiore sulla base del rigetto del mondo esterno. Questo non significava negare la bontà della creazione, ma piuttosto riconoscere che i beni della creazione puntavano verso la bontà del Creatore. Sino a quando gli umani avessero prestato attenzione ai beni creati, non avrebbero potuto ascendere verso la loro vera dimora. Per andare ancora più al punto, un costante sguardo verso l’esteriorità era semplicemente un fallimento nel riconoscere chi siamo e da dove veniamo.
La più intensa tradizione tedesca del tardo Medio Evo vedeva questo sentiero come un qualcosa che coinvolgeva un radicale distacco, uno svuotamento delle cose create per fare spazio alla cose divine. In Inghilterra, l’anonimo autore de La nube della non-conoscenza si riferiva alla svolta verso l’interiorità come ad un movimento attraverso una nuvola di dimenticanza in cui la persona perdeva la vista dei beni della creazione. Le vicissitudini dell’esistenza temporale destabilizzano l’anima sia perché nulla di temporaneo può dare un fondamento permanente e sia perché i costanti cambiamenti del contingente cambiano costantemente la persona.
Ad accompagnare questa svolta verso la vita interiore c’era un programma spirituale che muoveva dalla meditazione sul sé alla meditazione su Cristo ed infine alla meditazione su Dio rivelato in Cristo. Il movimento finale verso Dio era un’elevazione contemplativa, un sollevamento estatico che soltanto la grazia poteva portare. L’antidoto tardo medievale alla Morte Nera non era una riaffermazione dell’ordine istituzionale della Chiesa. Era un invito, invece, a guardarsi dentro e a trovare Cristo, una cosa che poteva fare chiunque stando nella propria dimora. Con tante chiese temporaneamente chiuse nel mondo, i pastori e i sacerdoti dovrebbero diventare direttori spirituali, guidando il loro gregge a volgersi alla propria interiorità e a cercare il Dio crocifisso.
Dale Coulter è professore associato di Storia della teologia presso il Regent College a Vancouver in Canada. L’articolo è apparso in lingua originale nella rivista “First Things”
Trad. Valerio Bernardi
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